- Cosa: Una selezione di 52 capolavori dell’arte europea, da Van Gogh a Picasso, provenienti dal Detroit Institute of Arts.
- Dove e Quando: Roma, Museo dell’Ara Pacis. Dal 4 dicembre 2025 al 3 maggio 2026.
- Perché: Un’occasione rara per ammirare in Italia opere che hanno segnato la rivoluzione artistica tra Ottocento e Novecento, normalmente custodite negli USA.
L’arte moderna europea fa scalo a Roma in un evento espositivo di respiro internazionale che promette di ridefinire la stagione culturale della Capitale. Il Museo dell’Ara Pacis apre le porte a una collezione straordinaria, frutto di un dialogo transoceanico con una delle istituzioni museali più prestigiose degli Stati Uniti: il Detroit Institute of Arts. La mostra, intitolata Impressionismo e oltre, non è una semplice rassegna di nomi celebri, ma un viaggio strutturato e profondo attraverso cinquant’anni di rivoluzioni visive che hanno cambiato per sempre il nostro modo di percepire la realtà.
Dai primi fremiti dell’Impressionismo fino alle tensioni drammatiche dell’Espressionismo tedesco, il percorso espositivo offre al pubblico cinquantadue opere selezionate con cura. L’arrivo di questi capolavori in Italia rappresenta un momento cruciale per studiosi e appassionati, poiché molte di queste tele furono acquisite dal museo americano poco dopo la loro esecuzione, testimoniando una lungimiranza collezionistica che ha permesso di preservare e valorizzare l’arte europea oltreoceano. Roma Capitale, attraverso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e in collaborazione con MondoMostre, offre così una narrazione visiva che intreccia la storia dell’arte con la storia del collezionismo.
La luce che cambia tutto: dai Realisti agli Impressionisti
Il percorso espositivo prende avvio dalla metà del XIX secolo, un momento spartiacque per la pittura francese ed europea. È l’epoca in cui gli artisti decidono di abbandonare le sicurezze accademiche, le pose statuarie e i soggetti mitologici per immergersi nel flusso caotico e vitale della vita moderna. Seguendo l’esortazione poetica di Charles Baudelaire a dipingere la “vita contemporanea”, pittori come Edgar Degas e Pierre-Auguste Renoir portano sulla tela la verità del quotidiano. La mostra documenta magistralmente questo passaggio: la luce non è più un elemento accessorio, ma diventa la vera protagonista dell’opera, capace di sfaldare i contorni e di restituire l’impressione ottica di un istante irripetibile.
In questa sezione, il visitatore si trova al cospetto di opere emblematiche che definiscono il canone impressionista. Spicca la Donna in poltrona (1874) di Renoir, scelta non a caso come immagine guida dell’intera esposizione per la sua capacità di sintetizzare l’eleganza e la freschezza di quella stagione pittorica. Accanto a lui, le opere di Degas e il celebre Bagnanti di Paul Cézanne mostrano come la ricerca non fosse univoca, ma sfaccettata: se da un lato c’era la dissoluzione della forma nella luce, dall’altro iniziava a emergere, proprio con Cézanne, un bisogno di solidità geometrica che avrebbe poi aperto le porte al Cubismo. La presenza di opere più tarde di Camille Pissarro e Alfred Sisley, affiancate a quelle del tedesco Max Liebermann, dimostra inoltre come la lezione impressionista abbia superato i confini francesi, influenzando la pittura europea ben oltre il termine canonico del movimento.
Parigi capitale del mondo: dal Post-impressionismo alle Avanguardie
Proseguendo nel racconto cronologico, la mostra affronta la crisi e il superamento dell’Impressionismo. Dopo il 1886, anno dell’ultima mostra del gruppo storico, la pittura subisce un’accelerazione improvvisa. È la fase che il critico Roger Fry definì “Post-impressionismo”, dove l’obiettivo non è più solo registrare l’apparenza della realtà, ma esprimere un’interiorità o costruire una nuova visione autonoma. Qui entrano in scena i giganti che hanno traghettato l’arte nel XX secolo. Le due opere di Vincent Van Gogh esposte sono un esempio lampante di come la pennellata diventi un sismografo delle emozioni dell’artista, vibrante e materica, staccandosi definitivamente dalla mimesi naturalistica.
Il cuore di questa sezione è dedicato alla Parigi dei primi del Novecento, vero e proprio laboratorio della modernità. La mostra cala i suoi assi con Henri Matisse e Pablo Picasso. Di Matisse, i tre dipinti presenti raccontano l’evoluzione dal rigore geometrico a una pittura più distesa e sensuale, dove il colore è liberato da ogni vincolo descrittivo. Ancora più complesso è il focus su Picasso: con sei opere, l’esposizione traccia una parabola che va dal periodo rosa al Cubismo, fino alla monumentalità delle figure degli anni Venti. A completare questo affresco parigino contribuiscono le opere di Amedeo Modigliani e Chaïm Soutine, esponenti di quella École de Paris che fece della capitale francese il rifugio di artisti “maledetti” e geniali, e le tele cubiste di Juan Gris e dell’unica donna in mostra, María Blanchard.
L’Espressionismo e lo sguardo tedesco
L’ultima sezione della mostra rappresenta una preziosa rarità per il pubblico italiano, spesso abituato a percorsi focalizzati quasi esclusivamente sulla pittura francese. Grazie alla lungimiranza di Wilhelm R. Valentiner, direttore del Detroit Institute of Arts dal 1924 al 1945, il museo americano possiede una delle collezioni più importanti di arte tedesca del primo Novecento. Questa parte dell’esposizione è densa di drammaticità e forza espressiva, riflettendo le tensioni sociali e politiche che hanno attraversato la Germania tra le due guerre mondiali.
Qui il linguaggio si fa aspro, i colori acidi, le forme taglienti. Si ammirano le opere dei maestri dei gruppi Die Brücke (Il Ponte) e Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro), come Wassily Kandinsky, Max Pechstein e Lyonel Feininger. Ma è forse nelle opere del dopoguerra che si tocca l’apice dell’intensità emotiva: la Germania sconfitta e ferita è raccontata attraverso i volti duri dipinti da Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff. A chiudere idealmente il cerchio è l’autoritratto del 1945 di Max Beckmann, un’opera che, realizzata nell’anno della fine del secondo conflitto mondiale, diventa un documento storico di incertezza e resilienza, proiettando l’arte verso le inquietudini della contemporaneità.
Info utili
- Orari: Tutti i giorni 9.30-19.30. Il 24 e 31 dicembre 9.30-14.00. Il 1° gennaio 2026 11.00-20.00. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Chiuso il 25 dicembre e 1° maggio.
- Biglietti: Intero € 15,00 – Ridotto € 13,00 (Prevendita € 1,00).
- Indirizzo: Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta (angolo via Tomacelli) – 00186 Roma.
- Accessibilità: Previsti percorsi multisensoriali, video LIS, visite tattili e con interpreti LIS gratuite.
(Foto: Edgar Degas, “Dancers in the Green Room”)
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