Nel suo ultimo romanzo La brigata mondiale (Einaudi Ragazzi) Massimiliano Timpano coglie i momenti cruciali che segnano il passaggio all’età adulta del giovane protagonista e di un intero paese.
Ha dodici anni Libero Forni, alter ego del realmente esistito Ugo Forno, quando la sua Roma diventa il teatro tragico del bombardamento di San Lorenzo, dell’attentato di via Rasella e dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Il suo mondo, animato fino ad allora dalle avventure di Flash Gordon, dal besbol e dal regbi americano, si trasforma così in un paesaggio di palazzi sventrati e fumanti. Vuole comprendere, Libero: chi sono i buoni e chi i cattivi? Perché i grandi vogliono la pace ma poi fanno la guerra? Nel suo quaderno segna allora le cose da chiedere a quegli adulti che lui non capisce: gappisti, partigiano, bombe, libertà.
Libero conoscerà la vera amicizia con Ennenne, – con cui non serve parlare, perché lo senti -, e con Marita, – la cui pelle profuma come un fiore -, l’amore. L’orrore della guerra lo porterà però anche a guardare negli occhi il male e segnerà la fine della sua infanzia. Libero smetterà infatti di giocare per difendere un ponte sul fiume Aniene dall’avanzata dei nazisti, atto di resistenza di un ragazzino contro la follia dell’umanità.
Con La brigata mondiale Massimiliano Timpano scrive un romanzo per ragazzi capace di parlare anche agli adulti, un’opera di accuratissima ricostruzione storica narrata con voce intensa e commovente.
Massimiliano Timpano, chi era Ugo Forno?
MT: Ugo Forno era un ragazzo come tutti gli altri. Famiglia, scuola; le passeggiate al parco sotto casa. Aveva dodici anni il 5 giugno del 1944, quando le truppe alleate entrarono a Roma. Ughetto non era una staffetta partigiana, non aveva mai dato prove di antifascismo, ma non esistono sue fotografie in camicia nera. Ma quel 5 giugno, all’alba, quando i nazisti iniziarono la ritirata e tentarono di minare un ponte sul fiume Aniene (per rallentare l’avanzata dell’esercito nemico) non molto lontano da casa sua, dovettero fronteggiare un attacco inaspettato. Non si sa bene ancora quando riuscì a recuperare le armi, ma il fatto è che quel giorno, Ugo Forno, armato di pistole lanciarazzi e alla testa di un gruppetto di suoi amici ingaggiò un conflitto a fuoco proprio con quei nazisti. I ragazzi riuscirono a impedire che il ponte saltasse in aria, ma Ughetto perse la vita. Per difendere un ponte. Un fatto piccolo se si pensa alle sorti della guerra, ma degno di un eroe se solo per un istante si riescono a immaginare le atrocità che avrebbero potuto compiere, durante la ritirata stessa, quei soldati che stavano minando il ponte.
Nel romanzo lei ha scelto di affidare la narrazione all’alter ego Libero Forni. Perché e com’è la Roma del ’43-?44 vista con gli occhi di un ragazzo?
MT: Ho scelto di dare voce a Libero Forni per due ragioni. La prima è che avevo paura in qualche modo di oltraggiare la memoria e il coraggio di Ugo Forno. E poi perché non volevo romanzare la sua vita, ma partire dal suo atto eroico per costruire la storia di un ragazzino di dodici anni che vive in una città occupata, partecipe, malgrado lui, di alcuni eventi avvenuti tra il 1943 e il 1944. Vedere Roma occupata con gli occhi di un ragazzino mi ha dato molta più libertà e soprattutto la possibilità di stupirmi anche raccontando un periodo storico terribile. C’è la fame, la miseria; ci sono i bombardamenti e i nazisti. Ma Libero riuscirà sempre a sorprendersi: a immaginare strani mostri giganteschi quando per la prima volta vedrà il Colosseo da vicino. E anche una semplice discesa da percorrere in bicicletta non resterà tale ai suoi occhi, ma diventerà, grazie a una fantasia fuori dal comune, una sfida coi più grandi ciclisti del suo tempo.
Come si è preparato per la stesura del testo?
MT: Allo studio dei testi ho dedicato un paio di anni: saggi, romanzi, libri di memorie dei protagonisti di quegli anni, ma anche pubblicità su quotidiani, riviste. Invece a scrivere, tra cambi, dubbi e rimaneggiamenti, ho impiegato un annetto circa. Non è stato semplice. C’è stato un blocco. Ma poi, spuntata da chissà dove, ecco che sento la voce di Libero, il protagonista, colui che si prenderà la briga di narrare in prima persona questa vicenda.
La brigata mondiale è anche un romanzo sulla fine dell’infanzia e la caduta degli eroi. A quali “grandi” vorrebbe assomigliare Libero?
MT: Libero ha due grandi passioni: Benito Mussolini e Flash Gordon. Da una parte un mondo in cui l’unico colore ammesso è il nero; dall’altra un eroe dei fumetti che vive le sue avventure in un universo popolato da esseri viventi tutti diversi gli uni dagli altri. Sarà proprio grazie al filtro di queste due realtà così distanti che Libero riuscirà a comprendere qual è il suo posto, a capire il volto reale degli adulti e a inchiodarli alle loro responsabilità: la guerra, l’occupazione, la miseria, i morti: è solo colpa loro.
C’è un’altra storia che le piacerebbe raccontare?
MT: Con La brigata mondiale ho scoperto che mi diverte moltissimo dare voce ai ragazzini e sì, quotidianamente sbucano altre storie che mi piacerebbe raccontare. Questo fino a quando una di queste diventa un pensiero costante e capisco che è quella giusta. Non ho idea del tempo che mi ci vorrà e se sarà un’impresa che riuscirò a realizzare, ma la prossima sarà ambientata in Emilia Romagna negli anni ’20 e il pretesto, anche in questo caso, sarà un fatto storico realmente accaduto.
La brigata mondiale
di Massimiliano Timpano
Einaudi Ragazzi
Massimiliano Timpano è nato a Roma, dove vive e lavora. Laureato in Scienze Politiche e allievo di Emilio Gentile, ha collaborato con BBC History. Per Bompiani ha pubblicato Chiuso per Kindle (insieme con Pier Francesco Leofreddi) e La vita, se altro si dice.