A oltre trent’anni di distanza da quella stagione tumultuosa che ha ridisegnato la geografia politica del nostro Paese, il teatro torna a interrogarsi su una delle ferite più profonde della storia italiana recente. Dal 27 al 30 novembre 2025, il palcoscenico del Teatro Golden di Roma ospita una rappresentazione che promette di far discutere ed emozionare: “Tangentopoli. Processo alla Prima Repubblica”. Non si tratta di una semplice cronaca giudiziaria messa in scena, ma di un’operazione culturale supportata dal Ministero della Cultura che mira a esplorare le pieghe umane e drammatiche di un conflitto istituzionale senza precedenti. Sotto la direzione artistica di Andrea Maia, lo spazio di via Taranto si trasforma in un’aula di tribunale dove il passato non è solo memoria, ma materia viva, pulsante e ancora incredibilmente attuale.
Un confronto immaginario ma necessario
Lo spettacolo, scritto a quattro mani da Vincenzo Sinopoli e dallo stesso Andrea Maia che ne cura anche la regia, si fonda su un’intuizione narrativa potente e suggestiva: l’ipotesi di un “what if” storico. La drammaturgia immagina infatti che, all’ultima udienza di un ipotetico processo unificato, Bettino Craxi decida di presentarsi fisicamente in tribunale per sottoporsi all’interrogatorio, trovandosi nuovamente di fronte alla sua nemesi, il Pubblico Ministero Antonio Di Pietro. Questa scelta narrativa permette di superare la freddezza degli atti giudiziari per entrare nella psicologia dei personaggi, costruendo un duello dialettico serrato dove le ragioni della politica si scontrano violentemente con il rigore della legge, in un gioco di specchi che riflette le contraddizioni di un’intera nazione.
Il cuore della pièce risiede proprio nella volontà di andare oltre la rappresentazione manichea di “guardie e ladri” che spesso ha caratterizzato la narrazione mediatica di quegli anni. Nell’aula di tribunale ricostruita al Golden, lo scontro tra l’uomo che ha scoperchiato il vaso di Pandora della corruzione sistemica e il leader politico travolto dal crollo di un sistema che pareva eterno, diventa il pretesto per un’indagine sull’animo umano. Gli autori hanno voluto immaginare cosa sarebbe realmente accaduto se questi due simboli di un’epoca si fossero trovati faccia a faccia in un momento non solo istituzionale, ma profondamente privato ed emozionalmente “nudo”, dove le maschere pubbliche lasciano intravedere, anche solo per un istante, le fragilità degli uomini che le indossano.
I protagonisti sul palco
Per dare corpo e voce a due figure così radicate nell’immaginario collettivo italiano, la produzione GoldenStar Am ha puntato su due attori di grande spessore e carisma. Antonio Milo affronta la sfida titanica di interpretare Bettino Craxi, un ruolo che richiede non solo una mimesi fisica e vocale, ma la capacità di restituire la statura tragica di un leader al tramonto, sospeso tra orgoglio e consapevolezza della fine. Dall’altra parte della barricata, Simone Colombari veste i panni di Antonio Di Pietro, incarnando la tenacia e la ruvidezza del magistrato che divenne l’icona di una rivoluzione giudiziaria, restituendo al pubblico l’energia nervosa di quelle giornate che tennero l’Italia incollata alla televisione.
Attorno ai due protagonisti si muove un cast di alto livello che arricchisce la narrazione di sfumature fondamentali per la comprensione del contesto. Morgana Forcella interpreta il ruolo dell’avvocato difensore, figura chiave che tenta di arginare l’onda d’urto dell’accusa, mentre Mario Casellato ricopre il ruolo istituzionale e solenne del Presidente del Tribunale, arbitro di una contesa che va ben oltre il codice penale. A completare il quadro scenico troviamo Danilo Ramon Giannini nel ruolo dello scrittore, un personaggio che funge probabilmente da osservatore esterno o da coscienza critica, permettendo al pubblico di avere una chiave di lettura ulteriore sugli eventi rappresentati, colmando il divario tra la cronaca dell’epoca e la riflessione storica odierna.
La ferita ancora aperta di Mani Pulite
Portare in scena “Tangentopoli” nel 2025 significa fare i conti con un’eredità che continua a influenzare il dibattito pubblico italiano. Lo spettacolo non si limita a rievocare i fatti, ma cerca di elaborare il trauma collettivo segnato dalla fine della Prima Repubblica. Quella stagione non fu solo un susseguirsi di avvisi di garanzia e arresti, ma rappresentò un vero e proprio spartiacque culturale e sociale che ha modificato per sempre il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Attraverso il linguaggio del teatro civile, la rappresentazione offre allo spettatore la possibilità di rivivere quel clima di tensione e speranza, di rabbia e disillusione, permettendo alle nuove generazioni di comprendere le radici del presente e a chi c’era di rileggere quegli eventi con la necessaria distanza critica.
Il sostegno del Ministero della Cultura a questa produzione sottolinea l’importanza di operazioni che trasformano la storia in arte scenica. Il teatro diventa così luogo di catarsi e di comprensione, dove la giustizia e la politica, due rette che dovrebbero procedere parallele, si incrociano drammaticamente. La scelta di mettere in scena un incontro mai avvenuto in questi termini serve a esplorare le verità non dette, i rimorsi e le convinzioni di due uomini che, pur nella loro contrapposizione totale, sono stati entrambi, a loro modo, i demolitori di un vecchio mondo e i costruttori involontari di quello nuovo, lasciando in eredità interrogativi sulla natura del potere e della giustizia che rimangono tuttora privi di risposte definitive.
Info utili
- Date: Dal 27 al 30 novembre 2025
- Indirizzo: Teatro Golden, via Taranto 36, Roma
- Orari:
- Giovedì 27 novembre: ore 21.00
- Venerdì 28 novembre: ore 21.00
- Sabato 29 novembre: ore 21.00
- Domenica 30 novembre: ore 17.00
- Contatti: Tel. 06 70493826
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