- Cosa: Il cortometraggio di Cristina Puccinelli vince il “The Hot Corn Award” e approda al Festival Afrodite Shorts.
- Dove e Quando: Roma, Teatro Eduardo De Filippo (Officina Pasolini), 1 e 2 dicembre.
- Perché: Un’opera intima e delicata che esplora l’Alzheimer e il rapporto madre-figlia, impreziosita dalle musiche di Pino Donaggio.
Il cinema breve italiano continua a dimostrare una vitalità sorprendente, capace di condensare in pochi minuti universi emotivi complessi e narrazioni di profondo impatto sociale. È il caso di Io che non vivo, l’ultimo lavoro scritto, diretto e interpretato da Cristina Puccinelli, che ha recentemente ottenuto un importante riconoscimento dalla critica di settore. Dopo l’anteprima mondiale ad Alice nella Città 2025 nella sezione Onde Corte, il film ha conquistato il Premio The Hot Corn Award come Miglior Cortometraggio, confermando la sensibilità della regista toscana nel trattare temi delicati con uno sguardo autoriale maturo e mai banale.
La cerimonia di premiazione, svoltasi presso lo Spazio Campo Marzio di Roma, ha sancito il successo di un’opera che fa della delicatezza la sua cifra stilistica. Il riconoscimento non è solo un premio alla tecnica, ma alla capacità di trasformare il dolore privato in esperienza collettiva. Il corto si prepara ora a incontrare nuovamente il pubblico romano: le prossime proiezioni sono attese per il 1 e 2 dicembre nell’ambito di Afrodite Shorts, il festival ospitato al Teatro Eduardo De Filippo presso l’Officina Pasolini, da sempre attento alla valorizzazione del talento femminile nell’industria audiovisiva.
Un racconto universale sulla memoria e l’identità
La motivazione che ha accompagnato la consegna del The Hot Corn Award racchiude perfettamente l’essenza del lavoro di Puccinelli. La giuria ha voluto premiare la capacità della regista di “trasformare un’esperienza personale dolorosa in un racconto universale sulla Memoria, sull’identità e sul difficile equilibrio tra cura di sé e cura dell’altro”. In un panorama cinematografico che spesso cerca l’effetto shock o il dramma gridato, Io che non vivo sceglie la strada della lucidità e dell’empatia profonda.
La narrazione evita accuratamente le trappole del patetismo, preferendo costruire un mondo emotivo complesso attraverso una regia e una scrittura di grande precisione. Il film affronta il tema dell’Alzheimer, una patologia che non colpisce solo chi ne è affetto, ma che scardina gli equilibri dell’intero nucleo familiare, costringendo i caregiver a ridefinire i propri ruoli e le proprie priorità. La forza del cortometraggio risiede proprio nel mettere in scena il dolore del “saper lasciare andare”, un processo psicologico necessario ma straziante, che richiede un coraggio immenso per essere accettato ed elaborato.
Viviana: sognatrice interrotta e la ricerca della luce
Al centro della vicenda troviamo Viviana, interpretata dalla stessa Cristina Puccinelli. È una donna di 40 anni, un’ex sognatrice che si trova a fare i conti con una vita molto diversa da quella immaginata nell’infanzia. Attrice di professione, Viviana è abituata a rifugiarsi nelle vite degli altri, ma neppure l’arte riesce più a colmare i vuoti di un’esistenza segnata dalla solitudine e dalla difficoltà di provare piacere autentico. Il suo ancoraggio affettivo più forte è la madre, ma anche questo pilastro sta iniziando a sgretolarsi sotto i colpi inesorabili della malattia.
Il dramma si consuma nel momento in cui la madre inizia a “perdere pezzi di vita”, scivolando lentamente nell’oblio dell’Alzheimer. La prospettiva che la donna possa dimenticare la propria figlia, nonostante la sua presenza costante, genera in Viviana un dolore incontenibile, descritto come una marea che toglie il fiato. Tuttavia, il messaggio del film non è di resa. Proprio nel momento di massimo buio, emerge la necessità vitale di “respirare” e di cercare quelle che la narrazione definisce poeticamente “lucciole di felicità”. È un invito alla resilienza, a trovare la bellezza e la serenità anche quando il destino sembra aver spento ogni luce, un dovere morale verso se stessi e verso chi si ama.
Un team d’eccellenza e le note di un maestro
Dal punto di vista produttivo, Io che non vivo è un “dramedy” prodotto da Fabrizio Larini per Cinema.T.S., con la produzione esecutiva affidata a Valeria Correale. Girato interamente nella suggestiva cornice di Lucca, il film si avvale di un cast artistico e tecnico di prim’ordine. Accanto alla regista, spicca l’interpretazione di Betty Pedrazzi nel delicato ruolo della madre, affiancata da Laura Giannatiempo e Carlo De Ruggieri, quest’ultimo nei panni dell’analista. Ogni personaggio contribuisce a tessere la tela di relazioni che sostiene la protagonista nel suo difficile percorso.
Un elemento distintivo dell’opera è senza dubbio la colonna sonora. Il titolo stesso del corto è un omaggio all’omonima, celebre canzone di Pino Donaggio, che non solo presta il nome al film ma ne sottolinea un passaggio cruciale, amplificando le emozioni in scena. La parte musicale è curata anche dalle composizioni originali di Federico De Robertis. La qualità visiva è garantita dalla fotografia di Michele D’Attanasio e dal montaggio di Paola Freddi e Antonio Cellini, mentre scenografie e costumi (rispettivamente di Laura Vannoli e della coppia Chericoni-Castegnaro) contribuiscono a creare l’atmosfera intima e sospesa che caratterizza il formato Cinemascope a colori. Un lavoro corale che conferma come il cortometraggio sia, a tutti gli effetti, grande cinema.
Info utili
- Evento: Proiezione cortometraggio “Io che non vivo” al Festival Afrodite Shorts.
- Date: 1 e 2 dicembre 2025.
- Luogo: Teatro Eduardo De Filippo – Officina Pasolini, Roma.
- Riconoscimenti: Vincitore “The Hot Corn Award” come Miglior Cortometraggio.
- Durata: 19 minuti e 25 secondi.
