Castrum_Inui

Il tassello mancante al litorale romano: Castrum Inui ad Ardea

Castrum_InuiE’ incastonata come un tassello in un grande mosaico. Si incastra alla perfezione  tra i resti della Città di Lavinium (Borgo di Pratica di Mare a Pomezia), della Villa di Plinio (Castelfusano sulla Cristoforo Colombo), della Villa di Nerone (Anzio), e della Via Romana alla Campana di Nettuno (Nettuno). E’ Castrum Inui, la tessera mancante di quel mosaico archeologico, localizzato nell’area sud del litorale romano, e definito dagli esperti del settore “una delle scoperte più importanti dell’archeologia etrusco-italica degli ultimi 50 anni” (Professor Mario Torelli). Un sito particolarmente esteso, quasi come uno di quei ritrovamenti in terra d’Africa. Un sito rilevante dal punto di vista scientifico e per lo stato di conservazione, nonostante lo spoglio subito in età romana.

La vasta area archeologica di Castrum Inui, abitata dal IV-III secolo a.C. fino al III secolo d.C, e posizionata alla foce del fiume Incastro, emissario del lago di Nemi, presso la località residenziale-balneare cosidetta delle Salzare (al Lido di Ardea), ha dato  luce soprattutto a una serie di informazioni sconosciute, sull’architettura templare e la topografia etrusco-italica, al periodo in cui sono iniziati i lavori: il 1998. Gli scavi che hanno portato alla luce lo splendore dell’antica città di Castrum Inui sono diretti e fortemente voluti dall’archeologo dr. Francesco Di Mario, responsabile di zona  alla Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio e autore dei due sull’argomento: ‘Ardea, il deposito votivo di Casarinaccio’ e ‘Ardea, la terra dei Rutuli, tra mito e archeologia. Alle radici della romanità. Nuovi dati dai recenti scavi archeologici’.

Stupefacente è la policromia delle terracotte architettoniche rinvenute e la loro notevole qualità. I reperti, comunque, attestano la presenza di un insediamento urbano consistente dal punto di vista sia numerico che organizzativo. A testimonianza di tutto ciò le grandi cisterne per la raccolta dell’acqua, l’impianto termale, gli elaborati meccanismi murali e i numerosi mosaici a tessere grandi e piccole. Il tutto incasellato in labirinti di stanze, corridoi, condotte di scarico, verande, forni e cisterne.

TempioBMa come è nata Castrum Inui? Questo nome è forse legato a Inuo, protettore della fertilità dei campi? La leggenda vuole che Castrum Inui fu fondata da Latino Silvio, figlio di Ascanio e nipote di Enea, 1300 anni prima di Cristo. E il primario insediamento fu posto proprio sotto la protezione di Inuo, figlio di Venere e di Giove, il protettore degli armenti e della fertilità dei campi. Virgilio ne parla addirittura nella sua Eneide.

Ad un certo punto, secondo gli archeologi che ancora oggi attraverso la loro opera continuano a portare alla luce reperti di notevole bellezza e fattura, tutta l’area, fino al primo piano, fu sommersa dal mare e i tetti delle costruzioni crollarono. Questa ipotesi è avvalorata dal ritrovamento di conchiglie marine sui pavimenti, dall’assenza di corpi e suppellettili che fa proprio pensare a un evento geologico, sismico o climatico caratterizzato  dallo stato di attesa, progressivo o graduale.

Con la scoperta di Castrum Inui la prospettiva del litorale romano è cambiata notevolmente, avvicinandolo, nell’arco spazio-tempo, ad altri ritrovamenti, precedenti e proprio  lungo la fascia costiera, tanto da ricreare momenti di importanza alle odierne città dell’entroterra. Una “roba” di una portata eccezionale e possente tanto da poter  riscrivere la storia di Ardea, del Lazio antico, delle origini di Roma e delle genti etrusco-italiche.

Ma l’area di Castrum Inui “rispolverata” da secoli di intemperie e dal passaggio a volte  anche selvaggio di altre genti, che cosa ha dato alla luce? Come si mostra agli occhi dell’odierno-moderno visitatore? Oltre a quei particolari che formavano il vissuto quotidiano dei suoi abitanti (case, strade, cisterne, terme) cosa è rimasto dell’antico splendore?

TempioASiamo sul litorale romano, nel comune di Ardea, al Km  601, con le spalle rivolte verso Anzio. Alla nostra sinistra c’è il mare e in lontananza, quasi a stagliare la linea dell’orizzonte si intravedono una fila di moderne costruzioni popolate dagli abitanti del luogo. Ai nostri piedi, vicino rispetto alle moderne costruzioni, si estende un avvallamento nel terreno dalla consistenza sabbiosa. Sembra quasi di avere dinanzi un anfiteatro per la fattezza a gradini. Gradini che in più punti assumono forme quadrate o rettangolari. Gradini che in realtà sono parti di antiche costruzioni emerse proprio da quel terreno sabbioso e attraverso la caparbia opera dell’uomo. Intanto, per l’occhio attento, sono visibili due templi (A e B). Il tempio B, ha un podio perfettamente conservato che probabilmente  ne racchiude uno più antico al suo interno, le cui origini sembrano risalire al VI secolo a.C. (almeno nella sua prima fase). Il tempio A, più piccolo per dimensioni rispetto al precedente, in tufo a cella unica, è interessante per una serie di anomalie: un podio completo solo su due lati; posizionato verso nord-est (in modo divergente rispetto a quello del tempio B), probabilmente, perché legato al culto al cielo notturno;  e una stele al cui sommità è incisa la lettera V. Il tempio in questione è datato, provvisoriamente, al III secolo a.C. e fu in uso fino al II secolo d.C. per essere in seguito riutilizzato per attività produttive.

Gli studiosi e gli archeologi “addetti ai lavori” ritengono che molto probabilmente sono di fronte a una area sacra dedicata al dio sole, venerato sia nella sua forma diurna di Inuo che notturna di Veiove. Il tempio B e l’altare centrale  sono dedicati ad  Inuo (diurno); mentre, il cippo con la lettera V, inizialmente fulcro di un culto all’aperto e poi inglobato nel cuore del tempio A, con il secondo altare, è dedicato a Veiove (notturno). Molto più cauto su questa ipotesi è  l’archeologo “direttore dei lavori”  Francesco Di Mario, che in assenza di precisi indizi archeologici, si attiene alle fonti antiche, secondo le quali nell’area era presente un grande santuario dedicato a Venere ed un successivo culto di Inuo, il quale era probabilmente in origine una divinità solare. Per i due altari, in stile arcaico e con orientamento divergente, pensa a un qualche rito di duplice natura.

Per quanto riguarda gli edifici di culto si segnala anche la presenza di un sacello dedicato ad Esculapio, nel quale è stata rinvenuta una statua del dio, e risalente al I secolo d.C.. Il sacello è preceduto da un altare in marmo posizionato al di sopra della più antica delle due cisterne, nelle immediate vicinanze del  grande tempio B.

cippoVE arriviamo fino al 7 luglio 2010. Il sito archeologico apre i battenti ai visitatori. L’appuntamento annuale è alla sua sesta edizione. Supervisore scientifico è Francesco Di Mario affiancato dallo staff di archeologi che per la giornata hanno mostrato ai visitatori le bellezze del sito. Un evento fuori dal comune sia perchè sono gli stessi esperti e studiosi che stanno eseguendo gli scavi ed i restauri ad illustrare il frutto del loro lavoro ai visitatori, sia perché, rispetto all’ anno precedente, è stato possibile ammirare “l’ulteriore” estensione di Castrum Inui  nel formato  delle nuove e straordinarie scoperte archeologiche.

Per ammirare, invece, i reperti artistici rinvenuti, come le statue e le decorazioni architettoniche, bisogna recarsi  al museo di Nemi, dove sono custodite.

Un appuntamento, quello annuale delle visite al sito,  da non mancare per tutti gli appassionati di storia e di arte. E la possibilità di entrare in questo luogo quasi magico, che riporta indietro nel tempo, in un periodo avvolto nel mistero, in cui Roma non era ancora una grande potenza, ed il nostro territorio era invece sede di una civiltà prestigiosa e raffinata, ma anche religiosa, mistica e multietnica, è sicuramente un “percorso” di notevole importanza nella condivisione di quel privilegio che permette di assistere, in prima persona, agli scavi creando la sensibilità verso tutte quelle forme di arte e di bellezza che gli avi hanno lasciato e il tempo, sapientemente, ha conservato.

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