Qualcosa di scritto art

Qualcosa di scritto

Qualcosa di scritto artUno scrittore non ancora trentenne, nei primi anni ’90 riceve l’incarico di raccogliere tutte le interviste rilasciate da Pier Paolo Pasolini e di curarne l’edizione.
Quello scrittore si chiama Emanuele Trevi, e dalla sua ricerca, che lo porta a un viaggio nel passato e in luoghi antichi, sui passi di uno scomparso ma quanto mai presente Pasolini, è nato Qualcosa di scritto, edito da Ponte alle Grazie.

All’allora Fondo Pasolini di Roma, un’inquietante voce femminile avverte Trevi che “queste interviste di Pier Paolo SCOTTANO, e allora, in questo libro, tutte le parole devono VOLARE.” La voce è quella di Laura Betti, molto legata allo scrittore friulano, e doppiatrice della bambina posseduta dal demonio nel film L’esorcista.
Il lavoro del giovane scrittore finisce melodrammaticamente gettato nel cestino da una Betti che si ritiene l’unica al mondo ad aver compreso P.P.P. e la sua ultima opera, Petrolio, rimasta incompiuta.
La donna è ormai soprannominata La Pazza, ma Trevi, di fronte a Petrolio, ammette che è un libro diverso da ogni altro che abbia mai letto.
Emanuele Trevi, con il suo stile sopraffino, riesce a far addentrare il lettore nel percorso a spirale di questa “bestia rara, un esemplare unico”, che è gorgo, visione, iniziazione, metamorfosi.
Come un lampo,Qualcosa di scritto lascia la sensazione, fugace e intensa, di avere per un momento visto davvero lo scrittore italiano più equivocato, lasciando a lui, e al suo testamento letterario, l’ultima parola.

Trevi foto di Simone Caltabellota artSignor Trevi, in Qualcosa di scritto lei afferma: “Personalmente, detesto quando di Pasolini si dice che era ‘scomodo’, come se fosse un divano, o ‘profetico’, come se si trattasse di un imbonitore da circo.
Laura Betti, dal canto suo, era convinta di essere l’unica persona al mondo ad averlo compreso, come uomo e come artista.
Dopo tante mistificazioni, c’è un modo per rendere giustizia a Pier Paolo Pasolini?
La strada per superare le mistificazioni mi sembra tracciata nella monumentale edizione delle Opere Complete curata da Walter Siti: quella di Pasolini è un’opera-corpo, un divenire e non una serie di dai quali si possono estrapolare delle affermazioni rendendole immobili e definitive.

Petrolio, l’opera incompiuta dell’artista e pubblicata postuma, è romanzo, saggio, poema mitologico, libro di viaggi, raccolta di racconti, e forse non solo, ma molto di più di questo. Perché lo ha ritenuto “diverso da ogni libro in cui mi fossi imbattuto”?
Proprio per la sua libertà del sistema dei generi letterari, ma non solo. Leggendo Petrolio noi intuiamo che la posta in gioco, questa volta, è più alta della scrittura di un’opera letteraria, fosse pure un “capolavoro”. E’ la traccia di un’esperienza, di una definitiva presa di coscienza sulla realtà ultima del proprio destino e del mondo.

Negli ultimi anni della propria vita, lo scrittore friulano grida con orrore alla degenerazione di un’umanità che diventa brutta e ripugnante, nascosta dietro la finta tolleranza e omologata dal consumismo. Che cosa sta vivendo?
Credo ci sia stata della disperazione, ma questa disperazione è stata anche uno stimolo, ha generato una lucidità dello sguardo che prima non c’era, una concentrazione sull’essenziale. Per fare un esempio trascurando i troppo citati Scritti corsari e le altrettanto abusate Lettere luterane (opere che personalmente amo poco) basta leggere le recensioni letterarie raccolte con il titolo Descrizioni di descrizioni. Mai Pasolini era stato in grado di leggere con tanta intelligenza e profondità.

Laura Betti, da lei comprensibilmente chiamata “la Pazza”, fu davvero vicina a Pasolini, personalmente e artisticamente, più di chiunque altro? Oppure dopo la morte di lui, portò il lutto per la perdita di qualcuno che in realtà non aveva mai avuto?
E’ quello che ho iniziato a sospettare lavorando per lei, a torto o a ragione. Mi sembra che Pasolini fosse incapace di una dedizione totale a un qualsiasi individuo, e quindi l’amore di Laura Betti fu necessariamente un sentimento sproporzionato, dissimmetrico.

Il suo libro Qualcosa di scritto è vissuto personale, critica letteraria, ritorno al mito, flusso di coscienza. Accompagna il lettore in una dimensione in cui si ha la sensazione preziosa di potersi avvicinare all’autore di Petrolio, opera da egli stesso a sua volta definita “qualcosa di scritto”. E’ noto che lei non ama le classificazioni, ma se qualcuno ritenesse Emanuele Trevi il più pasoliniano degli scrittori italiani?
Devo dire che questo giudizio mi stupirebbe. Semmai, ho la sensazione che la mia scrittura sta al polo opposto di ciò che Pasolini apprezzava: è priva di una posizione etica, e fin troppo “lavorata”. Di Pasolini, amo pochi libri, essenzialmente Petrolio e Descrizioni di descrizioni, e anche Teorema che è di poco precedente. Certo, non posso non riconoscergli l’autenticità, che per me è il fatto artistico più importante. Ma i miei modelli sono decisamente altri.

Qualcosa di scritto
di Emanuele Trevi
Ed. Ponte alle Grazie

La foto dell’autore è di Simone Caltabellota

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