Forbici e topi

Forbici e topi

Forbici e topiStefano Salvi è uno scrittore capace di catapultare chi legge in scenari inaspettati, in ambienti riservati ai soli addetti ai lavori. Dopo aver sondato il mondo delle ONG in Buone Cause, nel suo ultimo romanzo Forbici e topi (Scatole Parlanti) scandaglia l'ambito della ricerca scientifica. 

In una Roma chiusa dalla pandemia, l'autore apre narrativamente le porte di un laboratorio del Policlinico Umberto I, dove Flavio lavora come ricercatore. L'arrivo di Arianna, giovane biochimica, è però destinato a sconvolgere una routine fatta di cavie ed esperimenti. E proprio mentre in un mondo in preda alla pandemia non si parla che di salto di specie, tra le pagine si impone un quesito a cui nessuno può più sottrarsi: quanto intendiamo ancora proseguire sulla strada dello sfruttamento indiscriminato delle risorse del pianeta e degli animali?

Stefano, il suo ultimo romanzo Forbici e topi è figlio della pandemia?
SS: Totalmente. La pandemia e il lockdown hanno stravolto le nostre vite generando una grande quantità di situazioni anomale o limite. Ho scelto di scrivere questa storia perché in un momento storico nel quale l'unico argomento di discussione era la scienza (i contagi, il virus, i vaccini), l'idea di un istituto di ricerca vuoto mi sembrava paradossale. I ricercatori erano a casa e una delle poche figure costrette ad andare a lavoro era lo ‘stabularista', ossia il tecnico che doveva prendersi cura dei topi nello stabulario. Dovevo raccontare la sua vita, dovevo renderlo protagonista di una storia.

Oltre a tanto “dentro” nella storia però c'è anche un mondo esterno, una città che fa da sfondo…
SS: Roma è stata per anni sinonimo di cinema e televisione e più in generale è una delle città più visitate del mondo. È dunque una città nel bene e nel male abituata a farsi vedere, ad esibirsi, ad attirare sguardi e riflettori. Mi piace pensare che il lavoro di risignificazione degli spazi e di adattamento che siamo stati obbligati a fare durante il lockdown sia toccato anche alla nostra città.
Cosa resta di Roma se nessuno la vede? Che posto occupa il suo patrimonio storico se nessuno ne fruisce? Ha ancora senso la sua storia se la nostra sembra essersi fermata? Se lo chiede Flavio, il protagonista stesso, che nel suo tragitto verso il lavoro decide di evitare il centro storico perché la sua città, senza turisti, non la riconosce più e gli mette paura.

Da un punto di vista narrativo l'ambientazione in un laboratorio di ricerca è stata difficoltosa?
SS: Estremamente e per due motivi. Il primo è che si tratta di un luogo giustamente precluso ai non addetti ai lavori. Ho dovuto dunque fare diverse interviste ad amici ricercatori per capirne qualcosa e farmi raccontare cosa si prova a stare lì dentro. Inoltre i due protagonisti del romanzo, Flavio e Arianna, sono colleghi, quindi sono immersi nel loro mondo, nel loro lessico, nelle loro routine. Loro non hanno bisogno di spiegarsi le cose e qui nasce la difficoltà di far comprendere quello che accade al lettore, che invece presumibilmente non conosce nulla della vita all'interno di un istituto di ricerca.

Ci parla di Flavio lo “stabularista”, del suo mondo?
SS: Flavio è il “responsabile del benessere animale”, la persona che si prende cura degli animali dello stabulario. I topi sono, di fatto, il “materiale” sul quale i ricercatori conducono le ricerche, e se questo materiale – nel caso del mio romanzo i cervelli – è compromesso, è l'attendibilità stessa del dato scientifico che ne risente. Quindi Flavio si prende cura dei topi. Dà loro da mangiare, da bere, pulisce le gabbie, si assicura che stiano bene e che tutte le normative siano rispettate, comprese quelle per porre fine alle loro vite al termine della ricerca, quando gli animali vengono ‘sacrificati'. Ma Flavio è anche un uomo vedovo con un figlio adolescente a casa, che sembra non trovare una quadra tra queste forme di accudimento e si sente costantemente fuori posto.

Alla fine, i veri protagonisti sono gli uomini o le cavie?
SS: Sono sicuramente gli uomini, ma le cavie raccontano molto della nostra umanità. Attraverso il rapporto con gli animali noi costruiamo il nostro modo di stare al mondo e mettiamo continuamente alla prova quello che reputiamo giusto e sbagliato. Ed è questa, in fondo, la vera posta in gioco del romanzo.

Forbici e topi
di Stefano Salvi
Edizioni Scatole Parlanti

Stefano Salvi è un antropologo culturale. Vive e lavora a Roma come fundraiser e comunicatore sociale.
Nel 2021 ha pubblicato Buone Cause (Scatole Parlanti). Forbici e topi è il suo secondo romanzo.

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