- Cosa: “Le cose che non possiamo dimenticare”, installazione di Light Art, mostre e performance.
- Dove e Quando: Ingresso Metro Rebibbia (Roma), dal 12 al 14 dicembre.
- Perché: Un’opera monumentale trasforma uno snodo urbano in luogo di ascolto tra il “dentro” e il “fuori”.
La stazione della metropolitana non è solitamente un luogo in cui ci si sofferma. È un punto di passaggio, un non-luogo fatto di fretta e distrazione. Eppure, per tre giorni a dicembre, l’ingresso della stazione di Rebibbia cambierà volto e funzione, trasformandosi in una soglia vibrante di significato e memoria. Il progetto Le cose che non possiamo dimenticare nasce proprio da una domanda semplice ma devastante: “Cos’è che non potrai mai dimenticare?”. Questa interrogazione, rivolta a chi vive l’esperienza della reclusione, diventa il motore di un evento che trascende la semplice esibizione artistica per diventare un vero e proprio atto di urbanistica sociale, volto a ricucire, almeno emotivamente, la distanza tra la città libera e l’universo penitenziario.
L’iniziativa, promossa da Roma Capitale e vincitrice dell’avviso pubblico “Artes et Iubilaeum”, si inserisce in un contesto di riqualificazione culturale che guarda al Giubileo ormai alle porte. Non si tratta solo di estetica, ma di etica. Portare l’arte sulla soglia del carcere, in uno spazio pubblico frequentato quotidianamente da migliaia di pendolari, significa forzare lo sguardo distratto della metropoli a posarsi su una realtà spesso rimossa. Rebibbia smette così di essere solo un capolinea sulla mappa della mobilità per diventare un punto di incontro, dove le voci degli “invisibili” trovano una cassa di risonanza luminosa e potente, capace di superare le mura di cinta senza abbatterle fisicamente, ma rendendole trasparenti allo sguardo dell’anima.
Una croce di luce come varco narrativo
Il cuore pulsante dell’intero progetto è l’opera monumentale di Angelo Bonello, artista noto a livello internazionale per la sua capacità di rimodellare il paesaggio urbano attraverso la Light Art. Bonello ha eretto una grande croce LED, alta ben sei metri, che domina l’ingresso della metropolitana. È fondamentale, tuttavia, non fermarsi alla prima interpretazione iconografica: l’artista stesso chiarisce che non si tratta di un simbolo religioso o di un monumento alla fede. Questa struttura luminosa è concepita come un “varco”, una ferita di luce che si apre nell’oscurità o, meglio, nell’indifferenza dello spazio cittadino. È un’apparizione inattesa che costringe il passante a fermarsi e a interrogarsi.
Sulla superficie di questa installazione scorrono parole e volti. Sono le testimonianze dirette dei detenuti, raccolte attraverso un lavoro empatico e corale che ha coinvolto l’artista e il suo team direttamente all’interno della struttura penitenziaria. Le luci LED non servono ad abbellire, ma a trasmettere messaggi, frammenti di memoria, assenze e speranze. Si crea così uno scambio simmetrico e profondo: i detenuti osservano il mondo attraverso questo “taglio” luminoso, e il mondo, a sua volta, li osserva. L’opera non chiede indulgenza o pietismo, ma rivendica il diritto all’ascolto. In un’epoca di comunicazione veloce e superficiale, l’installazione di Bonello ci ricorda che una società civile si misura anche dalla qualità dello sguardo che riserva a chi ha commesso degli errori, offrendo un’opportunità di riconoscimento umano prima ancora che sociale.
Memorie visive e racconti disegnati
Accanto alla potenza effimera della luce, il progetto si radica nella concretezza dell’immagine fotografica grazie al lavoro di Guido Gazzilli. Il fotografo ha attinto al proprio archivio personale, ma lo ha fatto dialogare con l’immaginario dei reclusi. Partendo dalle memorie sensoriali dei detenuti — luoghi, odori, oggetti che hanno segnato la loro vita — Gazzilli ha creato un corpus di opere che mescola fotografia, disegno e testo. Questi lavori, esposti in formato poster proprio negli spazi della stazione, restituiscono alla città uno sguardo inedito, proveniente direttamente dalla soglia del carcere. È un’operazione che mette in luce non solo il vissuto, ma anche il talento e la sensibilità artistica di chi ha partecipato ai laboratori creativi.
In parallelo, la narrazione si espande anche attraverso il linguaggio del fumetto. La mostra Storie del quartiere Rebibbia attraverso il fumetto, curata dalla Scuola Romana dei Fumetti, offre un controcanto interessante: qui sono gli studenti a raccontare il quartiere, mostrando come la vita quotidiana “fuori” conviva costantemente con la presenza ingombrante e silenziosa del carcere. Attraverso tavole originali e videoracconti, si esplora l’identità di una periferia che è molto più di un semplice luogo di detenzione. Inoltre, il 12 dicembre sarà presentato il volume Everyday Shoes di Gazzilli, un’opera collettiva che raccoglie il contributo di oltre 50 artisti internazionali, a testimonianza di come l’arte possa diventare un linguaggio universale di riscatto e connessione.
Musica e parole per il Giubileo dei Detenuti
La manifestazione si chiuderà domenica 14 dicembre con un evento di forte impatto emotivo, in concomitanza con il Giubileo dei Detenuti. Questa giornata finale vedrà protagonista Amir Issaa, rapper, scrittore e figura chiave della cultura Hip Hop italiana. Amir porterà in piazza il suo reading musicale Vivo per questo, una performance che intreccia la sua biografia personale con i temi della giustizia e della possibilità di cambiare rotta. La sua esibizione non è solo spettacolo, ma testimonianza diretta di come la cultura possa offrire alternative concrete a percorsi di vita difficili.
Lo showcase, della durata di circa un’ora, mescolerà parole, musica e proiezioni, creando un momento di condivisione che coinvolgerà non solo il pubblico generico, ma anche i familiari dei detenuti, il personale penitenziario e i volontari. È la sintesi perfetta dello spirito di “Le cose che non possiamo dimenticare”: creare uno spazio ibrido dove le barriere cadono. Come sottolineato dagli organizzatori, l’arte agisce qui come un catalizzatore sociale potentissimo, capace di lasciare una traccia duratura nella comunità locale e di dimostrare che la sicurezza e la coesione sociale passano necessariamente attraverso l’ascolto e l’inclusione, trasformando la paura dell’altro in curiosità e, infine, in comprensione.
Info utili
- Date e orari:
- 12 dicembre: Inaugurazione 10:30 – 13:00.
- 13 dicembre: Visita libera alle installazioni 10:00 – 24:00.
- 14 dicembre: Reading musicale 17:00 – 18:00.
- Luogo: Ingresso esterno Metro Rebibbia (Linea B), Roma.
- Ingresso: Libero e gratuito, senza prenotazione.
- Come arrivare: Metro B (fermata Rebibbia); linee autobus 311, 341, 350, A70, A07.
(Credit ph. Foto di Guido Gazzilli)
