Un incontro con il Professor Massimo Ammaniti al Liceo Tasso di Roma, tra psicologia, educazione e sfide contemporanee.
Il 21 maggio 2025, l’aula magna del Liceo Classico Tasso di Roma ha ospitato una conferenza intensa e necessaria dal titolo “La fatica di crescere in adolescenza”, tenuta dal Professor Massimo Ammaniti, professore onorario di Psicopatologia dello sviluppo presso la facoltà di Medicina e psicologia della Sapienza Università di Roma ed eminente membro della International Psychoanalytical Association, oltre che scrittore di successo. L’evento, promosso dal Comitato dei Genitori del Tasso, rientra in un ciclo di incontri dedicati ai grandi temi dell’educazione, dell’identità e della salute mentale degli adolescenti.
Un dialogo aperto tra genitori, scuola e mondo adolescenziale
L’introduzione della conferenza ha ricordato la genesi del ciclo di incontri: “Due anni fa – ha spiegato una rappresentante del comitato – abbiamo avviato un tavolo di lavoro tra genitori e studenti, per affrontare insieme le sfide educative del nostro tempo. Una delle più urgenti è la salute mentale dei ragazzi, che spesso ci appare come un tema distante fino a quando non ci tocca da vicino”. Proprio da questa consapevolezza è nata l’esigenza di coinvolgere esperti, ascoltare testimonianze e costruire occasioni di confronto aperto.
Il coraggio di crescere e le contraddizioni dell’adolescenza
Il Professor Ammaniti ha aperto il suo intervento con un’immagine potente: un quadro di Picasso intitolato Adolescente, dipinto all’età di 88 anni. “Un’opera che, con le sue asimmetrie e contrasti, racconta la tensione tipica di questa fase della vita: la ricerca di un’identità tra fragilità e grandiosità, la presenza di desideri potenti e paure profonde, la difficoltà di sentirsi integri in un corpo che cambia”.
Crescere, secondo Ammaniti, è un’esperienza insieme di fatica e di coraggio. “Gli adolescenti vivono in un mondo contraddittorio – ha sottolineato – dove si è spinti verso l’autonomia, ma si è ancora legati al bisogno di protezione; dove ci si esprime attraverso il gruppo, ma si sperimenta la solitudine; dove si vuole essere unici, ma si teme il giudizio altrui”.
Un corpo che cambia, un’identità che vacilla
Uno dei punti centrali dell’intervento ha riguardato il tema del corpo in adolescenza. “Il passaggio da un corpo infantile a uno adulto è vissuto spesso con smarrimento. Il corpo diventa un oggetto osservato, esibito, giudicato. È qui che possono nascere fobie, disturbi alimentari, difficoltà relazionali”. Il corpo, ha spiegato, “non è solo nostro, ma anche sociale. E gli adolescenti imparano a rapportarsi agli altri anche attraverso come si sentono nel loro corpo”.
Il ruolo del gruppo e la funzione del conflitto
Il gruppo dei pari è oggi “il nuovo centro simbolico dell’adolescenza”. Una comunità in cui si può crescere, ma che può anche escludere, giudicare, ferire. Ammaniti ha posto l’accento sulla dialettica tra appartenenza e differenziazione, sulle dinamiche di competizione, gerarchia, e purtroppo anche di sopraffazione che si manifestano nei contesti scolastici. “Il bullismo – ha detto – è spesso l’esito di una fragilità collettiva, dove i più deboli diventano bersagli per regolare tensioni interne”.
Ma anche all’interno della famiglia il conflitto ha un valore educativo: “Il conflitto è inevitabile, anzi necessario. È una forma di confronto che aiuta a definire i confini e le responsabilità. I genitori devono avere il coraggio di porre limiti, senza cedere al ricatto dell’affetto”.
L’uso dello smartphone e la dipendenza digitale
Ampio spazio è stato dedicato al tema della dipendenza da smartphone e internet. Ammaniti ha citato il libro La generazione ansiosa di Jonathan Haidt, che analizza l’effetto devastante degli schermi sulla salute mentale giovanile. “Dopo il 2012 – ha spiegato – con la diffusione massiva degli smartphone, è esploso un malessere diffuso: meno relazioni reali, più isolamento, ritmi del sonno alterati, riduzione della corteccia cerebrale legata alla socializzazione”.
L’uso continuo degli schermi priva gli adolescenti di esperienze incarnate: “Il corpo resta fermo, la mente è altrove. I genitori devono regolamentare l’uso del cellulare, soprattutto durante lo studio e la notte. È una battaglia impopolare, ma necessaria”.
Educare al desiderio, non solo al controllo
Una parte cruciale del discorso ha riguardato il desiderio. “Non si nasce con un desiderio acceso, va stimolato. La scuola e la famiglia devono aiutare i ragazzi a scoprire passioni autentiche”. L’esperienza narrata da Ammaniti, di uno studente disinteressato al latino che riscopre l’amore per la storia attraverso un professore appassionato, è diventata emblema del potere trasformativo della relazione educativa.
“Il desiderio è come una miccia: una volta accesa, può illuminare un’intera esistenza. Ma per farlo servono adulti presenti, autorevoli e capaci di trasmettere significati”.
La scuola come luogo di riconoscimento e trasformazione
Nel dialogo con i presenti, Ammaniti ha ribadito l’importanza del lavoro educativo condiviso tra scuola e famiglia. “La scuola non è solo un luogo di prestazione. Deve essere anche uno spazio di relazione e riconoscimento. I primi giorni dell’anno, ad esempio, dovrebbero essere dedicati a costruire il gruppo, a far emergere le identità individuali”.
Ha anche invitato i genitori a non delegittimare mai la figura dell’insegnante: “Difendere sempre i figli davanti alla scuola li indebolisce. I docenti sono figure istituzionali che meritano rispetto”.
Tra infanzia e età adulta: una lunga adolescenza
Oggi l’adolescenza si allunga: “Si entra prima, a 10-11 anni, e si esce dopo, anche oltre i 24. L’età media per uscire di casa si è spostata. Questo crea confusione nei ruoli: giovani adulti che vivono come adolescenti, genitori che fanno fatica a rinegoziare i confini”.
In chiusura, Ammaniti ha sottolineato che “educare significa anche insegnare a scegliere. Troppe opzioni possono paralizzare. Un po’ di fatica, qualche rinuncia, qualche conflitto: tutto questo fa parte del processo”.
L’importanza degli adulti significativi
Tra le tante domande arrivate dalla platea – genitori spesso smarriti, ma desiderosi di capire – è emersa una convinzione condivisa: “I ragazzi hanno bisogno di adulti significativi, non perfetti. Presenti, coerenti, capaci di accettare il confronto, ma anche di dire dei no”.
Il compito educativo è complesso, ma necessario. E giornate come questa al Liceo Tasso lo dimostrano: crescere è fatica, ma non si è mai soli nel farlo.