Intervista a Philippe Daverio
L'eclettico giornalista e critico d'arte è stato ospite, lo scorso 30 settembre, dell'evento 4 SEASONS, l'innovativo sistema di Prisma Architectural, destinato a rivoluzionare sempre di più l'illuminazione degli spazi verdi, che ha fatto il suo debutto nel mondo dell'architettura e del lighting design internazionale a Roma.
La location non poteva che essere lo spazio verde più celebre e sognante della città eterna, il parco di Villa Borghese e per l'esattezza i bellissimi giardini di Casina Valadier, la residenza nel cuore di Roma che è tra i ritrovi più esclusivi e intriganti della Capitale, dove hanno soggiornato tra gli altri, personaggi del calibro di Ghandi, re Farouk d'Egitto, Strauss, Pirandello.
Gli allestimenti previsti e curati da Prisma Architectural, tra percorsi e vialetti, hanno creato attorno agli ospiti l'impressione di una fiaba moderna e dall'alto contenuto tecnologico, ma al tempo stesso dal sapore antico, lontano nel tempo e nello spazio.
La gamma pressoché infinita di colori e sfumature, rese possibili dagli apparecchi 4 seasons, ha fatto il resto rendendo il luogo ancora più romantico, semplicemente onirico. Illuminare parchi, giardini e spazi verdi come se a farlo fossero non dispositivi tecnici, ma la stessa luce naturale:questo è il vero segreto di 4 seasons. Anche la scelta della Casina Valadier è in perfetta sintonia con il mood di 4 SEASONS e con la filosofia del gruppo perché vuol dire non solo avere a disposizione un palcoscenico verde di inestimabile suggestione che consente di mostrare e di-mostrare ad addetti ai lavori e non tutte le potenzialità del sistema illuminotecnico nella progettazione dello spazio esterno, ma anche riconoscersi in una precisa "cultura del verde" che viene da lontano e che identifica la natura, di cui la luce è alleata preziosa, come fonte di benessere.
Presenti all'evento i lighting designer Francesco Iannone e Serena Tellini, progettisti insieme al team interno di Prisma Architectural di 4 SEASONS.
Con Philippe Daverio, l'ospite più atteso della serata, abbiamo parlato del significato che riveste la luce, elemento naturale e al tempo stesso performante il cui ruolo è mutato nel corso del tempo, per assumere oggi un'accezione ben diversa da quella di semplice e mero strumento di illuminazione.
Quale valore aggiunto questo sistema illuminotecnico apporta all'incantevole cornice e alla stessa Casina Valadier?
Devo dire che qui l'impatto è quasi naturale in quanto il sistema, messo in giro per il giardino riprende la vecchia tradizione della padella romane di cera, presente sempre nei giardini e dandole però un senso in più perché queste fenditure delle lampade le fanno sembrare delle stelle e in fondo questo è un luogo dove in passato l'illuminazione interna era fioca e la città intorno era spenta – si guardavano ancora le stelle, le stelle si vedevano bene – mentre oggi tutto è iper illuminato. Rivedere queste stelle disegnate per terra, che richiamano le padelle romane antiche, ha una sua forza poetica.
Possiamo parlare di pennellate di luce pura che creano un universo di sensi e colori che colgono lo spettatore nell'intervallo di tempo che va dal crepuscolo all'alba?
L'idea di come decorare gli ambienti esterni con la luce, è naturale perché è l'idea della modernità: noi abbiamo abolito la notte perché nella notte abbiamo inserito il filamento elettrico. Ma non abbiamo ancora imparato bene come decorare questa notte. Ad esempio chi fa teatro è bravissimo, così come chi fa gli impianti scenici. Però il disegno dell'apparecchio da illuminazione esterna è un disegno ancora tutto da definire, se si pensa a come erano tristi quelle illuminazioni che sembravano moderne, le illuminazione da giardino stile vialetto notturno, che illuminavano di solito dei sassi, e a come in passato il sistema illuminotecnico non ha mai funzionato. L'esperimento in corso, di trasformare queste lampade in oggetti un pò antichi, come delle stelle, ha molte cose in comune con la vecchia e garbata abitudine dei paesi del mediterraneo meridionale e del mondo arabo di avere quei lampioni in giro per i giardini. Noi in fondo nel design non dobbiamo reinventare il mondo, lo dobbiamo reinterpretare e dobbiamo essere in grado di fare qualcosa di fantastico oggi, riuscire a comprimere tutto in una contemporaneità unica. C'era un momento nel quale c'era solo la notte, l'avvento della luce ha abolito l'idea della notte, che è stata illuminata con certi lampioni crudeli, da campo, che abbiamo poi eliminato. Dobbiamo creare una sorta di commistione del tutto e penso che questo effetto che si raggiunge qui stasera sia abbastanza vicino a quello che dovremmo ottenere. Naturalmente ci saranno mille altre soluzioni e opportunità, ma è sempre questa la strada: la nostra epoca vuole comprimere i tempi. Noi non viviamo più in un rapporto fra passato, moderno e contemporaneo: per noi, quasi tutto è contemporaneo oggi.
Cosa la appassiona di Performance in lighting?
L'apparato stesso mi evoca con assoluta naturalezza le campane marocchine, quelle in ottone battuto che avevano le candele dentro. Sono un oggetto di arredo in un giardino, mentre la lampada fino a ieri assumeva una funzione solo quando era accesa – e quando era accesa l'assumeva in una lingua di contemporaneità totale che non dialogava piu col passato – di giorno era un attrezzo, più o meno bello, che richiedeva comunque una modernizzazione del decoro complessivo.
Performance in lighting sta tentando di fare ciò che il loro stesso nome evoca, ossia possiamo parlare di una luce performante, da teatro: si sta scoprendo che la luce non serve ad illuminare ma a fare una scena. La luce che illumina e basta è la tristissima lampadina che è appesa nei quadri di Picasso o di Carrà sulla prima guerra mondiale; bastava avere luce di notte, tanto era in corso la guerra. Oggi no, alla luce chiediamo una cosa diversa, le chiediamo di svolgere un gioco scenico perché una cosa semplicemente illuminata risulta squallida. Le nostre periferie sono squallide perché sono quasi piu belle di giorno che di notte. La luce che fa Performance, tentando di giocare un ruolo scenico e di avere un gioco teatrale, diventa molto interessante ed è questo che loro stanno realizzando.
Lei oltre a Casina Valadier è stato anche a Giardino Parco Sicurtà a Valeggio sul Mincio, quali sono le emozioni che suscitano i due parchi?
Diventa piu facile operare facendo scenografia di luce in un luogo storico, in un parco che ha già un sistema di alberi cresciuto e che ha già un suo dialogo estetico di giorno, piuttosto che attuarlo in periferia, che è crudele nella sua estetica. Questi giardini storici sono pronti ad entrare nel gioco, ma è proprio entrando nel gioco che si scopre se si è capaci o meno perché queste situazioni sono quasi da laboratorio; se l'esperimento viene ben qua allora può venir bene dappertutto, però qui è più facile che venga bene in quanto si è sollecitati da una stesura naturale del paesaggio a fare delle scelte che siano tali da inventare un rapporto col bello. Se si lasciano i raggi di luce che si vedono qui stasera, questi sono già belli da sè, però funzionano bene in quanto c'è tutto questo ambiente intorno. La stessa lampada messa su una corsia di autostrada non avrebbe lo stesso effetto, l'illuminazione farebbe piu fatica. Questo è il luogo della verifica perché qui l'estetico del passato, l'estetico sedimentato e maturato può entrare in dialogo con l'estetico nuovo.