di Andrea Pomella
Einaudi
Con Vite nell’oro e nel blu (Einaudi) Andrea Pomella si riconferma un sublime interprete dello spirito del tempo. Il suo è un romanzo biografico, che grazie a una sapiente narrazione diacronica, racconta i primi cinquant’anni della storia della repubblica italiana attraverso l’espressione artistica dei pittori appartenenti alla “Nuova Scuola Romana”: Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa e Francesco Lo Savio.
Dal secondo conflitto mondiale agli anni ’90, attraverso la ricostruzione, il ’68 e i fulgenti anni ’80, i desideri, i successi e i fallimenti dei quattro artisti incarnano quelli di un intero Paese.
Pomella descrive con maestria come la parabola ascendente e discendente delle vicende personali dei quattro artisti si interseca con le aspirazioni collettive. La sua scrittura, irruenta e vivace, sa cogliere “l’ora d’oro”, una luce “morbida e diffusa” che esiste solo a Roma.
Dura poco, appena cinque minuti, poi svanisce e arriva “l’ora blu”. E forse è questo a renderla unica.
Andrea Pomella, in Vite nell’oro e nel blu ha voluto rappresentare più l’uomo o l’artista?
AP: Nei casi di Angeli, Schifano, Festa e Lo Savio l’uomo e l’artista sono inscindibili. Tutte le loro traiettorie, le scelte, i successi e le cadute sono il risultato di questo impasto profondo. Non si può comprendere esperienze di vita così grandiose e tormentate senza considerare l’infinita dedizione che avevano per il lavoro artistico.
Nei suoi romanzi, come in Anni luce ad esempio, lei ha la capacità di cogliere lo spirito di un’epoca. A questo proposito, quando scrive, quanto è importante la ricostruzione storica?
AP: Direi che è fondamentale. Non si tratta solo di uno sfondo. È il tempo storico che fa i caratteri e orienta i destini dei personaggi. Prima della ricostruzione però c’è da compiere un profondo lavoro di comprensione. Nel caso di Vite nell’oro e nel blu è stato ancora più difficile che nei miei precedenti romanzi, perché l’arco narrativo qui è amplissimo, si va dalla Seconda guerra mondiale agli anni Novanta, le epoche cambiano, si susseguono. Io ho vissuto la prima metà della mia vita nel Novecento, con questo libro ho voluto raccontare anche una buona parte di quel secolo così contraddittorio, capace tanto di soffocare gli uomini negli orrori più mostruosi quanto di cullarli nella dolcezza più splendente.
Ricostruzione che lei effettua tramite una ricchissima aneddotica. Come si è documentato in questo caso?
AP: Esiste tanta cinematografia documentaria, letteratura di testimonianza, ma anche scritti, lettere lasciate dagli artisti, cronache giornalistiche del tempo, racconti orali che ho raccolto dalla voce di chi li ha conosciuti. In particolare devo molto alla famiglia di Franco Angeli, che mi ha aiutato e accompagnato durante tutto il percorso di scrittura.
La città di Roma come viene vissuta dagli artisti? Sembra un luogo da cui fuggire, ma anche un rifugio in cui tornare…
AP: Roma è il quinto protagonista del romanzo, in particolare piazza del Popolo, con la sua gigantesca forma ellittica e la sua vocazione a essere un punto di ritrovo, è l’ecosistema che li ospita e che li richiama a sé ogni volta che tentano di fuggire altrove. Roma però è anche una città irriconoscente, maligna, facile alla distrazione, incapace di custodire e valorizzare il ricordo dei propri figli.
Gli artisti della “Nuova Scuola Romana” cosa hanno lasciato in eredità? E a lei cos’hanno trasmesso?
AP: Con le loro opere hanno segnato un immaginario, ci hanno lasciato l’iconografia di un tempo. Fra cento anni, per raccontare quel periodo della storia d’Italia, si ricorrerà alla forza dimostrativa dei loro lavori, proprio come si ricorre agli impressionisti per illustrare la gioia di vivere e l’eleganza borghese della Belle Époque. A me hanno rammentato cosa sia il pregio inestimabile di essere sempre se stessi, di non cercare il facile consenso attraverso atteggiamenti di falsa bonomia e moralità, anche quando poi arriva il momento di dover pagare il conto delle proprie debolezze.
Vite nell’oro e nel blu
di Andrea Pomella
Einaudi
Andrea Pomella è nato a Roma nel 1973. Ha pubblicato per Einaudi L’uomo che trema (2018, Premio Napoli 2019 e Premio Wondy 2020), I colpevoli (2020), Il dio disarmato (2022) e Vite nell’oro e nel blu (2025). Ha scritto anche Il soldato bianco (Aracne 2008), 10 modi per imparare a essere poveri ma felici (Laurana 2012), La misura del danno (Fernandel 2013), Anni luce (Add 2018) e A Edimburgo con Irvine Welsh. Il sogno di un dio folle (Perrone 2023).
Scrive su «Doppiozero» e insegna alla Scuola del Libro di Roma e alla Holden di Torino.