Più lontano di così

Più lontano di così

Più lontano di cosìUn fatto di cronaca realmente accaduto nella Roma del dopoguerra ispira la penna raffinata di Lucrezia Lerro in Più lontano di così (La nave di Teseo editore).

Il 4 dicembre 1951 il giovane caporale Luigi Linzio viene ucciso in piazza Indipendenza da una donna con cinque colpi di pistola. La foto di Luigi, zio della protagonista Leda, campeggia da quel momento su una parete di casa Linzio, rinnovando ogni giorno il ricordo della disgrazia che si è abbattuta su una famiglia già in difficoltà. Fin dalla sua infanzia, segnata da lacrime e povertà, Leda fa sua la storia di Luigi, interrotta proprio nel suo incipit, e una volta cresciuta, dal suo paesino del Sud si sposta a Roma decisa a scoprire chi ha ucciso suo zio.           
E' qui che la scrittura sensibile dell'autrice riannoda la storia, riprendendo una narrazione interrotta dal destino tanti anni prima. Leda indaga e scartabella tra vecchi faldoni alla ricerca del colpevole, che insieme a una giovane vita ha preso le speranze di tutta una famiglia. Non è però un'indagine poliziesca quella che Lucrezia Lerro avvia, ma un'analisi sul filo sottile che lega il passato di Luigi e il presente di Leda.
Racconta, Leda, e con le parole insegue la verità su Luigi e la propria salvezza, che sembra trovare solo con la penna tra le pagine bianche. Dove per lui è stata la fine, lei può ricominciare.

Lucrezia Lerro, la protagonista del suo romanzo, Leda, cresce con lo zio Luigi che la fissa da una vecchia foto. Come mai né Leda, né nessun altro della sua famiglia può sottrarsi a quello sguardo?

LL: Luigi è per Leda la feroce memoria familiare. Non l'ha mai conosciuto ma ne intuisce più di chiunque altro le inquietudini e i sogni… La fine tragica di Luigi risale al 1951, Leda nascerà ventisei anni dopo. La è enigmatica per Leda, rappresenta la svolta, grazie a quel ritratto si spingerà oltre, arriverà alla scoperta dell'assassina di suo zio. L'immagine è misteriosa, il ragazzo bellissimo: l'attrazione è inevitabile perché in una casa di persone infelici paradossalmente lo sguardo di Luigi è il più vivo. Il ragazzo in divisa non parla, non c'è, e ciò per certi versi lo rende irresistibile agli occhi di chi osserva.

Perché per Leda è così importante ricostruire la vicenda dello zio e raccontare la sua storia?
LL: La miseria è lo slancio di Leda, dovrebbe paralizzarla ma in questa storia la povertà è il catalizzatore. Leda vuole spaccare gli atomi del male familiare, e lo farà attraverso il racconto della fine di suo zio Luigi, lo farà percorrendo le stesse strade di Roma, quelle che il militare aveva visto e incrociato.

Più lontano di così è un romanzo di partenze e di distacchi. Le ossessioni della protagonista sembrano però rimanerle sempre vicino…     
LL: Sì, la protagonista ha delle ossessioni particolarissime e le tiene strette tra i suoi pensieri. La più evidente è la necessità di raccontare la provvisorietà della vita, desidera disinnescare con la narrazione la bomba dell'arroganza che molta gente esibisce.

Ci parla della Roma del suo romanzo, quella di Luigi e quella di Leda?
LL: Roma, e subito penso a dei bellissimi versi di Pier Paolo Pasolini: “Stupenda e misera città, che m'hai insegnato ciò che allegri e feroci gli uomini imparano bambini (…)”
Ho vissuto un paio d'anni a Roma, che ricordi indimenticabili: le passeggiate ai Fori Imperiali, via del Corso, la Piramide di Caio Cestio… le ricerche in Piazza dell'indipendenza per tentare di decifrare un possibile movente dell'omicidio. Francesca Rilo alle 09, 40 di un martedì di dicembre tolse la vita ad un ragazzo di 19 anni in servizio militare.
Roma per me è soprattutto Luigi Linzio, la sua fine tragica, il mio tentativo di farlo rivivere in “Più lontano di così”… Se soltanto esistesse la possibilità di vivere una seconda vita, se fosse possibile, mi piacerebbe incontrarlo proprio a Roma. Luigi è stata sempre la mia dalia nera, del resto ognuno ha la sua.

Leda scrive: “Se non dedico qualche ora alla scrittura, trovo che la realtà sia insopportabile”. Anche per lei è così?   
LL: Alcuni anni va non facevo altro che riempire taccuini su taccuini di parole, non potevo staccarmi dal foglio, la mia vita era la pagina. Oggi: guardo, ascolto, osservo. Penso e ripenso. Scrivo.  La gestazione è continua.

Più lontano di così
di Lucrezia Lerro
La nave di Teseo editore

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