- Cosa: La Felicità di Felicia, spettacolo teatrale scritto e diretto da Ulderico Pesce.
- Dove e Quando: Teatro di Villa Lazzaroni, Roma. Sabato 13 (ore 21:00) e domenica 14 dicembre 2025 (ore 17:30).
- Perché: Un racconto epico e commovente su una donna che sfida le Ande e l’oceano per amore, ripercorrendo la storia dell’emigrazione italiana.
Il teatro civile e di narrazione torna a pulsare nel cuore di Roma con una storia che, pur affondando le radici nel XIX secolo, risuona con sorprendente attualità. Ulderico Pesce, autore e regista noto per la sua capacità di trasformare la memoria storica in materia viva e palpitante, porta in scena al Teatro di Villa Lazzaroni la sua nuova opera: La Felicità di Felicia. In calendario per il weekend del 13 e 14 dicembre 2025, lo spettacolo vede protagoniste Anastasia Bonarrigo e Maria La Torre, chiamate a dare voce e corpo a un’epopea migratoria che è, prima di tutto, un viaggio nell’animo umano.
Non è la prima volta che il teatro indaga il fenomeno dell’emigrazione italiana, ma lo sguardo di Pesce sceglie una prospettiva intima, disperata e tenace: quella di chi resta, di chi aspetta e, infine, di chi parte non per cercare fortuna, ma per ricomporre un’identità familiare frantumata dalla distanza. La scena si spoglia del superfluo per lasciare spazio alla parola, al gesto e alla rievocazione di un mondo, quello contadino del sud Italia, che si scontra violentemente con l’ignoto del Nuovo Mondo.
Il disegno di un destino tra la Lucania e le Ande
La narrazione ci trasporta nel 1893, a Oppido Lucano. È qui che inizia il dramma di Vito Sciaraffia, un uomo schiacciato dalla povertà che decide di lasciare la moglie Felicia Muscio e la piccola figlia Rosa, di appena due anni. La meta è remota, quasi mitologica per un contadino dell’epoca: Iquique, in Cile. Una scelta che non è solo geografica, ma esistenziale. Vito si ritrova proiettato in una realtà aliena, nel cuore del deserto di Atacama, noto per essere il luogo più arido del pianeta. In questo paesaggio lunare, dove la pioggia è un miraggio e la sopravvivenza una sfida quotidiana, l’uomo inizia a commerciare l’bene più prezioso e scarso: l’acqua.
La distanza, tuttavia, non è misurabile solo in chilometri. Vito è analfabeta, una condizione comune a gran parte della popolazione rurale di fine Ottocento. L’impossibilità di scrivere crea un abisso di silenzio, colmato solo parzialmente da un espediente toccante: riesce a farsi scrivere una lettera e, soprattutto, a inviare un disegno. Questa mappa rudimentale, tracciata su carta, diventa l’unico filo sottile che lo lega ancora alla sua vita precedente. Il disegno indica gli spostamenti, le tappe, i confini valicati, trasformandosi in una sorta di codice segreto tra marito e moglie, un disperato tentativo di dire “sono qui, esisto ancora”.
Il viaggio impossibile di una donna contro l’oceano
Con il passare del tempo, quel filo sottile rischia di spezzarsi. La comunicazione si interrompe, il silenzio diventa assordante e la distanza tra i coniugi si dilata fino a farli diventare estranei. È in questo momento che emerge la figura monumentale di Felicia. Rifiutando la rassegnazione tipica delle “vedove bianche” – le donne lasciate a casa dai mariti emigrati – la giovane madre compie un atto rivoluzionario. Una mattina, prende la piccola Rosa e decide di partire. La Lucania è alle spalle, l’ignoto davanti.
Il viaggio di Felicia assume i contorni dell’impresa eroica, quasi omerica. Lei, che non ha mai visto il mare, deve affrontare l’Oceano Atlantico imbarcandosi a Genova per raggiungere Buenos Aires. Ma l’Argentina non è la fine del viaggio, è solo una tappa. Da lì, il percorso diventa una salita verso l’impossibile: il treno fino a San Martin, dove la strada ferrata muore ai piedi della Cordigliera delle Ande. Seguendo quel disegno ricevuto anni prima, Felicia deve scalare le montagne a dorso di mulo, sfidare le altitudini e il freddo, per poi discendere verso Santiago del Cile e risalire lungo la costa del Pacifico fino a Iquique. È un itinerario che metterebbe alla prova chiunque, figuriamoci una donna sola con una bambina alla fine dell’Ottocento.
Un affresco storico tra speranza e disillusione
La Felicità di Felicia non è solo la cronaca di un viaggio, ma un’indagine profonda sui costi umani dell’emigrazione. Attraverso la regia di Ulderico Pesce e le interpretazioni di Anastasia Bonarrigo e Maria La Torre, lo spettatore viene trascinato nella polvere del deserto cileno e nelle tempeste dell’oceano. L’opera pone interrogativi dolorosi: cosa resta dei legami affettivi quando il tempo e lo spazio si dilatano oltre misura? La determinazione di Felicia sarà ricompensata?
L’arrivo a Iquique apre lo scenario al dubbio più atroce. Troverà ancora il suo Vito? E se lo troverà, sarà lo stesso uomo che ha sposato a Oppido Lucano, o il deserto e gli anni avranno plasmato una persona nuova, magari con una nuova vita, nuovi amori e una nuova residenza? Il finale resta sospeso tra la speranza del ricongiungimento e la cruda realtà dei fatti storici, lasciando al pubblico il compito di riflettere sulla forza delle donne che, ieri come oggi, attraversano continenti per difendere il diritto alla propria felicità e all’unità della propria famiglia. Uno spettacolo necessario, che usa la memoria per parlare al nostro presente.
Info utili
- Titolo: La Felicità di Felicia
- Indirizzo: Teatro di Villa Lazzaroni, Via Appia Nuova 522 / Via Tommaso Fortifiocca 71, Roma (parcheggio gratuito).
- Date: Sabato 13 dicembre 2025 (ore 21:00) e Domenica 14 dicembre 2025 (ore 17:30).
- Info e prenotazioni: 392 4406597.
- Contatto email: info@teatrovillalazzaroni.com
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