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Serie A: JUVENTUS – LAZIO 2-1

Reja e Delneri, anche un passato da tecnico e giocatore nella stessa squadra, si conoscono benissimo e non provano il giochino della pretattica. Tutto come te lo aspetti, in una scacchiera dai tanti duelli, i più interessanti concentrati su un’unica fascia: Krasic contro Cavanda (il sostituto di Radu), Sorensen contro Zarate. Sfide personali a parte, sono le giocate da palla inattiva a determinare il tabellino del primo tempo. Chiellini sfrutta la sua con un colpo di testa ravvicinato, la replica di Zarate, che su un errore di Storari in uscita (il peso dei tanti complimenti si fa sentire) pareggia con un destro in mischia. Riduttivo però condensare il primo tempo sui gol. Succedono parecchie altre cose. La Juve sciorina una manovra tutto sommato all’altezza: le percussioni a destra, alternate ai tagli per vie centrali di Krasic, creano parecchi problemi alla retroguardia della Lazio. Il serbo incide quando conclude in prima persona (pallonetto con palla alta di poco), ma spesso il beneficiario delle sue giocate è Quagliarella: la punta una volta non inquadra la porta, un’altra trova il corpo di Biava sul destro a colto sicuro. Inoltre ci sono le battute di Aquilani: palla stampata sulla traversa su punizione e sollecitazione dei riflessi di Muslera con un destro dalla distanza. La Lazio comunque non fa da spettatrice. I romani dettano i ritmi del gioco, poi accelerano improvvisamente: un contropiede uno contro uno Floccari-Bonucci, con destro appena fuori misura, la migliore chance. La ripresa, almeno per trequarti, fornisce meno emozioni. Strategicamente, Delneri mostra più voglia di vittoria con l’inserimento di Pepe per Marchisio, mentre è nella norma il cambio di Quagliarella con Del Piero. In realtà Muslera deve fare attenzione solo sulle battute dalla media distanza di Pepe e Aquilani. Reja non muta atteggiamento, anche se la Lazio sembra uscire bene nel finale: Zarate conclude debolmente da ottima posizione, imitato poco dopo da Hernanes. Sembrano gli ultimi fuochi, il pari sembra ormai scolpito, poi Sissoko, entrato da pochi minuti, inventa un cambio di gioco che Krasic trasforma in oro.

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