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    Home » Anteprima al Cinema Farnese del documentario “Genesis 2.0″
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    Anteprima al Cinema Farnese del documentario “Genesis 2.0″

    RedazioneBy Redazione15/09/2020
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    GENESIS 2.0 Un film del candidato Oscar CHRISTIAN FREI Co-regia di MAXIM ARBUGAEV (Documentario, Svizzera, 113’)

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    La caccia all’oro bianco negli angoli più remoti della Siberia rivela uno scenario futuristico in cui il mondo, come oggi lo conosciamo, potrebbe essere sovvertito.

    SINOSSI BREVE

    Nelle remote Isole della Nuova Siberia, nell’Oceano Artico, dei cacciatori vanno in cerca delle zanne dei mammut estinti migliaia di anni fa. Un giorno, il gruppo scopre una carcassa di mammut straordinariamente conservata. Riportare a nuova vita il mammut lanoso è il primo grande passo di una enorme rivoluzione tecnologica, la genetica, che potrebbe sovvertire il mondo come oggi lo conosciamo.

    SINOSSI LUNGA

    Il film osserva la vita dura e pericolosa dei cosiddetti cacciatori di mammut, nelle remote Isole della Nuova Siberia, nella sperduta Siberia settentrionale. I territori brulli e incontaminati in cui questi uomini vanno a caccia di zanne di mammut ormai estinti hanno le sembianze di una terra primordiale. C’è una strana aria da febbre dell’oro in questi uomini, poiché questo oro bianco viene valutato a prezzi senza precedenti. Ma lo spesso strato di permafrost rivela ben più del prezioso avorio. Qualche volta, i cacciatori trovano delle carcasse di mammut quasi completamente conservate, ancora con pelliccia, sangue ancora liquido e tessuto muscolare che le volpi artiche rosicchiano tranquillamente.

    Questo tipo di ritrovamenti attira ricercatori russi e coreani all’avanguardia nel campo della clonazione, in cerca di cellule di mammut che abbiano al loro interno il massimo grado possibile di DNA ancora intatto. Il loro scopo sarebbe una storia perfetta per la fantascienza: vogliono riportare alla vita, alla “Jurassic Park”, il mammut lanoso ormai estinto, e ridare vita alla sua specie. E questo è solo il principio: in tutto il mondo, i biologi stanno lavorando a una reinvenzione della vita. Vogliono imparare il linguaggio di madre natura e creare la vita seguendo il Principio Lego¹². L’obiettivo finale della biologia sintetica è produrre dei sistemi biologici totalmente artificiali. L’uomo che diventa il Creatore.

    Riportare in vita un mammut è il primo passo di questo processo, e la manifestazione ultima di questa enorme rivoluzione tecnologica. Una prova. Un gioco multimilionario. Questa nuova tecnologia sarà in grado di cambiare completamente il mondo come lo conosciamo, partendo da un nuovo inizio. E tutto questo trova un’origine nello scongelamento, ormai non più reversibile, del permafrost nei più remoti angoli della Siberia.

    ¹Il Principio Lego si riferisce al concetto di connettersi prima a Dio, e poi l’uno all’altro. Indipendentemente da forma, dimensione e colore di qualunque mattoncino LEGO, ogni pezzo è progettato per fare una sola cosa essenziale: connettersi. I pezzi LEGO sono progettati per connettersi sopra con perni, alla base con tubi. Secondo questa metafora, se puoi connetterti sopra di te con Dio e fonderti con gli altri sotto, riusicrai ad acquisire la capacità di dare forma al mondo in cui vivi.

    ²Nel film, il Principio Lego Principle rimanda a: 1. BioMattoncini, che vanno a costituire dei circuiti biologici sintetici; 2.Il primo premio delle Competizione per Macchine Geneticamente Modificate a Boston (un grosso mattoncino Lego); 3. I cacciatori che scherzano ricomponendo pezzo per pezzo uno scheletro di mammut (“È come un Lego!”)

    CAST TECNICO

    Regia

    Christian Frei

    Co-regia e fotografia Isole della Nuova Siberia

    Maxim Arbugaev

    Direttore della fotografia

    Peter Indergand

    Direttore della fotografia aggiunto e Assistente alla regia Isole della Nuova Siberia

    Vladimir Egorov

    Montaggio

    Thomas Bachmann

    Assistente al montaggio

    Maria Ulmann

    Musiche

    Max Richter Edward Artemyev

    Registrazione del suono

    Dieter Meyer

    Sound Design e Sound Mix

    Florian Eidenbenz

    Color Grading

    Patrick Lindenmaier

    Assistente alla regia e Coordinatore produzione

    Christina Kerber

    Distribuzione Italiana

    Trent Film

    Produzione

    Martin           Pieper                       ZDF/ARTE Urs Augstburger SWISS NATIONAL TELEVISION SRF

    Silvana Bezzola SWISS NATIONAL TELEVISION RSI

    Produttore esecutivo Russia

    Thomas Ferenc Schmid

    “Olonkho – Eles Bootur”

    Genesis 2.0 si apre con una voce femminile che recita un antico canto epico della città capoluogo della Sacha-Jacuzia, Jakutsk, dal titolo: “Olonkho – Eles Bootur”.

     

    Guarda qui… Guarda qui… Spalle larghe hai!

    Ma stupido sei Forte abbastanza sei Ma imprudente sei.

    Sciocco e sbruffone sei! Ma guardandoti, vedo…

    …non v’è dubbio… quanto bello sei.

    Vieni veramente dalla Sacha!

    Come hai fatto a liberare quel terribile demone? Da quando è diventato Il tuo più caro amico?

    Era troppo tardi per catturarlo passando per quella terra fertile,

    procedendo in un mondo sferzato dal vento, calpestando la bocca

    di un abisso senza fine.

     

    L’UNESCO nel Novembre del 2005 ha dichiarato Olonkho – Eles Bootur “un capolavoro dell’umanità, della tradizione umana orale e intangibile”. Olonkho-Eles Bootur è riportato nella  lista   federale   dei   100   libri   raccomandati   per   letture   extracurricolati. Olonkho – Eles Bootur è un antico canto epico di Jakutsk, un poema che contiene dai 10,000 ai 15,000 versi e viene recitato da cantastorie.

    Il tritaghiaccio: due parole su Genesis 2.0

    Di Livia Bloom Ingram

    “Sei sicuro che sia pelle?” si meraviglia un uomo, scavando in una fossa grigiastra, nella tundra ghiacciata. Fa parte di una squadra di cacciatori che si muove nelle Isole della Nuova Siberia, un desolato arcipelago invernale, in cerca di perfette zanne di mammut sepolte nella neve. Con l’innalzarsi delle temperature, e lo scioglimento del permafrost, queste gigantesche zanne d’avorio sono sempre più esposte alla caccia di cercatori come quelli descritti da Christian Frei in Genesis 2.0. Una grossa zanna di mammut, se perfetta, può valere tra i 45,000 e i 90,000 dollari—lontano dal quasi milione di dollari che potrebbe valere dopo che è stata pulita e modellata in una scultura decorata, ma abbastanza soldi per cambiare la fortuna di un uomo e della sua famiglia. Abbastanza soldi per fargli rischiare acque gelide, grotte claustrofobiche e la sventura che viene predetta per coloro che disturbano i resti di un antico mammut. Abbastanza soldi per spingerlo al limite in cui si rischia la vita.

    Ma non è semplicemente una zanna ciò che quest’uomo potrebbe stringere nella sua mano guantata, è qualcosa di ben più raro: un pezzo di carne di mammut, accompagnato da un rivolo di antichissimo sangue rosso-nerastro che spilla macchiando la neve che la circonda. E questa scoperta non farà solo nascere il sogno di una costosa opera d’arte, ma quella di una bestia riportata alla vita grazie alla genetica, che vive e respira grazie alla clonazione, grazie al DNA di un mammut congelato.

    In Genesis 2.0 Frei ritrova il direttore della fotografia Peter Indergand e aggiunge un nuovo collaboratore: il co-regista Maxim Arbugaev, un giovane regista jakuziano cresciuto nel vicino porto artico di Tiksi, che riprende filmati mozzafiato sulle Isole della Nuova Siberia. Insieme, irradiano il film di un’illuminazione grigia e un’aria palpabile di presagio.

    Il loro stile visivo inquietante evoca il romanzo post apocalittico di Cormac McCarthy The Road, e il relativo adattamento cinematografico di John Hillcoat del 2009; si fa anche riferimento a una certa tradizione giornalistica, come nel documentario di Sven Zellner sui cercatori d’oro nelle miniere in Mongolia, Price of Gold (2012). Dal punto di vista delle musiche, Frei ha precedentemente collaborato con compositori minimalisti tra cui Arvo Pärt e Steve Reich e musicisti jazz come Jan Garbarek; per Genesis 2.0, la colonna sonora di Max Richter e Edward Artemyev aggiunge un’atmosfera profondamente malinconica e ipnotica.

    La geografia di Genesis 2.0 non si limita all’Artico. Frei porta anche gli spettatori nel bizzarro museo russo dove una statua di mammut a grandezza naturale viene accuratamente spolverata per i visitatori; negli ambienti di una conferenza scientifica di biologia sintetica a Boston, dove studenti entusiasti lavorano su ibridi genetici che potrebbero salvare il mondo; nella National GeneBank cinese, gestito dal Beijing Genomics Institute (BGI), in cui i geni sono sequenziati e “la vita diventa big data”; e nel campus aziendale di Sooam Biotech in Corea del Sud, dove gli scienziati – che hanno già clonato centinaia di animali domestici – prendono la vita nelle loro mani.

    Nel corso del film, queste ambientazioni così diverse si accompagnano tra loro, fino a disegnare una specie di mappa in cui gli umani – motivati da una miscela velenosa di ambizione, ossessione e disperazione – stanno lavorando con determinazione, come afferma uno scienziato, “per rendere Dio perfetto”.

    I personaggi di Frei condividono una loro hybris nello sfidare le leggi della natura con una linea illustre di antenati letterari e cinematografici, dalle parabole bibliche ai miti greci, alle leggende del cinema contemporaneo. Il primo a venire in mente è Werner Herzog; si pensi all’aspirante re orso dell’Alaska Timothy Treadwell (Grizzly Man, 2005) o all’aspirante conquistatore amazzonico Lope de Aguirre (inconfondibilmente incarnato dall’altrettanto sfacciato Klaus Kinski ad Aguirre, Furore di Dio, 1972). Allo stesso tempo, Genesis 2.0 aggiunge un nuovo capitolo complesso all’indagine dettagliata che Frei sta conducendo sull’ineguaglianza del reddito, resa ancor più dura da condizioni di sopravvivenza estreme. In Space Tourists (2009), ad esempio, Frei documentava gli astronauti autofinanziati che rischiano la vita (per la scienza), insieme ai poveri spazzini dei detriti missilistici che rischiano la vita (per guadagnarsi da vivere). In War Photographer (2001), riprende il fotoreporter James Nachtwey che rischia la propria vita (per documentare le devastazioni della guerra), giustapposto a quei soggetti così vulnerabili e poveri che Nachtwey immortala, come una famiglia indonesiana che vive tra le rotaie delle ferrovie. A che punto devono arrivare i meno fortunati per trovare un sostentamento a se stessi e ai loro figli? A che punto devono arrivare i più fortunati per giustificare il loro privilegio?

    In Genesis 2.0, Frei concentra il suo occhio attento sui limiti del possibile, del ragionevole, del sicuro e del sano. Quelli che si spingono ai propri limiti sono indomiti e coraggiosi, ma c’è in gioco una forza sotterranea e minacciosa: e quando qualcuno proclama di aver trovato della vera pelle di mammut, c’è da sperare che si sbagli.

    NOTE DI REGIA di Christian Frei

    (Regista, Produttore, e Montatore)

    Da quando esiste, l’umanità si è divisa tra due strategie. Ci barcameniamo tra intelletto e leggenda, logica e demonizzazione, fatto e mito. Le cose si fanno interessanti quando ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo, qualcosa per il quale non abbiamo una regola empirica, qualcosa che non comprendiamo. Le conseguenze sono la curiosità o la resistenza, il desiderio di capire o quello di temere.

    Genesis 2.0 porta lo spettatore in un mondo sconosciuto ed estraneo, che ha poco in comune con la nostra vita quotidiana. È questo a rendere grande un’esperienza al cinema. Per un po’ non abbiamo idea di cosa stiano cercando questi uomini. Non sappiamo cosa li spinga o chi sono. Lentamente ci rendiamo conto che si confrontano con una specie di corsa all’oro. Impariamo a conoscere i loro sogni, speranze e paure mentre vediamo la loro realtà quotidiana e la loro lotta per la sopravvivenza.

    Ma una volta che ci siamo messi comodi e ci sentiamo un po’ più a nostro agio, veniamo scaraventati in un mondo parimenti sconosciuto, ancora più estraneo. All’improvviso queste persone, questi scienziati dediti alla clonazione, entrano in scena. Alla fine capiamo cosa vogliono fare coi mammut. E di nuovo ci dividiamo tra curiosità e resistenza, tra  voler capire e voler demonizzare. Questa è l’idea centrale dietro questo film.

    Il film attira gli spettatori in un mondo arcaico e poi li sorprende con un balzo nel futuro. Tratta di leggende, miti e tabù e ci confronta con la nostra paura di un futuro sconosciuto. Cerca di stuzzicare la curiosità, invitandoci a conoscere e valutare i luoghi in cui si incontrano concetti astratti o tendenti all’incompatibile come pensieri, comportamenti, valutazioni.

    Nel frattempo il film segue il mammut e le persone che sono in qualche modo collegate ad esso. Le loro speranze, conflitti e difficoltà guidano il film. Il film non aspira a dissezionare la futura tecnologia della “Biologia sintetica” o per spiegarla in tutta la sua complessità. Aspira piuttosto a creare interessanti incontri cinematografici tra persone molto diverse, con il mammut come comune denominatore. Alla fine vuole raccontare una storia sul nostro passato, presente e futuro – una storia che appassiona e sorprende che ci spinge a voler capire il nuovo e l’ignoto.

    Il film tratta tutti i protagonisti con lo stesso rispetto, indipendentemente dalle loro visioni e obiettivi, anche quando i loro piani e intenzioni sembrano assurdi e paurosi o troppo fantascientifici. La pellicola si avvicina a tutto con un curioso scetticismo. Fa domande e non condanna. Cerca di comprendere il nuovo e lo strano senza per questo fidarsene. Utopia e distopia, curiosità e scetticismo: questi sono i principali conflitti del nostro film. E lo spirito con cui è costruito.

    NOTE DI REGIA di Maxim Arbugaev

    (Co-regista e Direttore della Fotografia nelle Isole della Nuova Siberia)

    Quando sono andato per la prima volta alle Isole con mia sorella Evgenia, avevo 21 anni. Per 15 anni della mia giovane vita, ho giocato a hockey su ghiaccio professionistico. Molto seriamente. Quando sono venuto sulle Isole, avevo appena finito la mia carriera sportiva. Qualcosa di molto importante era cambiato dentro di me. E quando finalmente abbiamo lasciato le Isole, ero un altro essere umano. L’energia sulle Isole è stata una specie di catalizzatore per la mia vita.

    Mentre giravo sulle Isole, sono diventato parte della “famiglia” di cacciatori di mammut. Insieme abbiamo viaggiato da nord a sud, nella nostra “caccia al tesoro”, camminando centinaia di chilometri nella vastità della tundra infinita. Ho vissuto con i cacciatori come un loro pari. Sono stato così felice di sentire il rispetto di questi uomini. Mi hanno accolto nella loro comunità chiusa. E spero dalle immagini si capisca quanto io sia stato accettato.

    Quelle Isole sono un posto così remoto. Una delle cose che ho gustato immensamente è stata l’idea di essere tagliato fuori dalla civiltà. Mi sono sentito come nei libri che ho letto su quelli che furono, secoli fa, i primi esploratori dell’arcipelago della Nuova Siberia. Non hanno   contatti   con   il    resto   del                                  mondo per molto tempo… per mesi e talvolta anni. Non è molto diverso anche oggi. Kesha, il capo del gruppo di cacciatori, ha usato un telefono satellitare. E anche io ne avevo uno solo per le emergenze. Ai cacciatori è permesso chiamare le loro famiglie solo in occasioni estremamente rare. Possono usare questi preziosi minuti solo per occasioni importanti, come compleanni o rarissimi eventi di famiglia. E la conversazione può durare solo 4-5 minuti. Quanto basta per dire che sono vivi e va tutto bene. Questi minuti sono così preziosi! In qualche modo, le isole sono ancora tagliate fuori dal mondo esterno.

    La lontananza estrema delle Isole si estrinseca nelle difficoltà che ho affrontato per contattare Christian [Frei, il regista n.d.r.]. Il mio vecchio telefono satellitare Iridium non mi ha consentito di collegarmi facilmente a Internet. Abbiamo scambiato delle specie di lettere, che vengono lette da una voce elettronica. Christian e io abbiamo condiviso pensieri e sentimenti. Gli ho parlato dell’effetto che mi facevano le Isole. Christian mi ha raccontato gli effetti che hanno su di lui i laboratori. Siamo stati entrambi d’accordo a usare solo la voce fuori campo veramente necessaria perché il film si raccontasse principalmente attraverso l’osservazione, le immagini.

    I cacciatori sono nativi del Nord, dove si pratica lo sciamanesimo, e si crede negli spiriti della natura. Sono molto attenti e superstiziosi nel loro approccio a queste isole disabitate.

    Sono solo ospiti nelle Isole, gli spiriti li sorvegliano sempre. Un giorno la terra può essere gentile con loro e lasciare che trovino le zanne, e il giorno dopo può essere brutale e distruggerli. Si rendono conto della loro vulnerabilità e hanno paura di fare il passo sbagliato. L’Artico emerge nel film come una creatura con una vita propria, con potenti poteri incomprensibili.

    Prima della “corsa alla zanna” queste persone e i loro antenati erano cacciatori e pescatori. I cacciatori di zanne sono stati allevati in una cultura in cui è permesso uccidere animali solo nella misura necessaria per nutrire la tua famiglia; altrimenti gli spiriti si vendicheranno per la tua avidità.

    Questa filosofia è ora applicata alla caccia delle zanne di mammut. Spira, uno dei nostri protagonisti, ha perso un suo amico sulle Isole: è morto lì 4 anni fa. Spira dice nella sua intervista: “Quando io sento di aver raccolto abbastanza zanne, mi fermo. So che devo pagare un prezzo per ogni zanna, forse non ora, ma quando torno a casa, non sai mai quando l’avidità ti colpirà. A volte il prezzo per una zanna è una vita umana. A volte paghi le zanne con il sangue. “

    BIOGRAFIE – CAST TECNICO E PROTAGONISTI

    Christian Frei (Regista, Produttore e Montatore)

    Il regista e produttore svizzero Christian Frei è considerato uno dei più innovativi e attuali registi di documentari. È stato candidato all’Oscar con The War Photographer (2001) e ha vinto il World Cinema Directing Award al Sundance con Space Tourists (2009). Per la sua ultima impresa ha contattato il regista siberiano Maxim Arbugaev.

    Maxim Arbugaev (Co-regista e Direttore della fotografie Isole della Nuova Siberia)

    Nato nel 1991 a Tiksi, sulla costa dell’Oceano Artico, il regista russo e direttore della fotografia Maxim Arbugaev è cresciuto fino a diventare un giocatore professionista di hockey su ghiaccio. Scoperta la passione per il cinema nella solitudine delle Isole della Nuova Siberia, attualmente studia documentario presso l’Istituto di cinematografia Gerasimov di Mosca. Il suo il debutto alla regia The Hunters (2014) ha ottenuto numerosi riconoscimenti.

    Peter Indergand (Direttore della fotografia)

    I film del regista Christian Frei hanno avuto un ruolo significativo nella carriera di Peter Indergand. Il noto direttore della fotografia svizzero ha ricevuto una nomination agli Emmy per The War Photographer (2001). Il team ha continuato a collaborare con The Giant Buddhas (2005), Space Tourists (2009) e Sleepless in New York (2014). Il lavoro di Indergand include la collaborazione con registi come Markus Imhoof, Marcel Gisler, Christoph Schaub e molti altri.

    Thomas Bachmann (Montatore)

    Il montatore svizzero Thomas Bachmann ha contribuito a numerosi cortometraggi e lungometraggi, fiction e documentari, incluso il cortometraggio nominato all’Oscar On the Line (2007). Il il documentario Electroboy (2014), con il suo provocatorio montaggio, gli è valso in Svizzera il Premio cinematografico per il miglior montaggio. Il lavoro di Bachmann include la collaborazione con registi come Markus Imhoof, Marcel Gisler e Reto Caffi tra molti altri.

    Peter Grigoriev

    Nato e cresciuto nella Repubblica siberiana di Sacha-Jakuzia, Peter Grigoriev è cresciuto a Kazachye, un piccolo villaggio principalmente abitato da cacciatori di zanne di mammut. Dopo aver frequentato la facoltà di Storia e Legge alla Università Statale della Sacha-Jacuzia da un po’ di tempo è diventato un cacciatore di zanne di mammut. Da anni ormai sperimenta le sfide della ricerca dell’oro bianco su tutte le quattro Isole dell’Arcipelago della Nuova Siberia.

    Semyon Grigoriev

    Il fratello di Peter, Semyon Grigoriev, è una specie di paleontologo alla Indiana Jones, e capo del Mammoth Museum dell’Università Federale Nord Orientale di Jakutsk. Il permafrost jakuziano è un enorme frigorifero evolutivo. Nei favolosi magazzini e laboratori del suo museo, si propone di riportare alla vita i mammut lanosi, affiancato dalla moglie e ricercatrice Lena Grigorieva.

    George Church

    Il genetista americano George Church, professore alla Harvard Medical School, ha avuto una rivelazione, che ha determinato il suo percorso professionale, quando ha partecipato alla International World’s Fair all’età di dieci anni. Affascinato dalla scienza e dall’ingegneria, vuole creare il futuro. Dedica la sua vita alla ricerca ed è uno dei più grandi a appassionati visionari nel campo della biologia sintetica.

    Spira Sleptsov

    Nato nel piccolo villaggio russo di Tumat, a un passo dal Circolo Polare Artico, Spira Sleptsov ha dovuto lasciare il villaggio a causa della disoccupazione. Dopo essere arrivato nella città di Pokrovsk, padre di due figli, ha trovato lavoro come fuochista in una centrale a carbone. In seguito, grazie alla chiamata del suo ex compagno di classe Vlad e all’incoraggiamento di suo padre, nella primavera del 2015 si è azzardato a unirsi ai cacciatori di zanne. Affronta le dure condizioni delle remote Isole della Nuova Siberia per la prima volta nella sua vita..

    Woo Suk Hwang

    Il coreano Woo Suk Hwang è diventato un eroe nazionale nel 2005 e poco dopo ha sperimentato la crudele rovina nella sua carriera quando la sua ricerca sulle cellule staminali è stata considerata una frode. Imperturbabile, con l’aiuto dei suoi sostenitori, ha smentito le voci diffuse sulla fine della sua carriera, lanciando Sooam Biotech. Ad oggi Sooam ha clonato oltre 900 cani ed è l’unica azienda di grandi dimensioni, a livello mondiale, in grado di clonare animali a scopi commerciali

    AL CINEMA DAL 24 SETTEMBRE 2020 

    FONTE UFFICIO STAMPA DI MILLA MACCHIAVELLI

    biologia sintetica Christian Frei Isole della Nuova Siberia Maxim Arbugaev permafrost Peter Indergand Siberia sopravvivenza
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