- Cosa: Quando Arriva Briseide, spettacolo teatrale scritto da Federico Malvaldi.
- Dove e Quando: Altrove Teatro Studio (Roma), dal 5 al 7 dicembre.
- Perché: Un ritratto crudo e sensoriale di una generazione immobilizzata tra attese, amori tossici e un futuro incerto.
Roma si prepara ad accogliere una drammaturgia che affonda le mani nelle ferite aperte del presente, portando in scena la stasi emotiva ed economica di tre giovani protagonisti. Debutta all’Altrove Teatro Studio Quando Arriva Briseide, un’opera firmata dalla sensibile penna di Federico Malvaldi e messa in scena dalla compagnia SEZIONE B. In un panorama teatrale che spesso cerca risposte, questo spettacolo ha il coraggio di porre domande scomode, immergendo lo spettatore in un microcosmo claustrofobico dove il tempo sembra essersi fermato, o peggio, sembra scorrere al contrario rispetto alle aspettative di una vita “normale”.
La pièce ci trasporta in una piccola città universitaria, all’interno di un ristorante che funge da metafora perfetta per le vite dei protagonisti: un luogo di passaggio che è diventato una trappola. Qui, tra fornelli elettrici e aspirazioni soffocate, si consuma la vicenda di chi si sente schiavo del proprio tempo, incapace di trovare coordinate stabili in un mondo che ha smesso di offrire ancore di salvezza. È una storia di sogni infranti e di quella particolare forma di paralisi che colpisce chi, pur muovendosi freneticamente per sopravvivere, si ritrova sempre allo stesso punto di partenza.
Un ristorante in caduta libera e vite in stallo
Al centro della narrazione troviamo Gabriele, Andrea e Giulia, tre figure che incarnano l’archetipo della precarietà giovanile contemporanea. Gabriele tenta disperatamente di gestire l’ex ristorante di famiglia, un’impresa che appare fin da subito titanica e forse vana, simbolo di un’eredità pesante e di un’economia che non perdona. Andrea vive in una sorta di limbo affettivo, in attesa che Gabriele si accorga realmente di lui, mentre Giulia irrompe in questo equilibrio già precario, assunta dai due ragazzi, portando con sé ulteriore instabilità. Le dinamiche tra loro non sono lineari, ma si intrecciano in un tessuto di dipendenze emotive e professionali.
Le economie scarseggiano e la crisi aziendale diventa lo specchio della crisi interiore dei personaggi. Il tentativo di salvare il ristorante si trasforma nel tentativo, altrettanto maldestro, di salvare se stessi e le proprie relazioni. Tuttavia, il luogo di lavoro impone le sue regole ferree e le sue distorsioni: l’amicizia si tinge di morbosità, alternando momenti di tenerezza a istanti di violenza psicologica. Come sottolinea lo stesso Gabriele nel testo, la vita in questo contesto rischia di apparire “atrofizzata e irreale”, immobilizzata in un presente che non appartiene veramente a nessuno dei tre, ma che tutti si fanno andare bene per mancanza di alternative.
Lo spettacolo indaga con lucidità spietata la condizione di chi sente di “non aver capito nulla di questa vita”. La sensazione predominante è quella di andare controcorrente, o di essere trascinati via da una corrente troppo forte. Eppure, in questo scenario desolante, emerge la resilienza umana: il tentativo ostinato di strappare un sorriso, di trovare una connessione, di dare un senso a un’esistenza che sembra aver smarrito la sua bussola. La narrazione non giudica, ma espone la fatica di restare a galla quando le coordinate sociali ed economiche sono saltate.
La figura di Briseide e l’estetica del precario
Il titolo Quando Arriva Briseide evoca immediatamente il mito omerico, ma lo rielabora in chiave strettamente contemporanea. Se nell’Iliade Briseide era la schiava causa della contesa tra Achille e Agamennone, qui diventa l’emblema di una schiavitù moderna: quella legata alle paure del nostro tempo e all’incapacità di agire. L’arrivo di questa “Briseide contemporanea” funge da catalizzatore per la crisi definitiva, scoperchiando i vasi di Pandora dei non-detti e delle frustrazioni accumulate. Non si tratta di un’eroina tragica classica, ma di una figura che incarna le catene invisibili che legano i protagonisti al loro destino di immobilità.
La regia e l’allestimento scenico riflettono perfettamente questo senso di precarietà e costrizione. Una struttura di tubi in PVC delimita lo spazio, creando una gabbia visiva che separa l’interno del ristorante dall’esterno. Sul palco, una cucina “approssimativa e traballante” diventa protagonista fisica dell’azione: un tavolo circondato da cartone, una cappa sospesa a un filo da pesca e cassette d’acqua usate come sedie. Tutto è posticcio, caotico, pronto a crollare, esattamente come le vite di chi abita quello spazio.
L’esterno, al contrario, è vuoto. È il luogo del “non-lavoro”, dove le relazioni potrebbero teoricamente respirare, ma che finisce per enfatizzare il vuoto esistenziale dei personaggi. La scelta di utilizzare luci dai toni cupi, con tagli netti e piombi, serve a enfatizzare allegoricamente i tormenti interiori di Gabriele, Andrea e Giulia. Non c’è spazio per la luce solare o per la speranza facile; l’atmosfera è opprimente, specchio fedele di una generazione che si sente messa all’angolo.
Un’esperienza sensoriale: cucinare il disagio
Un aspetto distintivo di questa produzione è la scelta di un approccio iper-naturalistico all’azione scenica, che contrasta volutamente con l’elemento posticcio della scenografia. Gli attori non fingono semplicemente: cucinano davvero. Questa decisione registica non è un mero vezzo estetico, ma uno strumento narrativo potente. I movimenti legati alla preparazione del cibo, i tempi morti della cottura, la frenesia del servizio diventano la partitura fisica su cui si innesta il dialogo.
Il coinvolgimento sensoriale dello spettatore è totale, con l’olfatto che assume un ruolo da protagonista. Gli odori della cucina invadono la sala, abbattendo la quarta parete e immergendo il pubblico nella stessa aria viziata e densa che respirano i personaggi. Sentire l’odore del cibo che cuoce mentre si assiste al disgregarsi delle relazioni umane crea un cortocircuito percettivo: la familiarità rassicurante della cucina si scontra con il disagio emotivo della trama.
In scena, Alice Casagrande, Federico Lombardo e Giacomo Pressi danno corpo e voce a queste anime tormentate, supportati dall’assistenza alla regia di Vincenzo Pillari. La loro recitazione punta a restituire la verità delle problematiche lavorative che invadono e inquinano la sfera privata, mostrando come, oggi più che mai, sia difficile scindere ciò che siamo da ciò che facciamo (o non riusciamo a fare) per vivere. Quando Arriva Briseide è, in definitiva, un atto di accusa verso un sistema che consuma i sogni, ma anche un atto d’amore verso chi continua a sognare nonostante tutto.
Info utili
- Date e orari:
- Venerdì 5 e Sabato 6 dicembre: ore 20:00
- Domenica 7 dicembre: ore 17:00
- Luogo: Altrove Teatro Studio, Via Giorgio Scalia 53, Roma (Zona Cipro/Musei Vaticani).
- Biglietti:
- Intero: 15€
- Ridotto: 10€
- Contatti per il pubblico: 351 8700413 (telefono), ipensieridellaltrove@gmail.com (email).
(Immagine utilizzata a solo scopo informativo; tutti i diritti d’autore e di proprietà restano esclusivamente ai legittimi proprietari)
