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E in mezzo il fiume. A piedi nei due centri di Roma

E_in_mezzo_il_fiume_art‘Il fiume di Roma è davvero biondo, fangosamente biondo. Ha un colore morbido, un colore screziato di bagliori dorati, qui e là virato al verde.’ Le sue sponde, ‘deqquà e dellà’, sono state unite per la prima volta dal ponte Sublicio, il più antico di tutti, prima dei re di Roma.
Così lo sguardo della scrittrice Sandra Petrignani nel suo libro E in mezzo il fiume. A piedi nei due centri di Roma, edito da Laterza, attraversa Roma come il Tevere, lambendone ogni angolo. Gli archi dei ponti che si riflettono nell’acqua, un’isola Tiberina che nasce dalla leggenda, i colpi di cannone del Gianicolo che annunciano le dodici.
Osserva animata da continuo stupore l’autrice, come forse sa fare solo chi, come lei, pur essendo cresciuta a Roma, non vi è nata. Nessuno scorcio è mai scontato, e ogni vista, anche se continua, suscita sempre emozione. Con parole simili a pennellate sapienti, Sandra Petrignani dipinge un quadro di Roma raro e prezioso, un’opera davvero raffinata.

Petrignani_Sandra_artSignora Petrignani, il suo libro è un inno a Roma: ‘Con il sinuoso abbraccio delle anse dell’acqua intorno, alzo gli occhi ogni volta su una bellezza diversa, clamorosa o discreta.’ Le sue parole esprimono  un amore verso la città, viscerale, sentito, autentico. Da dove nasce?
L’essere nata altrove (a Piacenza) mi comunica insieme una certa oggettiva lontananza e la possibilità di non dare per scontato niente, così da potermi sentire sempre innamorata di Roma. Però, per molti anni, ho vissuto in periferia e andare al centro era un tour de force, un’impresa punitiva. Poi è successo che sono tornata a vivere sul fiume, a Trastevere questa volta (la prima volta era stata sull’altra sponda: Campo de’ Fiori). E allora ho ritrovato il piacere di abitare questo luogo meraviglioso, dove mi sposto a piedi o in bicicletta, vivo come in un villaggio antico e nuovo e, sì, alzo continuamente gli occhi sulla bellezza clamorosa o nascosta di qualche angolo romano. E’ un privilegio.

’Roma, acqua e pietra. Roma in cui le distanze improvvisamente s’accorciano, perché il suo fiume sinuoso e i suoi dislivelli fanno di queste magie.’ Il suo sguardo sulla città è incantevolmente insolito, attraversa il Tevere, i suoi ponti. Cosa la affascina tanto del ‘fiume biondo’?
Proprio la sua sinuosità che concede prospettive mozzafiato. Bisogna scendere vicino al greto, percorrere Roma dal basso del Tevere, cosa che i romani fanno molto di rado, guardare i ponti da sotto in su: è un’avventura magica e si capiscono cose impreviste sulla città.

Lo scrittore Giuseppe Scaraffia nel libro le confida che un intellettuale può vivere solo in centro, ‘perché ha un bisogno fisiologico della bellezza’. Pensa che l’ispirazione possa nascere solo dal bello?
No, non condivido la posizione di Scaraffia. Credo anzi che le periferie abbiano un’energia molto forte e che sia importante per gli scrittori calarsi in tante realtà diverse. Ho vissuto per molti anni al cosiddetto “quartiere africano” di Roma che mi ha dato molte suggestioni (se ne trovano in un reportage che feci per Radio3, L’Africa in giardino, e nel mio libro Vecchi, per esempio). Ricordo che i miei amici trasteverini si lamentavano quando dovevano venirmi a trovare, perché li costringevo a un piccolo viaggio abbastanza infernale dal loro punto di vista. Non sapevano cogliere l’aspetto attraente di una situazione decentrata. Esiste invece, forte. Questa è una questione che non mi stanco di sottolineare: è come quando rimproveriamo ai politici di non prendere l’autobus. Lo scrittore non deve vivere da privilegiato e guardare il mondo con la puzza al naso. Non è un caso che io abbia vissuto al centro in due momenti cruciali della mia vita: da giovane e povera (povera sul serio!) nella casa prestata da amici generosi in un periodo storico tosto, quello degli anni di piombo, in cui dal Centro si scappava via e ci si misurava quotidianamente con la contestazione, la rivolta, la violenza. Era duro e cupo, ma interessante. Avevi l’impressione di stare al centro delle cose. Me ne andai quando rapirono Moro e finii per un periodo (per puro caso, ospite di un’amica) proprio in via Mario Fani, dove fu sterminata la scorta. Il secondo periodo al Centro è quello attuale. In questo caso stabilirmi a Trastevere è stata una vera scelta. Vivo metà settimana in campagna, in Umbria, fra tanta terra, alberi e animali. Dunque quando sto a Roma ho un bisogno vitale di ascoltare il cuore antico dove la città è più se stessa, stare vicino agli amici, avere a portata di … piede una grande scelta di cinema e teatri. E tanta bellezza, come dicevamo prima.

Lei scrive di ‘una Roma perduta e che si ritrova improvvisamente in certe svuotate giornate domenicali o estive, o in certe ore fortunate, o in certi angoli poco frequentati.’ Perché ci sono luoghi che diventano parte di noi e dei quali non possiamo fare a meno?
Cerco di addestrare me stessa a poter fare a meno di tutto, accettare i ribaltamenti della vita. Se fossi costretta a scegliere un solo luogo dove vivere, forse non privilegerei la città, ma la campagna. Soprattutto perché non posso vivere senza cani e gatti, che in città sarebbero sacrificati, e senza alberi, tanti alberi.

Camminare per Roma secondo lei è un viaggio nel tempo: ‘Non solo nel Tempo grande, ma anche in quello piccolo della mia vita’. Ha un percorso da suggerire ai lettori di EZ Rome, magari in queste sere d’estate?
Lo stesso che suggerisce uno dei miei personaggi nel libro, l’artista Angelo Bucarelli. Si parte dal Gianicolo, si guarda Roma dall’alto, si scende a Santa Maria in Trastevere e si scavalca il fiume su Ponte Sisto, via dritti per via Giulia e Campo de’ Fiori fino a piazza Navona. A questo punto si capisce Roma, dice lui. Io, più cauta, direi: si comincia a capire Roma. E aggiungo il percorso di ritorno sui propri passi passando per il Pantheon, deviando per la meravigliosa piazzetta barocca di Sant’Ignazio, riguadagnando piazza Argentina, attraversando il Ghetto per raggiungere l’Isola Tiberina e magari finendo nella Trastevere della basilica di Santa Cecilia, a dare un saluto alla statua dormiente della giovanissima santa, la mia preferita in assoluto, che nel libro è raccontata da una “guida” d’eccezione, Claudio Strinati, lo storico dell’arte, grande esperto del Manierismo e del Caravaggio, fine musicologo, il che non guasta perché aiuta a sentire le cose in un altro modo.

E in mezzo il fiume. A piedi nei due centri di Roma
di Sandra Petrignani
Editori Laterza

La foto di Sandra Petrignani è di Pasquale Comegna

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