La Fondazione Carlo Levi di Roma ospita, dal 19 marzo al 30 maggio 2025, una mostra straordinaria intitolata “Il Giardino perduto di Carlo Levi”, a cura di Daniela Fonti e Antonella Lavorgna. Questa esposizione guida il visitatore attraverso un viaggio intimo nel tempo e nella mente dell’artista, con un percorso che si snoda lungo 14 tele, molte delle quali mai viste prima. Tra gli elementi più accattivanti della mostra, vi è la rappresentazione dell’Eden personale dell’artista, fatto di colori vivissimi e contrasti affascinanti, che riflette un’interpretazione intima del mondo circostante.
I dipinti, selezionati con cura, coprono un vasto arco temporale che va dagli anni Venti fino agli ultimi anni Settanta. Questo permette di osservare l’evoluzione dello stile pittorico di Levi. L’artista trasmette, attraverso le sue opere, una visione del mondo che passa dal luminoso e accogliente degli anni giovanili, ai tratti più cupi e intricati degli anni successivi. In questi lavori ricorrono temi profondamente personali, come il paesaggio di Alassio, luogo familiare e privato, descritto in una lettera alla madre del 1935 come un paradiso di colori e luci che mitiga il duro isolamento del confino in Lucania.
Un dialogo tra pittura e fotografia
Accanto alle tele, la mostra comprende una selezione di fotografie d’epoca provenienti dal fondo fotografico della Fondazione Carlo Levi. Queste immagini in bianco e nero si pongono in silenzioso dialogo con i dipinti, offrendo una duplice prospettiva sull’evoluzione del linguaggio artistico di Levi. Le fotografie, infatti, documentano momenti di vita dell’artista e fungono da cornice storica e culturale alle opere esposte, fornendo al visitatore uno strumento in più per comprendere il contesto in cui esse furono realizzate.
Il rapporto tra le immagini fotografiche e i dipinti di Levi diventa un viaggio attraverso le epoche, dove il reale e l’immaginario si intersecano per narrare non solo l’evoluzione artistica ma anche quella personale di un uomo profondamente legato alla sua terra. L’integrazione tra queste due forme d’arte non solo arricchisce l’esperienza espositiva, ma stimola anche una riflessione più ampia su come la memoria e la percezione personale influiscano sull’arte e viceversa.
La casa di Alassio come Eden dell’anima
Nel cuore del percorso espositivo, emerge un luogo particolarmente significativo: la casa di Alassio, descritta da Levi come un Eden privato. È uno spazio che custodisce i ricordi d’infanzia dell’artista e che rappresenta un rifugio spirituale e creativo. Questa casa, circondata da un giardino ricco di vita, è stata un punto di riferimento fondamentale per Levi, non solo durante i suoi soggiorni estivi, ma lungo tutta la sua carriera artistica.
I quadri dedicati a questo paradiso personale spaziano dal raffigurare scene di pura gioia a rappresentare momenti di riflessione, cogliendo la vasta gamma di emozioni legate a un luogo di grande importanza nella sua vita. Questa casa-giardino, con i suoi ulivi e carrubi, appare come un microcosmo di pace e ispirazione che Levi trasforma in un vero e proprio “hortus” dell’anima. Questa dimensione interiore è in mostra attraverso i colori intensi e le composizioni elaborate, in grado di comunicare il continuo fluire della vita e la potenza dell’immaginazione.
Info utili
La mostra “Il Giardino perduto di Carlo Levi” sarà visitabile presso la Fondazione Carlo Levi, in Via Ancona 21, a Roma. Sarà aperta fino al 30 maggio 2025. Gli orari di visita sono: lunedì, martedì e venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e giovedì dalle 15.30 alle 18.30. La presentazione sarà affidata a Luca Beltrami, mentre le schede scientifiche sono curate da Anna Parlani.
(Fonte e immagine: Roberta Melasecca – Ufficio Stampa)