- Cosa: L’evento speciale al cinema Caravaggio a Roma. Il Viaggio del Giubileo.
- Dove e Quando: Nelle sale cinematografiche italiane solo l’1, 2 e 3 dicembre.
- Perché: Un’indagine inedita sull’anima tormentata del Merisi che collega la Roma del 1600 a quella dei pellegrini di oggi.
La storia di Roma è scandita dal ritmo solenne dei Giubilei, momenti in cui l’eterno e l’umano si toccano con una frequenza vibrante. Alla vigilia di un nuovo Anno Santo, il cinema celebra colui che, più di ogni altro, ha saputo incarnare le contraddizioni, le ombre e le luci abbaglianti della Città Eterna: Michelangelo Merisi. Arriva sul grande schermo, per soli tre giorni, il docufilm Caravaggio a Roma. Il Viaggio del Giubileo, un’opera prodotta da 3D Produzioni e Nexo Studios che promette di non essere la solita biografia didascalica, ma un’immersione emotiva nella psiche di un genio inquieto.
Diretto da Giovanni Piscaglia e accompagnato dalla voce narrante di Mario Cordova, il film si propone come un ponte temporale. Da un lato c’è la Roma del 1600, quella di Papa Clemente VIII, invasa da pellegrini in cerca di indulgenza; dall’altro c’è la Roma contemporanea, che si prepara ad accogliere milioni di fedeli e turisti per il Giubileo 2025. In mezzo a questo flusso ininterrotto di umanità dolente e speranzosa, si staglia la figura di Caravaggio, un uomo che ha cercato la grazia divina tra le taverne e i vicoli bui, trasformando i peccatori in santi sulle sue tele.
La consacrazione nel grande teatro del Giubileo
Non è un caso che la carriera romana di Caravaggio esploda proprio in coincidenza con l’Anno Santo del 1600. Come sottolinea nel film lo storico dell’arte Claudio Strinati, il Giubileo è “sentimento, non ragionamento”, e Caravaggio è per eccellenza il pittore del sentimento viscerale. È in questo clima di fervore religioso e attesa collettiva che il Merisi presenta al mondo due opere destinate a rivoluzionare per sempre la storia dell’arte occidentale: la Vocazione e il Martirio di San Matteo.
Fino a quel momento, l’artista si era dedicato prevalentemente a scene di genere e nature morte, ma l’urgenza del Giubileo e le committenze ecclesiastiche lo spingono verso il sacro. Il documentario esplora questo passaggio cruciale: il momento in cui la luce di Caravaggio smette di essere solo un artificio tecnico per diventare teologica. La luce che fende l’oscurità nella Cappella Contarelli non illumina eroi idealizzati, ma uomini veri, colti nel loro stupore o nel loro orrore. È la Grazia che irrompe nella quotidianità più banale, un messaggio potente per i pellegrini del Seicento e, forse ancor di più, per gli spettatori di oggi. La narrazione visiva del film ci porta dentro queste tele, svelandone i dettagli e legandoli indissolubilmente ai luoghi fisici in cui furono concepite.
Un coro di voci tra passato e contemporaneità
La forza di Caravaggio a Roma risiede nella sua coralità. Il regista Piscaglia non si limita a mostrare le opere, ma costruisce un dialogo tra epoche diverse attraverso le testimonianze di autorevoli esperti e personalità contemporanee. Accanto a figure istituzionali come Francesca Cappelletti (Direttrice della Galleria Borghese) e Monsignor Timothy Verdon, il documentario ospita voci che rappresentano la continuità dell’arte e della fede. Tra queste spicca quella di Jago, scultore contemporaneo che, proprio come Caravaggio, lavora sulla carne e sulla materia per estrarne spirito, utilizzando un linguaggio capace di parlare alle nuove generazioni.
Il film indaga anche la dimensione spirituale più intima dell’artista, spesso oscurata dalla cronaca nera della sua vita. Attraverso gli interventi di Suor Maria Gloria Riva e Monsignor Alberto Rocca, emerge il ritratto di un uomo dalla fede tormentata, intrisa di un bisogno disperato di redenzione. Caravaggio non dipinge il sacro per convenzione, ma per necessità. La sua arte diventa uno specchio: ogni santo ha il volto di un peccatore che egli ha incontrato per strada, ogni scena biblica è un dramma che si consuma nei bassifondi romani. Questa “universalità della fragilità” è il filo rosso che lega il pellegrino del 1600 al visitatore che nel 2025 entrerà nelle chiese romane per ammirare quegli stessi capolavori.
L’esilio e la ricerca di una grazia impossibile
L’ultima parte del viaggio cinematografico affronta il periodo più cupo e drammatico: la condanna a morte, la fuga e l’esilio. Dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni, la pittura di Caravaggio cambia nuovamente registro. Le opere si fanno più scure, essenziali, quasi soffocanti nel loro dramma. Il film ci accompagna in questa discesa agli inferi, dove l’arte diventa l’unico strumento rimasto all’artista per implorare un perdono che le istituzioni umane gli negano.
La narrazione si sofferma sugli appelli inascoltati e sulla tragica fine del pittore, morto proprio mentre tentava di tornare a Roma, verso quella grazia che non riuscì mai a ottenere in vita. Tuttavia, il documentario suggerisce una redenzione diversa: quella artistica. Se l’uomo Caravaggio morì peccatore e solo, l’artista ha ottenuto l’immortalità. La sua capacità di scorgere la bellezza anche nel peccato, di trovare il divino nel fango, rimane il suo lascito più potente. In vista del Giubileo 2025, questo film ci invita a guardare le sue tele non come semplici oggetti estetici, ma come testimonianze vive di un’anima che ha attraversato le tenebre per regalarci la luce.
Info utili
- Titolo: Caravaggio a Roma. Il Viaggio del Giubileo
- Date: 1, 2 e 3 Dicembre 2025
- Tipologia: Evento speciale al cinema (Docu-film)
- Durata: 75 minuti
- Distribuzione: Nexo Studios
- Produzione: 3D Produzioni e Nexo Studios in collaborazione con Sky

