- Cosa: “Stabat Mater”, spettacolo di Antonio Tarantino con Fabrizia Sacchi e la regia di Luca Guadagnino.
- Dove e Quando: Teatro del Lido di Ostia, sabato 13 dicembre alle ore 19:00.
- Perché: È l’attesa prima regia teatrale del celebre cineasta, un evento che unisce cinema e teatro nella periferia romana.
L’incontro tra il grande cinema internazionale e la drammaturgia contemporanea italiana trova una sintesi inaspettata e potente sul litorale romano. Il Teatro del Lido di Ostia si prepara ad accogliere un evento di rilievo assoluto nel panorama culturale della capitale: la prima regia teatrale di Luca Guadagnino. Il regista, ormai icona di un cinema raffinato e globale, ha scelto di misurarsi con la dimensione scenica dirigendo Stabat Mater, un testo viscerale di Antonio Tarantino.
A dare corpo e voce a questa opera complessa sarà Fabrizia Sacchi, attrice dalla sensibilità poliedrica, chiamata a interpretare un monologo che è al contempo una preghiera laica e un urlo di dolore. La produzione, curata da Argot Produzioni insieme a Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito, rappresenta un momento di convergenza artistica di alto profilo, inserito nella programmazione dei Teatri in Comune. Non si tratta solo di uno spettacolo, ma di una dichiarazione d’intenti: portare l’eccellenza artistica fuori dai confini tradizionali del centro storico, valorizzando gli spazi culturali che operano quotidianamente sul territorio.
La voce di Maria Croce: un lamento in napoletano
Il cuore pulsante dello spettacolo è la figura di Maria Croce, la protagonista assoluta di questo monologo che oscilla tra ferocia e lirismo. Antonio Tarantino ha disegnato un personaggio femminile monumentale nella sua disperazione quotidiana: una donna sola, emigrante dal sud che si ritrova a Torino, in un contesto estraneo e spesso ostile. La sua voce non è educata o contenuta; è un flusso di coscienza che, come riportato nelle note di regia, “urla e vomita al mondo” tutto il suo dolore. Il bersaglio principale delle sue invettive, che nascondono un amore straziante, è “Giuvà”, l’uomo della sua vita, assente e presente allo stesso tempo nei suoi pensieri ossessivi.
La scelta linguistica è fondamentale per comprendere la natura dell’opera: Maria si esprime nel suo dialetto, un napoletano verace che diventa lingua dell’anima. Lo fa con una grazia paradossale, intrisa di sarcasmo e di una “popolana irriverenza”. La scrittura di Tarantino è descritta come compatta e concentrica, caratterizzata da malaproprismi e commistioni linguistiche, con frasi che si ripetono in loop ipnotici. In questa litania che diverte e agghiaccia allo stesso tempo, Maria non risparmia nessuno. La sua è una denuncia contro una società che la vuole vittima, ma alla quale lei risponde con la forza della sua natura, pronta ad agire di conseguenza quando la verità sul mistero della vita di suo figlio verrà finalmente a galla.
Dal grande schermo al palcoscenico: lo sguardo di Guadagnino
L’attesa per questo allestimento è catalizzata inevitabilmente dalla figura di Luca Guadagnino. Regista, sceneggiatore e produttore che ha saputo conquistare Hollywood mantenendo un’identità autoriale fortissima, Guadagnino porta a teatro la sua nota attenzione per l’estetica e il dettaglio. Dopo aver ottenuto riconoscimenti globali con pellicole come Io sono l’amore e Chiamami col tuo nome (premio Oscar per la sceneggiatura), e dopo i recenti successi di critica per Challengers e Queer, il regista accetta la sfida del palcoscenico. Non è un passaggio casuale, ma parte di un percorso artistico che vede Guadagnino esplorare parallelismi tra cinema e teatro, lavorando contemporaneamente a un progetto cinematografico ispirato a Camere separate di Tondelli.
La regia di Guadagnino, coadiuvata da Stella Savino, promette di non tradire la sua cifra stilistica: l’eleganza visiva e la capacità di scavare nelle dinamiche del desiderio e dell’identità. Tuttavia, il teatro impone regole diverse. Qui non c’è la mediazione della macchina da presa, ma la nuda presenza dell’attrice. La sfida per il regista è tradurre la “scrittura forte” di Tarantino in un’azione scenica che mantenga la tensione emotiva tipica dei suoi film, lavorando sulla carne viva dell’interpretazione di Fabrizia Sacchi. È un esperimento affascinante vedere come un maestro dell’immagine in movimento gestirà la staticità apparente di un monologo, trasformando la parola in visione.
Il significato universale dello Stabat Mater
Il titolo stesso dell’opera evoca una dimensione sacra e ancestrale. Lo Stabat Mater è, nella tradizione cristiana, la preghiera medievale che descrive Maria di Nazareth ai piedi della croce. È il topos letterario e artistico per eccellenza del dolore materno, la rappresentazione della sofferenza estrema vissuta con dignità. L’opera di Tarantino, e la messa in scena di Guadagnino, recuperano questo archetipo per calarlo in una realtà brutalmente laica e contemporanea.
La “Madre” di Tarantino è, sì, una figura che rimanda all’iconografia religiosa, ma è soprattutto il simbolo universale di una maternità costretta a vivere l’innaturale: vedere il proprio figlio morire. Questa condizione di sofferenza, spogliata però della retorica ecclesiastica e rivestita dei panni logori di una donna del popolo, diventa un atto di accusa e di resistenza. La sacralità si trasferisce dall’episodio evangelico alla tragedia umana di una donna dimenticata dalla società, rendendo il suo dolore non meno potente di quello della Vergine. In questo cortocircuito tra alto e basso, tra preghiera latina e imprecazione dialettale, risiede la forza drammaturgica che il pubblico del Teatro del Lido potrà sperimentare.
Info utili
- Titolo: Stabat Mater
- Autore: Antonio Tarantino
- Regia: Luca Guadagnino (con Stella Savino)
- Cast: Fabrizia Sacchi
- Luogo: Teatro del Lido, Via delle Sirene 22, Ostia (Roma)
- Data e Orario: Sabato 13 dicembre, ore 19:00
- Biglietti: Disponibili online su circuito Vivaticket

