L’origine affettiva della persona
Ogni essere umano comincia a formarsi dal primo giorno di vita non solo fisicamente, ma anche affettivamente. Nei gesti, nei toni della voce, nella presenza costante o intermittente di chi si prende cura di lui, un bambino inizia a costruire la propria grammatica delle emozioni.
In questa fase, la famiglia rappresenta il primo e più importante contesto educativo. Ma è sufficiente? Possiamo davvero affidare alla sola dimensione privata un aspetto tanto cruciale per la costruzione della persona? E della società nella sua forma più determinante, ovvero quella di relazione?

La lingua madre come metafora: imparare ad amare e rispettare come si impara a parlare e scrivere
Pensiamo alla lingua. Tutti impariamo a parlare in famiglia, sin dai primi mesi. Acquisiamo parole, strutture, accenti. Quando si arriva a scuola si conosce già la propria lingua e la si parla correntemente. Ma è a scuola, generalmente intorno ai 6 anni, che iniziamo a studiare la nostra stessa lingua in modo tecnico e sistematico.
Perché ho scelto proprio questo esempio? Perché la lingua è uno strumento di comunicazione e, quindi, uno strumento sociale. E non solo: è anche un patrimonio culturale, uno specchio del pensiero, un elemento fondante dell’identità. La lingua corrente, che usiamo ogni giorno, è viva e si modifica con i tempi, eppure ha delle regole da conoscere e rispettare per essere usata. A scuola impariamo, appunto, le regole, correggiamo gli errori, affiniamo la nostra capacità di esprimerci. Questo processo non toglie tutte le emozioni che sono legate al nostro lunguaggio. Anzi, offre strumenti per esplorarne altre, con parole e poesie.
La lingua che abbiamo imparato a casa non viene delegittimata. Ciò che ci è stato insegnato e trasmesso in casa entra nel mondo dei nostri affetti e ricordi. Ma se ci sono errori grossolani di sintassi, verranno corretti: il risultato è un processo che amplia, arricchisce il linguaggio e le possibilità di comprensione e comunicazione.
Trovo un perfetto allineamento con ciò che dovrebbe fare un’educazione affettiva a scuola.
Una sintassi delle emozioni: perché l’educazione affettiva deve essere obbligatoria nelle scuole
Sì, l’educazione affettiva dovrebbe seguire lo stesso principio. È vero che le emozioni si imparano in casa, che i modelli affettivi si trasmettono nel quotidiano familiare. Ma è altrettanto vero che non tutte le famiglie hanno gli strumenti, il tempo, o la consapevolezza necessari a trasmettere modelli sani e rispettosi. Se in famiglia si apprendono relazioni disfunzionali, ruoli stereotipati, dinamiche tossiche, chi correggerà il tiro? Il migliore strumento che abbiamo a disposizione per questo è la scuola. Come fa con la grammatica, dovrebbe intervenire con metodo, strumenti e consapevolezza.
Insegnare una sintassi linguistica, non significa dire ad uno studente “cosa scrivere” o “cosa pensare” o “quali parole scegliere”. Significa dare gli strumenti corretti per scrivere, esprimere pensieri e raccontare.
Allo stesso modo l’educazione affettiva dovrebbe insegnare l’empatia, il consenso, il rispetto reciproco. Offrire una sintassi delle emozioni, una struttura relazionale da cui partire per costruire adulti più consapevoli e responsabili.
Non si tratta di imporre modelli, ma di fornire strumenti per costruire relazioni sane, di qualunque tipo esse siano.
Un investimento generazionale: il dovere di insegnare l’affettività
Come per la lingua, anche nell’educazione affettiva il sapere si trasmette, si affina e si emancipa attraverso le generazioni. Il figlio di analfabeti può imparare a leggere e scrivere, ma per avere un letterato, uno scrittore o un poeta potrebbe volerci più di una generazione (anche se il genio è sempre imprevedibile).
Lo stesso vale per la capacità di costruire relazioni affettive sane e paritarie. Forse non basterà una generazione per cambiare una mentalità, ma solo con l’obbligo scolastico si fa un investimento sulle generazioni future. L’obbligatorietà scolastica è ciò che ha permesso a tanti di emanciparsi culturalmente.
Oggi, possiamo e dobbiamo applicare lo stesso principio all’affettività. Perché una scuola che insegna a rispettare se stessi e gli altri, che aiuta a decostruire modelli sbagliati, che insegna a riconoscere e comunicare le emozioni, è una scuola che investe nel futuro di tutti.