di Arianna Farinelli
Einaudi
Storia di una brava ragazza, di Arianna Farinelli (Einaudi), è uno di quei preziosi memoir, che ripercorrendo vicende personali sanno tracciare il cammino di un’intera generazione.
Grazie a una narrazione circolare, l’autrice – politologa e docente per dieci anni alla City University di New York – racconta la propria storia di donna cresciuta in una borgata romana alla fine degli anni Settanta, e approdata a New York nel Duemila per un dottorato di ricerca in Scienze Politiche. C’è tutto in questo cerchio: l’oggettificazione del corpo, la libertà mentale, l’emancipazione dalla “polis” del maschio. Soprattutto, frammista a tante voci dell’identità femminile – da Medea a Simone de Beauvoir, da Violetta a Susan Sontag – c’è quella dell’autrice, tagliente e diretta.
Farinelli non racconta solo un viaggio dal quartiere prenestino a Manhattan, ma una migrazione da una periferia esistenziale al centro di sé stessa. E consegna alle sue lettrici e ai suoi lettori una domanda più attuale che mai: “Ma puoi davvero scappare da un destino quando quel destino è scritto sul tuo corpo di donna?”
Arianna Farinelli, in Storia di una brava ragazza il corpo femminile – osservato, esibito, violato – ha un ruolo centrale. Per le donne, comincia tutto da lì?
AF: Sì, il mio memoir inizia con la scoperta del corpo e del sesso femminile quando ero ancora una bambina. Il corpo delle donne è stato da sempre oggettificato e sessualizzato. Ci hanno insegnato fin da piccole a suddividerlo in parti (il seno, i fianchi, i glutei) ognuna delle quali diventava oggetto di giudizio nostro e altrui. Spesso da adolescenti siamo state molestate sui mezzi pubblici e siamo diventate bersaglio di commenti volgari e sessisti. Mi sono riconciliata con il corpo solo in età adulta, quando ho cominciato a guardarlo con i miei occhi e non con gli occhi di chi mi guarda.
Di sé stessa e delle amiche d’infanzia, lei scrive: “Eravamo ragazze di periferia”, venivamo dallo “sprofondo”. L’ambiente di origine quanto ha influito sulla formazione della sua identità?
AF: “Sprofondo” era il modo in cui allora i coetanei del centro chiamavamo quella parte della città che sorgeva al di là della “Roma bene,” e quindi anche al di là della civiltà (secondo loro). Avrei voluto essere anch’io una ragazza del centro e per tutta la vita ho cercato di diventarlo (andando a vivere all’estero e nascondendo le mie origini) finche’ mi sono resa conto che la realtà si capisce meglio dai margini, e che essere periferici ti regala uno sguardo più profondo e forse anche più empatico sul mondo.
Sin da piccola, lei si è distinta per le doti intellettuali e i risultati scolastici. “Era un’occasione per esistere ed essere vista, al di là del corpo”, osserva. Come viveva tutto questo?
AF: Non bene, avrei voluto essere vista a prescindere, come essere umano. Invece ero invisibile il più delle volte e visibile solo quando mi distinguevo per essere brava a scuola. Tutto questo mi ha resa una overachiever, cioè una persona che è sempre costretta a performare al massimo per sentire di valere qualcosa.
Nell’anno Duemila si trasferisce a New York, dove ha vinto una borsa di dottorato. I suoi sogni con quale realtà si scontrano?
AF: Ho ritrovato nella Manhattan colta e opulenta lo stesso sessismo e gli stessi pregiudizi verso le donne che avevo conosciuto crescendo in periferia. Segno questo che le disuguaglianze di genere non sono tipiche di una classe sociale e di un basso livello di istruzione. Sono trasversali e globali. Qui a New York, nel 2025, non si fanno problemi a dirti che mai assumerebbero una donna in posizione di vertice per la loro start-up e il loro fondo d’investimento “perché le donne non sono abbastanza brave.”
Un’ultima domanda: da dove nasce una narrazione sincera come la sua, che non conosce reticenze?
AF: Sono stata zitta per decenni. Ora basta. Il silenzio e la reticenza hanno rovinato le donne della mia generazione. Ora bisogna essere più oneste e rumorose possibile se vogliamo che le nuove generazioni non soffrano per i pregiudizi e la violenza che abbiamo subito noi.
Storia di una brava ragazza
di Arianna Farinelli
Einaudi
Arianna Farinelli è scrittrice e politologa. È dottore di ricerca in Scienze Politiche e ha insegnato per dieci anni alla City University of New York.
Nel 2020 ha pubblicato Gotico americano (Bompiani) e nel 2022 Gli ultimi americani (Mondadori). Collabora con numerose testate italiane. Dal 2000 vive negli Stati Uniti.