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Breve corso di sopravvivenza ai mezzi pubblici romani

autobus_romaContinuiamo la nostra carrellata di perle di saggezza rivolte perlopiù ai turisti che dovessero avventurarsi nella capitale, ignari di usi e costumi locali.

Da bravi romani quadratici Medi magari non ci facciamo più caso, ma tutti noi nel frequentare i mezzi pubblici, spesso unica liana di salvezza nella giungla cittadina, seguiamo dei comportamenti che forse a un forestiero potrebbero sembrare un po' strani. Cominciamo con la privacy. Se ad esempio sull'autobus un perfetto sconosciuto vi apostrofa con un “scende alla prossima?”, che può avere come variante, a seconda della collocazione geografica e sociale del richiedente, “che scenni?” o “scusi, scende alla prossima?”, non è per un insano e quasi morboso interesse nei casi nostri è per l'innato senso pratico del popolo romano. Proprio quel senso pratico che porta chiunque a dover calcolare con largo anticipo non solo le proprie ma anche le altrui intenzioni per elaborare il percorso di sgusciamento ottimale ed evitare di arrivare alla porta, qualsiasi essa sia, e vedersela chiudere in faccia. Quanto più il mezzo è angusto e tanto più le persone si preoccupano del futuro altrui. Il massimo si ottiene nei vecchi tram, usati di solito sulla linea 19, in cui spesso si sente chiedere le intenzioni sulle prossime due o tre fermate. E' tanto radicata la della dichiarazione, quasi in uno strano gioco del bridge, che se qualcuno non tiene fede a quanto detto, sente l'obbligo di scusarsi e spiegare (“Ah, mi sono sbagliato, credevo che non ci fosse quella fermata…ma quando l'hanno messa?”). Talvolta si trova anche un leader, nella folla, che prende la parola e dice “scendiamo tutti!”. Nelle intenzioni dell'autore è palese che, per lo meno, scenderanno quelli che contano, gli altri… poco importa. Tutto questo gioco di dichiarazioni e controdichiarazioni provoca uno stato d'ansia collettivo che porta la maggior parte dei passeggeri a rimanere nei pressi delle porte e a snobbare persino un posto a sedere pur di rimanere nei paraggi dell'uscita. Ovviamente gli anziani sono i più accaniti. Non è raro sentire rifiutare un posto gentilmente ceduto con un “no grazie, scendo fra cinque fermate!”.

Altro costume che ormai è un dogma su quasi tutti i mezzi pubblici è l'utilizzo indifferente di qualsiasi apertura per entrare o uscire dal mezzo, eventualmente coordinando le operazioni verbalmente, cercando di imbonire il malcapitato di turno che ci ostacola la fuga con “che mi fa scendere che poi la fanno risalire?”. Come se poter risalire sul mezzo fosse un premio, una gratifica all'averci fatto scendere. Alle volte persino chi entra dalla parte giusta si scusa con chi vuole scendere rassicurandolo sulla sua futura collaborazione “non si preoccupi che la faccio scendere…”.

Se la vita nei mezzi può sembrare difficile nelle ore di punta, non è meno facile quando c'è poco traffico e poche persone. Avete mai visto un'anziana signora fare il surf? Beh, prendete il 360 dopo le 21 ed osservate con occhio scientifico le evoluzioni dei passeggeri mentre il mezzo si inclina, beccheggia e rolla. Noterete che tutti istintivamente piegano le ginocchia e controllano il bacino con fare esperto da beach boys e, mai, dico mai, mollano gli appositi corrimani, anche da seduti. Sono i momenti in cui i mezzi riescono finalmente a tener fede a quelle tabelle di marcia che gli autisti compilano meticolosamente ad ogni semaforo, quelle che ignorano l'esistenza del traffico stesso e che fanno dire al sito di Trambus: frequenza ogni 5′.

Frequenza regolare possono invece vantare le metropolitane. Anche qui ci sono codici non scritti, ma validissimi. Se ad esempio al fermarsi del treno si vede la gente aprirsi come per magia, non è per un'improvvisa ventata di gentilezza, ma per la solita praticità del popolo romano: si nun escono com'entramo? Quindi mai buttarsi dentro prima che sia uscito l'ultimo passeggero, si viene giustamente additati come eretici. Se poi la Metro è piena all'inverosimile anche lì scattano le dichiarazioni di discesa. Ci si accorda si contratta il centimetro, la fermata, si socializza insomma. Questa è la chiave per vivere bene i mezzi pubblici a Roma, sapere che si sta usando un trasporto collettivo e collettivamente si deve partecipare alla sua vita interagendo e vivendolo senza troppe complicazioni.

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