Cosa: Lo spettacolo teatrale In nome della madre, tratto dal romanzo di Erri De Luca.
Dove e Quando: Al Teatro Torlonia di Roma, dall’8 all’11 gennaio 2026.
Perché: Una rilettura laica e poetica della maternità di Maria, interpretata da una delle attrici più intense del panorama italiano.
L’apertura della stagione di gennaio al Teatro Torlonia si tinge di una spiritualità antica e profondamente umana con la messa in scena di In nome della madre. Il testo, firmato da Erri De Luca, abbandona i dogmi della tradizione religiosa per esplorare il mistero della nascita attraverso gli occhi di una giovane donna della Galilea. Diretta da Gianluca Barbadori, la pièce vede come protagonista assoluta Galatea Ranzi, chiamata a dare corpo e voce a una figura femminile che sfida le convenzioni del suo tempo con la sola forza della verità e dell’amore.
Si tratta di un appuntamento di grande spessore culturale che riporta al centro del dibattito scenico il tema della maternità intesa come atto di coraggio estremo. La narrazione non si limita a ripercorrere le tappe di una storia universalmente nota, ma scava nell’intimità di una ragazza che si trova a gestire un destino più grande di lei, trasformando un evento sovrannaturale in una cronaca di vita vissuta, fatta di polvere, dubbi, viaggi faticosi e una dignità incrollabile di fronte al giudizio della comunità.
Una visione laica tra poesia e storia
Il lavoro di Erri De Luca su questo testo nasce da un profondo rispetto per le fonti originali, ma si muove su un binario parallelo a quello puramente dottrinale. L’autore ha attinto a oltre un decennio di studi biblici, consultando il Talmud e i resoconti degli storici romani, per costruire una cornice narrativa che fosse prima di tutto credibile e storicamente densa. Tuttavia, l’obiettivo non è mai stato quello di una ricostruzione storiografica asettica, bensì quello di narrare “qualcosa che non c’è”: una versione della storia di Maria che ne esaltasse l’aspetto più autentico e vulnerabile.
In questo adattamento, la lingua utilizzata è quella tersa e musicale della poesia, capace di trasformare il quotidiano in eterno. La gravidanza di Miriàm – nome aramaico di Maria – viene descritta come un’esperienza solitaria eppure universale. La scelta della regia di affidare questo ruolo a Galatea Ranzi sottolinea la volontà di offrire una recitazione delicata ma incisiva, capace di trasmettere la “Grazia” che permea l’intero scritto, un termine che qui assume una valenza non solo religiosa ma estetica e morale, legata alla bellezza della verità difesa contro ogni menzogna.
Il coraggio di Iosef e la forza del silenzio
Un elemento centrale della narrazione è il rapporto tra Miriàm e Iosef, il suo promesso sposo. In un’epoca e in una terra dove il sospetto di adulterio portava inevitabilmente alla lapidazione, la figura di Iosef emerge come un pilastro di silenziosa rivoluzione. Dopo un sogno premonitore, l’uomo decide di sfidare i benpensanti di Nazaret e le rigide leggi del tempo, confermando le nozze e assumendosi la responsabilità di una paternità che va oltre il legame di sangue. È un esempio di amore che si fa scudo, una complicità che permette alla protagonista di vivere il proprio mistero senza piegarsi alla paura.
La tensione drammatica cresce quando agli affanni personali si aggiungono le pressioni politiche: gli occupanti romani indicono un censimento, costringendo la coppia a un viaggio lungo e pericoloso proprio a ridosso del parto. Questa sezione del racconto mette in luce la precarietà di due giovani sposi in cammino, trasformando la loro odissea in una metafora della condizione umana, tra la fatica del presente e la speranza di un futuro radioso. La forza della donna, in questo contesto, non è mai gridata ma risiede nella sua consapevolezza e nella sua capacità di accettare un destino che cambierà per sempre il corso della storia.
Un incontro intimo con il pubblico
La messa in scena curata da Gianluca Barbadori mira a creare uno spazio di condivisione profonda, quasi un rito laico che annulla la distanza tra palco e platea. La Miriàm che incontriamo in scena è una donna ormai adulta, che guarda indietro al proprio vissuto con una consapevolezza matura. Non ci sono fronzoli o eccessi scenografici; tutto è affidato alla parola e all’interpretazione, invitando lo spettatore a riflettere sul messaggio di speranza e coraggio che la protagonista ha deciso di tramandare.
Il coinvolgimento del Teatro Biondo di Palermo nella produzione, insieme alla collaborazione con AMAT e il patrocinio della Regione Marche, testimonia l’importanza di questo progetto che unisce diverse realtà del territorio nazionale sotto il segno della qualità artistica. In nome della madre si rivela così uno spettacolo capace di commuovere trasversalmente credenti e non credenti, ponendo domande fondamentali sulla natura umana e sulla potenza generatrice delle donne, capaci di farsi portatrici di un cambiamento epocale nel silenzio di una grotta o lungo le strade polverose della Galilea.
Info utili
- Date: Dall’8 all’11 gennaio 2026
- Orari: Tutte le sere ore 20.00 | Domenica ore 18.00
- Luogo: Teatro Torlonia, Roma
- Produzione: Teatro Biondo Palermo in collaborazione con soc. coop. Ponte tra Culture / AMAT
