Patrizia Carrano
Aboca Edizioni
Il cuore infranto della quercia, di Patrizia Carrano (Aboca Edizioni) è un romanzo che possiede il raro pregio di stringere in un abbraccio il mondo femminile e quello della natura.
Carlotta, la protagonista, nel bosco di Manziana – a Nord di Roma – fa i conti con la propria vita all’ombra di una quercia centenaria. Ma quando un giorno scopre che la pianta è stata abbattuta, qualcosa dentro di lei sembra rompersi. È il suo muscolo cardiaco, affetto da una patologia realmente esistente, “la sindrome del cuore infranto”.
Da questo frangente l’autrice – fine indagatrice dell’animo femminile in oltre venti romanzi di successo – guiderà Carlotta nella ricomposizione del proprio mondo, tra passato e presente, lacrime e sorrisi.
Il risultato è una narrazione taumaturgica, il raggiungimento del raro equilibrio che si realizza quando il cuore dell’individuo e quello del – sempre più maltrattato – Pianeta battono all’unisono.
Patrizia Carrano, il suo ultimo romanzo si apre con la descrizione della protagonista Carlotta che, seduta all’ombra di una quercia centenaria, ha il volto rigato dalle lacrime. Perché piange?
PC: Carlotta ragiona – sotto un albero che è una meravigliosa cattedrale verde – sui momenti difficili della sua vita, ma anche sui momenti gioiosi che vissuto e che, in quel periodo di difficoltà, tende a dimenticare. Accade a tutti noi, quando siamo sommersi dal dolore, di scordarci che la vita è un intreccio di emozioni, e che c’è stato anche un tempo di sorrisi e di allegria. La quercia è per lei un simbolo di resilienza, è un suo alter ego forte, protettivo, più che mai necessario nei giorni in cui la incontriamo. Carlotta è una donna abituata all’indipendenza, e l’attesa di una sentenza del tribunale da cui dipende parte del suo futuro, la costringe a una passività che la logora e la intristisce. Per questo piange.
Nella trama, assieme a Carlotta, il mondo animale e quello vegetale appaiono quasi protagonisti comprimari. Cosa rappresentano per Lei?
PC: Ho scritto molti libri in cui gli animali erano protagonisti a pieno titolo assieme agli umani cui erano legati. Cavalli, cani, gatti e nel caso di questo libro anche i lupi, che nei primi anni Settanta erano a rischio di estinzione e che, grazie alla campagna del WWF, al lavoro dello zoologo Luigi Boitani, e a una legge che li aveva dichiarati specie protetta, oggi sono fortunatamente presenti nel nostro territorio. I lupi sono un segnale di equilibrio della fauna, sono necessari alla vita delle selve. Contrariamente a quanto si crede, i lupi non assalgono mai l’uomo, anzi lo fuggono. Carlotta che, come volontaria ha iniziato la sua conoscenza dei lupi sui Monti Sibillini, ha imparato molto da loro. E ha anche incontrato l’amore nei panni di uno zoologo canadese, William, da cui avrà una figlia. Per me un mondo senza flora e fauna è un mondo inerte, senza fascino. E invece noi trascuriamo colpevolmente la possibilità di vita della fauna e della flora selvatica. Vogliamo cementificare tutto, anche i boschi.
Nel suo romanzo colpisce il contrasto tra il “dentro” e “fuori Roma”, tra il cemento e la natura. È un effetto voluto?
PC: Certamente. Le nostre città sono degli inferni di asfalto e di lamiere. L’uomo è un cieco distruttore, che abbatte le foreste primarie dell’Amazzonia, le ultime rimaste al mondo. Prima le avevamo anche noi, in Europa. Tutto per avere terreni in cui coltivare soia, per alimentare i maiali rinchiusi nelle porcilaie di 36 piani costruite in Cina (le nostre sono più piccole ma egualmente infernali). È un intreccio nefando di interessi, ottusità, ferocia, dabbenaggine. E poi abbiamo il coraggio di lamentarci del cambiamento climatico?
“Ringhiosa. Sociopatica. Inutilmente severa”. In realtà che donna e che madre è Carlotta?
PC: Carlotta è una donna molto autocritica, ma al contrario della famiglia anaffettiva da cui proviene, è capace di grandi slanci emotivi e sentimentali. Dunque possiamo dire che è stata una buona madre, che ha cresciuto la propria figlia Silvia con fermezza e affetto, offrendole sostegno e certezze, senza costringerla. Tant’è che Silvia a soli trent’anni è già una docente universitaria negli Stati Uniti. È lontana, ma è legatissima a lei. Quindi tenderei a dire che Carlotta ha vinto la grande scommessa della maternità. Per quel che riguarda la sua stessa vita, i conti sono più difficili da fare: le donne di oggi sono spesso un passo avanti agli uomini. E questo le costringe talvolta alla solitudine sentimentale. È quel che è capitato anche alla mia protagonista.
Il cuore infranto della quercia affronta anche il tema della verità e del non detto. “Le parole medicano la vita”, lei scrive. È una massima a cui si affida come narratrice?
PC: Le parole sono il primo e il più essenziale strumento del narratore. Senza parole non esisterebbe il romanzo, la poesia, la saggistica. Non sono certo l’unico linguaggio, perché nella comunicazione contano molto gli atteggiamenti, i gesti, gli sguardi. Ce lo insegnano gli animali, che non hanno bisogno di parole, ma comunicano perfettamente fra loro, anche nei cosiddetti rapporti interspecie (per esempio fra uomo e cane). Ma le parole possono arrivare a guarire le ferite dell’esistenza. Ce lo ha spiegato bene Sigmund Freud. L’ascolto – pratica che si va disgraziatamente perdendo: siamo diventati una società di sordi che ascoltano solo sé stessi – significa valorizzazione dell’interlocutore, accoglienza, interesse, condivisione. E può diventare cura. Se non credessi nelle parole non avrei fatto la romanziera.
Il cuore infranto della quercia
di Patrizia Carrano
Aboca Edizioni
Patrizia Carrano vive a Roma. Giovanissima ha lavorato per il settimanale “Noi donne”, poi ad “Amica”, “Anna”, “Elle”, “Max”, “Panorama” e “Sette”. Per Rai3 e Rai1 ha raccontato oltre venti edizioni del Festival del cinema di Venezia. È stata una voce di Radio2, dove ha narrato le donne del ’900 in una trasmissione intitolata Amiche mie. Ha scritto una ventina di romanzi, quasi tutti con protagoniste femminili, da Baciami Stupido a Illuminata – La storia di Elena Lucrezia Cornaro, prima laureata nel mondo. Ha firmato alcune fiction di grande ascolto nel prime time di Rai1. I suoi libri sono tradotti in cinque lingue. Per Vallecchi Firenze ha pubblicato nel 2022 La bambina che mangiava i comunisti, giunto in pochi mesi alla sesta edizione, e nel 2023 una biografia dell’attrice Anna Magnani, Tutto su Anna (cinque edizioni).