Cosa: I volti della povertà in carcere, mostra fotografica e incontro pubblico.
Dove e Quando: Basilica di Santa Maria in Trastevere, Roma. Dal 27 dicembre al 9 gennaio. Perché: Un’indagine visiva profonda sulla marginalità e la dignità umana dentro le mura penitenziarie.
La Capitale si ferma a riflettere su una realtà spesso invisibile, situata ai margini della consapevolezza sociale ma centrale nel dibattito sulla dignità umana. Dal 27 dicembre al 9 gennaio, la cornice solenne della Basilica di Santa Maria in Trastevere ospita un’esposizione che promette di scuotere le coscienze: I volti della povertà in carcere. Non si tratta di una semplice galleria di immagini, ma di un vero e proprio dispositivo narrativo che porta nel cuore di Roma il respiro affannoso e le speranze residue di chi vive dietro le sbarre. Il progetto nasce da un’intensa ricerca condotta all’interno della casa circondariale di San Vittore, trasformando il disagio individuale in un messaggio universale di resilienza e umanità.
Attraverso lo sguardo dei curatori e la forza evocativa degli scatti, il visitatore è invitato a compiere un viaggio interiore che parte dalla periferia dell’esistere per giungere al centro del dibattito pubblico. La scelta di un luogo di culto così iconico per la cristianità e per la storia romana non è casuale: la basilica diventa il ponte tra il “dentro” e il “fuori”, offrendo asilo a storie che altrimenti rimarrebbero confinate nel silenzio delle celle. L’iniziativa si configura dunque come un’occasione preziosa per interrogarsi sul senso della pena e sulla necessità di una giustizia che non sia solo punitiva, ma anche restitutiva.
Un’estetica della verità tra bianco e nero
Le fotografie che compongono il percorso espositivo, tratte dal volume omonimo di Matteo Pernaselci e Rossana Ruggiero edito da EDB, sono rigorosamente in bianco e nero. Questa scelta stilistica non risponde a una semplice ricerca formale, ma serve a spogliare l’immagine di ogni distrazione cromatica per concentrarsi sull’essenziale: l’espressione di un volto, la tensione di una mano, lo squallore di un corridoio. La povertà raccontata in queste opere supera la dimensione economica; è una povertà relazionale, fatta di distanze incolmabili e di tempo che scorre senza produrre cambiamento.
Le immagini dialogano con il silenzio della Basilica, creando un contrasto potente tra la bellezza dei mosaici e la crudezza dei contesti penitenziari. Ogni scatto è una testimonianza di resistenza e di una dignità ostinata che non si lascia piegare dalla privazione della libertà. Il visitatore è spinto a guardare negli occhi i protagonisti, abbattendo quel muro di pregiudizio che spesso circonda la figura del detenuto. In questo senso, l’arte fotografica diventa uno strumento di mediazione sociale, capace di restituire identità a chi è stato ridotto a un numero di matricola.
Il carcere come specchio della società
La mostra sottolinea come il carcere non sia un mondo a parte, ma uno specchio fedele delle fragilità che abitano la nostra società. La solitudine e le ferite emotive ritratte nelle foto sono le stesse che, in forme diverse, colpiscono molte periferie esistenziali. Esporre queste tematiche in un luogo di passaggio quotidiano per turisti e residenti significa trasformare la visione in responsabilità collettiva. Le storie di chi abita il carcere di San Vittore diventano così paradigmatiche di una condizione umana che richiede ascolto e presenza, oltre che interventi strutturali.
Il percorso espositivo si snoda tra frammenti di quotidianità negata e spiragli di speranza, ricordandoci che la missione rieducativa della pena, sancita dalla Costituzione, passa inevitabilmente attraverso il mantenimento di un legame con la comunità esterna. Le foto di Matteo Pernaselci e Rossana Ruggiero funzionano come un archivio della memoria presente, un monito a non dimenticare che dietro ogni sbarramento fisico esiste una persona con un passato e, potenzialmente, un futuro da ricostruire.
L’incontro finale: il dialogo tra istituzioni e vissuto
Il culmine di questo percorso di riflessione si terrà giovedì 9 gennaio, alle ore 18:00, con un grande incontro pubblico che chiuderà ufficialmente l’esposizione. L’evento non vuole essere un tradizionale convegno accademico, ma un momento di confronto diretto tra chi il carcere lo vive, chi lo gestisce e chi ne monitora i diritti. Saranno presenti gli autori e figure chiave come Marina Finiti, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma, e Giacinto Siciliano, Provveditore Regionale del Lazio.
Particolarmente significativa sarà la partecipazione di alcuni detenuti del Carcere di Rebibbia, che porteranno la loro viva voce all’interno della Basilica, dialogando con esponenti della Chiesa e della società civile, tra cui Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio. Questo appuntamento finale rappresenta l’applicazione pratica della filosofia che anima la mostra: trasformare l’osservazione passiva in partecipazione attiva, creando uno spazio di parola dove la vulnerabilità possa essere espressa senza paura e trasformarsi in una proposta di cambiamento per l’intero sistema Paese.
Info utili
- Luogo: Basilica di Santa Maria in Trastevere, Piazza di Santa Maria in Trastevere, Roma.
- Date: Dal 27 dicembre al 9 gennaio.
- Incontro pubblico: Giovedì 9 gennaio ore 18:00.
- Orari: Accessibile durante l’orario di apertura della Basilica.
- Ingresso: Gratuito.
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