di Monica Rametta
Harper Collins
Forte di una lunga carriera di sceneggiatrice, Monica Rametta esordisce in letteratura con Roma era buia (HarperCollins), un appassionante romanzo sulla fine dell’età dell’innocenza. Quella di Marina, Clelia e Linda, che con i loro quindici anni vivono “l’età difficile”. Ma anche quella di un intero Paese, che dopo aver sognato una società migliore, ha il suo brusco risveglio nel 1978, con l’omicidio di Aldo Moro.
Trascinante, lo stile dell’autrice sa portare abilmente il lettore sull’orlo del precipizio delle illusioni, personali e collettive. È proprio allora, quando si fatica a immaginare il domani, che viene scritta la storia, quella con la “S” maiuscola e quella di ognuno.
Monica Rametta, lei approda al romanzo dopo una carriera di successo come sceneggiatrice. Cosa l’ha spinta a sperimentare la narrativa come forma espressiva e quali nuove opportunità le ha offerto?
MR: La libertà. Mi sentirei di rispondere con questa parola, perché credo sia quella che sintetizza meglio il desiderio che dopo tanti anni passati a scrivere sceneggiature per il cinema e serie televisive, avevo bisogno e voglia di sperimentare. Il lavoro dello sceneggiatore è bellissimo ma pieno di compromessi, creativi, produttivi, commerciali. Hai sempre qualcuno da ascoltare, il regista, la produzione, la piattaforma o la rete sulla quale andrà in onda il prodotto. E’ un lavoro e forse in pochi lo sanno che richiede un ascolto e una mediazione continui. Quando mi sono messa a scrivere il mio romanzo non sapevo bene ancora in quale direzione sarei andata ma sapevo con una certa sicurezza che questa storia, la storia di Marina, sarebbe stata in qualche modo solo mia. L’avrei potuta scrivere come mi piaceva, senza pensare ad altro che al modo migliore secondo me nel quale fare vivere i personaggi, le scene, i dialoghi. Perché almeno inizialmente un libro è questo. E’ un tesoro che fai crescere dentro di te. Poi sei hai la fortuna di essere pubblicato naturalmente tutto cambia. Ed è come entrare in un altro campionato e quel particolare e anche tremendo momento in cui sei tu, sola, con la tua mente si perde. Ma è giusto così. Credo sia questo il motivo che spinge gli scrittori a scrivere. Ritrovare quell’attimo in cui sei davvero connesso con quello che hai nella mente e le parole si compongono in modo quasi magico sulla tastiera. Quando accade possono essere dei momenti davvero felici.
Roma era buia è un romanzo di formazione. Durante l’adolescenza, Marina – la protagonista – cerca sé stessa. Chi trova?
MR: L’adolescenza è un tratto di vita che mi ha sempre affascinato. Non tanto viverlo quanto raccontarlo. Ripensare alla mia adolescenza, vivisezionare i momenti di passaggio. Quel continuo altalenare di emozioni dai quali sei attraversata e che decifri con fatica. Marina è questo a volte, una barca in mezzo al mare che ha perso la guida. Attraversa quell’anno, un anno fondamentale non solo per lei ma per Roma e per tutto il nostro paese, il 1978, con un candore, ma anche con lo stupore delle prime volte e toccando l’amore intenso e il dolore disperato, nello stesso tempo. Tutto insieme, in una palla incandescente che si ritrova a maneggiare senza essere pronta. Se c’è qualcosa o qualcuno che Marina riesce a trovare alla fine di questo viaggio, non è solamente una forza che non sapeva di avere, un sistema per cominciare a decifrare la sua vita, ma è anche il rapporto con suo padre. Un uomo che inizialmente, pur vivendo insieme nella stessa casa lei non conosce e che invece alla fine le sembra di afferrare, con quello che ne segue, forse la scoperta più importante: la consapevolezza che malgrado tutto, non è sola.
Il suo però è anche il romanzo di un’epoca che ha segnato il nostro Paese, quella degli anni di piombo. I protagonisti come vivono i tragici avvenimenti che hanno luogo proprio nella loro città, Roma?
MR: I miei protagonisti, tutti, dal gruppo di amiche che percorrono quel tratto di vita insieme a Marina, ai suoi genitori, i suoi professori, i compagni di scuola, Giulia, la donna della quale Marina si innamora, tutti sono immersi, ingoiati, intrappolati direi nella storia di quell’anno fatale. Il 1978. Il rapimento e poi l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse che ha lasciato un segno profondo, una ferita in tutti noi. Marina vive in diretta quell’episodio, il rapimento di Moro accade a poche centinaia di metri tra il palazzo nel quale abita, e la scuola che frequenta. E’ scioccata ma anche ‘abituata’, quasi rassegnata alla violenza che esplode per le strade, al buio della sua città, alla politica, alle manifestazioni selvagge con le quali convive, eppure capisce, lei prima degli altri, che quello sarà un punto di non ritorno. Il rapimento e poi l’omicidio di Moro cambierà la Storia e non solo quella con la S maiuscola, ma anche la storia più piccola e quotidiana di tutti i ragazzi che, come Marina l’hanno attraversata. Era questo passaggio che mi interessava raccontare. L’impatto di quella stagione violenta, sulle vite di quegli adolescenti che loro malgrado si sono ritrovati a viverla e come la loro storia privata ne sia stata segnata e probabilmente cambiata per sempre.
Nella storia, oltre ai rapporti personali, colpisce il ruolo delle case: si abitano, si lasciano, si visitano. Un’eredità della sua attività di sceneggiatrice?
MR: No, direi piuttosto un’eredità di vita della mia famiglia con la quale pur non muovendoci mai da Roma abbiamo cambiato molte case e appartamenti girando un po’ in tutte le zone della città. E poi la casa, è un luogo importante per me. E’ dove tutto avviene, dalle case dove si abita si capiscono le persone. Marina quando si ritrova a casa di Giulia per un caso la prima volta, è affascinata da quell’appartamento e non perché abbia qualche particolarità, ma perché è la casa che rispecchia quella donna che è ancora misteriosa per lei. Le case sono l’identità delle persone, e anche io ne subisco il fascino.
Ha pensato a una trasposizione cinematografica o televisiva per Roma era buia?
MR: Pensare ci ho pensato. Anche se non ho scritto il libro con questa intenzione. Come dicevo prima nasce da un’idea quasi opposta. Poi inevitabilmente, anche per una deformazione professionale, la tentazione c’è. La voglia di dare carne e ossa a quei personaggi, di farli vivere sullo schermo, sentire le loro voci è forte e ho molta voglia anche di scrivere la sceneggiatura che avrebbe bisogno di una chiave sicuramente diversa dal libro. Sarebbe un’altra sfida fantastica e che mi attira molto, ma che naturalmente non dipende solo da me, e quindi vediamo quello che succede…
Roma era buia
di Monica Rametta
HarperCollins
Monica Rametta è nata a Roma. È sceneggiatrice per il cinema e per la televisione. Ha scritto i film di Corso Salani, Pappi Corsicato, Laura Muscardin, Marco Puccioni, Costanza Quatriglio e Ivan Cotroneo. È autrice di diversi successi televisivi tra i quali Io sono Mia, le serie Tutti pazzi per amore, Una grande famiglia, È arrivata la felicità, Vivi e lascia vivere, La compagnia del cigno e Sei donne. Roma era buia è il suo primo romanzo.