Lorco di Mussolini

L’orco di Mussolini

Lorco di MussoliniMarco Di Tillo torna in libreria con un imperdibile romanzo, L'orco di Mussolini (Mursia Editore), in cui coniuga la sua abilità di giallista con l'amore per la storia. 

Marco Di TilloNella Roma del 1924, un mostro si aggira per la città. Un signore distinto dal ‹‹cappello nero e floscio››, si avvicina con fare gentile a una bambina che gioca in strada con le mani sporche di cioccolata. ‹‹Dove andiamo?››, – chiede lei -, ‹‹in un bel posto, vedrai››. La piccola verrà trovata morta in un cespuglio, e come lei altre sei, tutte nella zona attraversata dal Tevere tra San Pietro e Regina Coeli.             
Già alle prese con il terribile omicidio Matteotti, Mussolini ordina che il colpevole venga trovato subito, preoccupato per l'immagine di un regime che deve apparire ‹‹ordinato e sicuro››.
‹‹Il mostro è stato trovato!›› capeggia poco dopo sulle pagine di una stampa sempre più martoriata dalla dittatura. Solo che l'arrestato, Gino Girolimoni, è un poveraccio completamente estraneo alla vicenda. Sarà il commissario Giuseppe De Dosi, personaggio istrionico, oltre che uno dei migliori investigatori dell'epoca, a smontare le accuse contro l'innocente e ad arrestare il vero colpevole, in una carambola di che avranno però un epilogo incredibile.    
Scrittore raffinato, Marco Di Tillo usa la penna come un bisturi nelle ferite della storia, che seziona e analizza, consegnando al lettore un racconto dove la ricerca della verità è un viaggio avvincente e carico di suspense.

Marco Di Tillo, diversamente dai suoi ultimi romanzi, L'orco di Mussolini parla di una vicenda realmente accaduta e ambientata nel passato. Come mai ha cambiato registro?  
MDT: Da ragazzo avevo visto il bellissimo film “Girolimoni” con Nino Manfredi, ispirato alla vicenda dell'uomo che fu ingiustamente accusato dell'omicidio delle bambine di Roma, negli anni '20. Ma non sapevo niente riguardo all'esistenza del commissario di polizia Giuseppe Dosi, l'uomo che scagionò Girolimoni e trovò il vero colpevole. L'ho scoperto per caso e non ho potuto evitare di mettermi a scrivere. Amo la Storia e già in passato, soprattutto in alcuni d'avventura per ragazzi, ho mescolato personaggi realmente vissuti a quelli inventati da me. Mi piace mescolare la realtà e la fantasia. Ma con “L'orco di Mussolini” di fantasia non ce n'è stata così tanta, purtroppo. Le vicende, tristi e serie, erano vere.

Dietro questa sua ultima fatica letteraria si nota un'accurata ricerca storica. Su quali fonti si è basato?
MDT: Giuseppe Dosi nel 1973 ha pubblicato con Vallecchi il suo libro “Il mostro e il detective”, una specie di diario di bordo di tutta la vicenda incredibile in cui si è venuto a trovare. Mi sono basato sulle sue minuziose descrizioni dei fatti. In più ho consultato numerosi giornali e riviste dell'epoca e letto molti altri libri sul fascismo, sul caso Matteotti e sulle abitudini degli italiani in quel particolare periodo storico. Non mi è costata troppa fatica poiché, come già ho detto, sono letteralmente innamorato della Storia.

Il commissario Giuseppe Dosi, a cui vengono affidate le indagini, è un uomo d'altri tempi, dedito alla verità. Cosa l'ha colpita della sua figura?             
MDT: Dosi era già di per sé un personaggio da romanzo. Il più bravo detective a disposizione al Ministero dell'Interno negli anni '20 che aveva anche salvato la vita a Mussolini, sottraendolo all'ultimo momento ad un attentato. Alto, grande e grosso, simpatico. Suonava il violino e la fisarmonica. Da ragazzo aveva fatto l'attore e così, nelle sue indagini, spesso si travestiva. Ben 33 diversi travestimenti, di cui uno da donna. Una volta si introdusse in casa di Gabriele D'Annunzio sotto le sembianze di un poeta polacco claudicante. C'è di più. Lui abitava a Roma in via Vejo 53, lo stesso palazzo in cui, 50 anni dopo, ho abitato anche io, per un certo periodo. Insomma Dosi era nel mio destino.

Lei ha un grande senso del dettaglio, dei particolari. Da dove nasce?             
MDT: Guardo le cose, guardo la gente. Mi piace osservare i dettagli. È sempre stato così. Forse avrei potuto fare il poliziotto. Quando entro in una stanza, gli occhi mi vanno immediatamente sulle cose, si fermano e catturano tutto. Credo che i particolari siamo molto importanti, sia per la costruzione delle storie, sia per quella dei personaggi.

Ci parla della Roma che fa da sfondo al romanzo?
MDT: Era una Roma completamente diversa da quella di oggi. Il centro, ad esempio, era vissuto dal popolo. Tutta la nostra storia si svolge tra la zona di San Pietro e quella di via Giulia, pochi chilometri con il fiume Tevere in mezzo. Lì viveva la povera gente, i bambini giocavano da soli per strada fino a sera. Un mondo che, per i giovani romani di adesso, è molto difficile da capire. Io, in parte negli anni '50 e '60 della mia gioventù, ho conosciuto qualcosa di simile. Anche io giocavo a calcio per strada e mia madre mi doveva venire a riprendere.

Marco Di Tillo laureato in Psicologia, è stato per anni autore di programmi radiofonici e televisivi Rai, regista e sceneggiatore cinematografico, autore di fumetti, di romanzi per ragazzi e di favole illustrate per bambini. Scrive gialli di successo pubblicati da molte case editrici, anche negli Stati Uniti.

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