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Gli Horti Sallustiani: un sito archeologico nel cuore della Roma moderna

Horti_sallustiani_3Roma. XXI secolo. Una sequenza infinita di palazzi appiccicati l’uno all’altro come le tessere di un mosaico. Vie che sgusciano dai quartieri centrali a quelli periferici come anguille. Piazze con fontane, obelischi e zone verdi a  strozzare incroci frenetici e marciapiedi affollati dal quotidiano. Una grande metropoli. La scena finale di un film. Una pellicola da smontare o semplicemente da guardare mentre si riavvolge. Scorrono le immagini di Roma del secolo scorso, di due secoli fa, e di tre, e così, via via, fino ad arrivare al I secolo a.C.. Sulla bella e soleggiata collina del Pincio si incontra Lucio Licinio Lucullo alle prese con una nuova che si andava diffondendo tra la nobiltà dell’antica Roma: quella della costruzione degli horti. L’interesse di Lucullo per gli spazi verdi venne presto seguito da Gaio Sallustio Crispo, storico e senatore romano. I suoi horti, i più grandi e i più ricchi del mondo romano, sorsero tra il Quirinale, il Viminale e Campo Marzio. Nel III secolo gli horti occupavano un decimo della città di Roma e formavano una corona di verde intorno al centro abitato.

Ma che cosa era un horto al tempo di Lucullo e Sallustio? Era un grande parco ricco di piante. C’erano soprattutto il bosso, il cipresso e il leccio. Piante che potevano essere facilmente modellate, scolpite, come una lastra di marmo che nelle mani dello sculture diventa statua. E’  questo, infatti, il periodo in cui nasce  l’arte “topiaria”, cioè di scolpire le siepi e le chiome degli alberi in modo da creare figure geometriche, forme fantastiche e, addirittura, intere scene.

Horti_sallustiani_2Tra il verde della vegetazione “condita” da queste figure spettacolari, troneggiavano qua e là degli edifici. C’erano padiglioni che venivano sfruttati in modo diverso durante le varie ore della giornata o a seconda della stagione. C’erano portici adatti alle passeggiate. E c’erano fontane, terme, tempietti, statue e opere d’arte che popolavano il paesaggio e addolcivano gli occhi. L’altra caratteristica degli horti era la presenza di abbondante acqua necessaria sia ad alimentare le fontane che ad innaffiare la ricca vegetazione. Questi luoghi diventano, così, per il proprietario una piccola reggia dove vivere isolato e lontano dalla frenesia cittadina. Nel IV secolo d.C. le cose cambiarono. I grandi parchi intorno alla città vengono utilizzati per vigne e campi coltivati e da qui nasce il nome di “orto”.

Gli Horti dove Gaio Sallustio Crispo si ritirò, in volontario e dorato esilio,  alla fine della  sua tumultuosa carriera politica, e dove trascorrerà gli ultimi nove anni della sua vita componendovi le opere storiche e letterarie che contribuiranno a ricordare per sempre il suo nome, si estendevano nella zona nordoccidentale di Roma, tra i colli del Pincio e del Quirinale e il proseguimento della via Alta Semita (oggi, Via XX Settembre), via Salaria, le Mura Aureliane, l’attuale via Veneto, poco dopo Porta Salaria.  Questa immensa zona porta ancora oggi il suo nome storico: rione Sallustiano.

Nel XVII secolo l’area del futuro quartiere Sallustiano rientra nella proprietà della famiglia Barberini e il palazzo della villa sorge proprio sui resti di antichi edifici romani e su una parte delle mura repubblicane costruite nel IV secolo a.C.. Nel 1870 l’intera proprietà viene acquistata dall’antiquario ed editore svizzero Giuseppe Spithoever, il quale, 11 anni dopo inizia una serie di lavori di livellamento dei terreni e di costruzione di strade.  Per effetto di questi lavori il padiglione monumentale che oggi è possibile ammirare in tutta la sua bellezza a Piazza Sallustio resterà semisepolto e quasi invisibile a livello delle nuove strade che attraversano la zona. Unico accorgimento adottato nei confronti del monumento è stata la costruzione di grosse mura di contenimento.

Horti_sallustiani_4Oggi, nella Roma moderna, a Piazza Sallustio, crocevia di Ministeri e uffici, le ultime tracce degli Horti Sallustiani, rappresentano un’isola archeologica.  Un padiglione monumentale, circondato, infatti, da robuste mura di contenimento, al di sotto del livello del manto stradale e dei palazzi circostanti, per oltre 14 metri, a testimonianza dell’antico grande parco voluto e costruito da Sallustio grazie ai fondi ottenuti durante la sua pro-pretura in Africa Nova. Si tratta di una struttura architettonica di grande importanza che richiama i palazzi imperiali del Palatino, alcuni ambienti della Domus Aurea neroniana e Villa Adriana a Tivoli.

L’arditezza dell’architettura utilizzata e lo splendore delle decorazioni sono visibilissimi in questo antico edificio “incastonato” nel terreno. La parte principale della struttura è formata da un insieme di ambienti di ampiezza e forma diversa. Il centro del padiglione è caratterizzato da un’aula circolare sulle cui pareti si aprono due nicchie. La volta di quest’aula circolare, a spicchi o a conchiglia, richiama elementi caratteristici di Villa Adriana a Tivoli. A seguire un’aula rettangolare caratterizzata da una copertura formata da due volte a botte sovrapposte che poteva essere isolata dall’aula centrale attraverso tende, come testimoniano dei grandi fori presenti nella struttura. Quasi certamente, secondo gli storici e gli studiosi, il grande padiglione era una cenatio festiva d’estate e a seconda del numero degli ospiti si poteva rinunziare o meno all’aggiunta della sala posteriore. Arretrato rispetto all’ingresso del corpo centrale del complesso, si erge un edificio a più piani, un’insula di tipo signorile, dove sono stati trovati locali interamente affrescati e pavimenti a mosaico, che con i lavori di restauro effettuati alla fine del secolo scorso è possibile vederli oggi nel loro antico splendore.

Horti_sallustiani_1Altri elementi costitutivi degli Horti Sallustiani sono sparpagliati qua e là nella zona adiacente Piazza Sallustio. Nel XVI secolo, tra le odierne via Lucania e via Sicilia, fu rinvenuto il Tempio di Venere Ericina. Una struttura a forma circolare le cui colonne in marmo “giallo antico”, furono utilizzate per la costruzione di una cappella nella chiesa di San Pietro in Montorio. A poca distanza da questo Tempio, in via Boncompagni, c’era una grande costruzione divisa in tre parti e con abside centrale. Sull’altro lato della valle, in prossimità dell’antica porta Collina, c’era, invece, un grande tempio dedicato alla Fortuna Pubblica, i cui resti furono rinvenuti nel 1887 tra le attuali via Flavia e via Servio Tullio. I grandi giardini, presenti nella residenza, ricchi di piante di ogni tipo e la presenza di numerose fontane necessitavano di un complesso sistema idrico e, infatti, nelle vicinanze di via XX Settembre, sotto il Collegio Germanico-Ungarico in via San Nicolò da Tolentino, è stata rinvenuta una monumentale cisterna. L’imponente struttura, composta da otto navate distribuite su due piani, doveva servire ad alimentare la parte meridionale della villa ed altri edifici del quartiere.

Dal VI secolo d.C. e fino a tutto il Medioevo la zona degli Horti Sallustiani rimase abbandonata. All’inizio del periodo Rinascimentale l’area si presentava ancora coperta da uliveti e boschi di lauro dove sporadicamente si intravedevano case con piccoli poderi. Finalmente, nel 1969, il complesso viene dichiarato di «notevole interesse archeologico» e a fine secolo si è, finalmente, intrapreso un serio progetto di restauro per il padiglione degli Horti Sallustiani di Piazza Sallustio.

Un sito archeologico incastonato e a sprazzi “soffocato”  tra gli edifici della Roma moderna. E solo  voltando fisicamente le spalle alla modernità, lasciandosi dietro palazzi, strade, e la rumorosità del quartiere,  si  riesce a focalizzare lo sguardo sui resti di queste splendide opere e a rivivere, nella loro fantastica caparbietà, le scene iniziali di quell’antico film girato in un tempo in cui “la macchina da presa” era tra le mani di personaggi come Lucullo e Sallustio.

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