E' noto che a Roma (e dintorni) se si scava altre il metro di profondità si trova subito un reperto archeologico! I siti archeologici aperti al pubblico e non sono innumerevoli, interessantissimi e talvolta sovrapponibili ai monumenti ... anche se meritano un discorso a parte.
Gli acquedotti romani rappresentano tutt’oggi mirabili esempi architettonici, costruzioni che testimoniano la magnificenza di un impero grandioso. Le opere di trasporto dell’acqua realizzate dai romani furono di tale portata da rimanere impresse nelle scritture dei più grandi letterati della storia, da Dionigi di Alicarnasso a Plinio il Vecchio.
Se oggi la zona intorno alla stazione Termini si presenta come un crocevia di persone e culture, punto di snodo per i cittadini che si muovono con i mezzi pubblici, sempre affollata da turisti che vanno e vengono, non meno frequentata era all'epoca degli antichi romani.
La posizione dell'imponente complesso termale sul colle del Viminale non è certo frutto di una coincidenza. Quando, nel 298 a.C., Massimiano ordinò di dare inizio ai lavori di costruzione, egli era ben consapevole che in quell'area strategica sarebbero confluiti gli abitanti delle zone contigue, creando un importante luogo d'incontro.
Oggi andare alle Terme significa prendersi uno o più giorni di ferie nel tentativo di riacquistare forze dopo un intenso periodo di stress lavorativo, abbandonandosi ai vari trattamenti rigeneranti che vengono pubblicizzati in ogni dove.
Una soleggiata domenica di fine inverno è il giorno ideale per una piacevole passeggiata a contatto con la natura, con tanto di picnic al riparo dai rumori della città, senza necessariamente allontanarsi da Roma. Basta infatti inoltrarsi tra i sentieri del Parco della Caffarella, la cui fitta vegetazione nasconde interessanti resti romani, dando vita ad un'atmosfera singolare che differenzia questo da tutti gli altri parchi della capitale.
Qui, tra gli appassionati di jogging che detestano correre in mezzo al traffico e sfruttano ogni secondo libero per immergersi nel verde del parco riposarndo occhi, orecchie ed in parte polmoni, anche coloro che preferiscono una tranquilla passeggiata rimarranno soddisfatti.
Non uno dei colli di Roma, ma ‘il colle’, da dove tutto ebbe inizio…
Un’antica leggenda narra che sul Palatino si siano per primi insediati gli Elleni, giunti dall’Arcadia al seguito del loro re Evandro e del figlio Pallante.
Virgilio stesso parla dell’incontro di Ercole e di Enea con gli Arcadi, che Ovidio definisce ‘popolo più antico della luna’.
Ma il Palatino, il colle a due passi dal Colosseo, non è solo luogo di leggende, ma di storia.
Il bello dell'essere turisti romani a Roma sta nel potersi concedere il lusso di una visita guidata "personalizzata" in luoghi presi d'assalto da visitatori che non parlano italiano. Così succede ad esempio quando, dopo la splendida passeggiata lungo il viale costeggiato di cipressi, si decide di scendere nelle Catacombe di San Callisto.
Queste si distinguono per le elevate dimensioni dalle altre 60 catacombe cristiane ritrovate a Roma e rappresentano oggi un importante finestra sulla storia della comunità cristiana, nei primi secoli del suo sviluppo. La costruzione del "Complesso Callistiano" racchiuso tra l'Appia Antica e l'Ardeatina, iniziò nel II sec d.C e comprende un'area di 30 ettari di cui circa 15 sono occupati dalle catacombe. Sotto papa Zefirino la custodia del primo cimitero cristiano ufficiale fu affidata al diacono Callisto che si impegnò affinchè tutti i fedeli, senza distinzione di rango o classe sociale, ottenessero una degna sepoltura nel rispetto dei valori cristiani.
Dopo il 313 quando gli imperatori Costantino e Licinio posero fine alle persecuzioni con l'editto di Milano, le catacombe divennero veri e propri luoghi di culto, meta di continui pellegrinaggi.
Roma. XXI secolo. Una sequenza infinita di palazzi appiccicati l’uno all’altro come le tessere di un mosaico. Vie che sgusciano dai quartieri centrali a quelli periferici come anguille. Piazze con fontane, obelischi e zone verdi a strozzare incroci frenetici e marciapiedi affollati dal quotidiano. Una grande metropoli. La scena finale di un film. Una pellicola da smontare o semplicemente da guardare mentre si riavvolge. Scorrono le immagini di Roma del secolo scorso, di due secoli fa, e di tre, e così, via via, fino ad arrivare al I secolo a.C.. Sulla bella e soleggiata collina del Pincio si incontra Lucio Licinio Lucullo alle prese con una nuova moda che si andava diffondendo tra la nobiltà dell’antica Roma: quella della costruzione degli horti. L’interesse di Lucullo per gli spazi verdi venne presto seguito da Gaio Sallustio Crispo, storico e senatore romano. I suoi horti, i più grandi e i più ricchi del mondo romano, sorsero tra il Quirinale, il Viminale e Campo Marzio. Nel III secolo gli horti occupavano un decimo della città di Roma e formavano una corona di verde intorno al centro abitato.
Quando sento parlare dell'Appia Antica mi viene sempre in mente l’immagine di un tipico sabato mattina della mia infanzia, quando mia madre era a scuola e mio padre portava me e mia sorella a passeggiare lungo la più rinomata strada della Roma Antica.
Con la scusa di raccogliere la rughetta selvatica per il pranzo, di settimana in settimana papà riusciva nell'impresa non proprio facilissima, di appassionare due bambine alla storia millenaria legate a quelle rovine romane in cui ci si imbatte tutt’ora passeggiando lungo l’Appia Antica.
La pigrizia svaniva come per incanto non appena incontravamo il primo dei tanti sarcofagi di cui la strada è disseminata e poi la misteriosa torretta che più tardi avremmo scoperto essere il mausoleo di Cecilia Metella. Archeologhe fantasiose, arricchivamo la storia di particolari forse un pò surreali ma decisamente avvincenti.
La domenica invece, con un folto gruppo di famiglie munite di panini e biciclette, le escursioni si spostavano nella Valle della Caffarella, che è forse il vero e proprio cuore verde del parco. Ma passiamo a qualche informazione meno nostalgica.
L’aria è più saporita che altrove e la luce, anche al tramonto, picchietta come una cascata di diamanti sui pini parasoli dai capelli verdi e crespi. In questo spazio rarefatto dal tempo il mare si vede e si sente. E’ nelle narici. E’ sulla pelle. E’ sui volti della gente traghettata dal tempo tra le mille avventure di una città di mare. E’ la parte più antica e secolare di Ostia. E’ Ostia Antica: risorta dal suolo attraverso l’opera instancabile dell’uomo affinché anche noi potessimo camminare tra basi e mura di edifici romani, tra mosaici dai temi marini, tra anfiteatri e tra rovine che si spurgano di erba e pini.
"Panem et Circenses" o più attualmente " l'oppio dei popoli". Gli antichi romani lo avevano capito molto bene e lo hanno tramandato nel tempo altrettanto bene.
Oggi: il calcio, le corse, la televisione. Il popolo è contento e si può controllare meglio, si possono fare i propri interessi meglio e le masse non stanno tanto a sindacare.
Anche nell'antica Roma il potere aveva bisogno di qualcosa che distraesse le masse, che non le facesse pensare troppo e ciò che in realtà era la loro vita e il loro futuro gestito ed organizzato da pochi eletti. In quell'epoca esistevano i gladiatori e le corse delle bighe, con grandiosi spettacoli ad intrattenere e distrarre. Se non altro, gli Antichi Romani, quando facevano una cosa la facevano bene ed hanno lasciato ai posteri opere e testimonianze sparse in tutto il mondo, allora conosciuto, della loro grandezza, con teatri, anfiteatri, circhi e monumenti che hanno sfidato i secoli arrivando ai giorni nostri in discreto stato per istruirci degli usi e consuetudini di allora.
“…a Livia Drusilla…un’aquila lasciò cadere dall’alto in grembo…una gallina di straordinario candore che teneva nel becco un ramo di alloro con le sue bacche. Gli aruspici ingiunsero di allevare il volatile e la sua prole, di piantare il ramo e custodirlo religiosamente. Questo fu fatto nella villa dei Cesari che domina il fiume Tevere presso il IX miglio della Via Flaminia, che perciò è chiamata alle Galline; e ne nacque prodigiosamente un boschetto.” (Plin. nat. XV, 136-137).
Svetonio, Cassio Dione e Plinio hanno scritto di una villa collocata al IX miglio della via Flamiania, su un’altura che domina il Tevere e vicino a quella che oggi è conosciuta come Prima Porta. La villa in questione è quella di Livia denominata nelle antiche fonti ad gallinas albas, in ricordo, come recitano i versi precedenti, dello straordinario evento accorso a Livia, sposa di Ottaviano Augusto, mentre si recava nei suoi possedimenti.
Leggi tutto...E’ incastonata come un tassello in un grande mosaico. Si incastra alla perfezione tra i resti della Città di Lavinium (Borgo di Pratica di Mare a Pomezia), della Villa di Plinio (Castelfusano sulla Cristoforo Colombo), della Villa di Nerone (Anzio), e della Via Romana alla Campana di Nettuno (Nettuno). E’ Castrum Inui, la tessera mancante di quel mosaico archeologico, localizzato nell’area sud del litorale romano, e definito dagli esperti del settore “una delle scoperte più importanti dell'archeologia etrusco-italica degli ultimi 50 anni” (Professor Mario Torelli). Un sito particolarmente esteso, quasi come uno di quei ritrovamenti in terra d’Africa. Un sito rilevante dal punto di vista scientifico e per lo stato di conservazione, nonostante lo spoglio subito in età romana.
"Ed anche tu vecchia città di Veio, regno potente fosti un dì, ed allora fu posto nel tuo Foro un aureo seggio: oggi suonar tra le tue mura udiamo del pastor lento il corno e dei tuoi figli sopra l’ossa vediam mieter le biade”. E’ Properzio a parlare dell’antica città di Veio, seppellita, oggi, all’interno dei quindicimila ettari di terreno che danno vita al Parco Naturale Regionale di Veio. La storia di questa, oramai, polverosa città si mescola e si ridesta attraverso i secoli, i popoli e le vicende che hanno lambito le gesta di chi la conquistò assoggettandola a se nel lontano 396 a.C.. Non bastano il magico e romantico rumore della cascata, alimentata dal torrente Valchetta (antico Crèmera), il sorriso sornione della statua di Apollo, conservata al Museo di Villa Giulia, o la magnificenza del Ponte Sodo a cancellare il passato della città di Veio.
Cos’è che rende Roma così unicamente irresistibile e affascinante? Non si tratta solo dell’innumerevole quantità di opere d’arte e resti storici di cui è cosparso il territorio della capitale, ma anche della sorprendete capillarità con cui queste costellano una vasta parte dell’area cittadina. Se dentro il perimetro del Grande Raccordo Anulare collocassimo una bandierina colorata sulla pianta della città, ne risulterebbe probabilmente un mosaico che nasconderebbe buona parte del tracciato viario. E se associassimo un grado di rilevanza storica e architettonica ad ogni bandierina, ci troveremmo ovviamente a dover scegliere di classificare le varie opere, basandoci più che altro su quanto quell’opera rappresenta Roma nel nostro personalissimo bagaglio culturale. E quindi probabilmente troveremmo ai primi posti Colosseo, San Pietro, Pantheon, Circo Massimo. Solamente più tardi andremmo ad elencare altri capolavori, alcuni visti solamente in cartolina o di cui abbiamo a malapena sentito parlare. Tra questi rientra probabilmente il complesso termale contenuto all’interno del Parco di Colle Oppio, le Terme di Traiano. Si tratta dell’impianto più grande tra quelli costruiti storicamente a Roma, ma paradossalmente anche del meno conosciuto.
Durante l’età imperiale le thermae erano dei grandi stabilimenti. Il termine, di origine greco ma etimologicamente legato al concetto di “caldo”, fu utilizzato a partire dal 25 a.C. quando Marco Vepsanio Agrippa, genero di Augusto, costruì nel Campo Marzio, nel cuore dell’antica Roma, un grande stabilimento balneare.
Si trattava di un luogo aperto ad ogni genere di frequentatori, alla stregua di un moderno “servizio pubblico”. Il servizio offriva bagni e cure igieniche ma anche esercizi ginnici e tutto ciò che era legato allo svago, alla cultura, agli incontri e ai divertimenti. Insomma, questi luoghi risultavano molto appetibili e ricercati dal popolo durante il tempo libero. E in tal senso, gli antichi romani sono stati grandi maestri.
Leggi tutto...Punto di incontro di strade che si intersecano e si rincorrono. Un crocevia di fermate di autobus e di tram. Una libreria e un teatro. Uno spazio che acquista significato profondo nell’attimo in cui si sposta lo sguardo un pò più in là. Oltre il luogo dell’attesa, oltre lo spazio aperto a tutti. Una balaustra che delimita un’area collocata al di sotto del manto stradale. Una piazza dai natali famosi e dalla storia antica. Una storia che ripercorre sul luogo dell’ assassinio dell’imperatore Cesare e della colonia di gatti più famosa di Roma che oggi hanno occupato l’intera area, un arco temporale di secoli. Siamo nel cuore della Capitale a due passi dal Colosseo, dall’Altare della Patria, e dall’Isola Tiberina. Siamo a Largo di Torre Argentina e stiamo ammirando il complesso archeologico denominato “Area Sacra”. Per questo luogo, dove il tempo ha nascosto il suo passaggio sotto strati di terra e di detriti e che la paziente opera dell’uomo ha rispolverato dell’ingombrante fardello di superflui sedimenti, sono state riconosciute le fasi principali di costruzione, tutte datate con relativa esattezza. E come un sipario “tirato su”, oggi, il passante-turista-spettatore ne può ammirare le antiche vestigia.
“Ma sei proprio di coccio?” Tra amici, specialmente a Roma, è facile sentirsi apostrofare con un’espressione come questa. E Roma a proposito di cocci la sa proprio lunga. Addirittura girando per le vie della città è facile ritrovarsi nelle vicinanze di una collinetta, popolarmente chiamata, Monte dei Cocci o Monte Testaccio. Il coccio è un’anfora e il termine “testaccio” deriva dal latino “testa”, ovvero coccio. E il gioco è presto fatto: testa uguale coccio!
Il Monte Testaccio altro non è che una collinetta artificiale, alta circa 30 metri, 54 dal livello del mare, e con una circonferenza di un chilometro, posta sulla sponda sinistra del Tevere, nella zona sud-est della Capitale, nasce dall’accumulo di testae, cocci, in prevalenza frammenti di anfore usate per il trasporto delle merci, sistematicamente scaricati e accumulati nella zona, con ogni probabilità, tra il periodo augusteo e la metà del III sec. d.C.. Una "discarica", insomma, del vicino porto fluviale dell’ Emporium.
Leggi tutto...Il Parco Archeologico delle Tombe di via Latina ha il suo ingresso al civico 151 di via Arco di Travertino. Sorge, nel IX Municipio, a 6 chilometri dal centro di Roma tra la via Appia Nuova e la via Tuscolana. La zona dove oggi sorgono palazzi e villette con giardino e dove la quiete nei giorni feriali è rotta dal rumore del traffico cittadino, nel II secolo d.C., fu scelta per l’edificazione di un importante complesso funerario. Il sito è inserito nel Parco Regionale dell'Appia Antica, e si sviluppa per una lunghezza di 450 metri al III miglio e lungo i bordi dall’antica Via Latina.
A differenza della maggior parte delle altre strade romane la via Latina non porta il nome del costruttore. Questo suggerisce che è una delle strade più antiche della capitale. Insieme a via Appia, da cui si separa molto presto, inizia da Porta Capena e si snodava in direzione sud-est per circa 200 chilometri fino a raggiungere Capua.
Leggi tutto...Piazza di San Lorenzo in Lucina si affaccia in modo “ristretto” su Via del Corso tanto da essere quasi invisibile agli occhi dei passanti, lasciandola quindi, piccola e inviolata, chiusa in una sua personale dimensione che prescinde dalle grandi masse che fluiscono quotidianamente lungo il corso e la sfiorano, a volte con uno sguardo distratto, inconsapevoli della bellezza che quell’angolo di Roma custodisce.
Chi si avventura, invece, attraverso il “ristretto” spazio, trova che affacciata, proprio, sulla solare piazza, “nascosta agli sguardi”, circondata da case e palazzi, costruiti dal Seicento al Novecento, del secolo scorso, che le rendono armonia e fierezza, si trova la Basilica di San Lorenzo in Lucina.
Leggi tutto...In piazza Elio Callistio, nel cuore del quartiere Africano, vi è l'omonimo sepolcro, meglio conosciuto, però, come Sedia del Diavolo. Ma perché proprio un simile nome?
Dopo aver visitato virtualmente, almeno con la fantasia, gli angoli più reconditi del Colosseo e della Domus Aurea, concludiamo per ora il nostro viaggio con un altro importantissimo monumento che sorge dall’epoca dei romani, nell’area archeologica dei fori, in prossimità dell’Anfiteatro Flavio si i resti del Tempio di Venere e Roma: l’Arco di Costantino.
Il 28 ottobre 312 la battaglia di Ponte Milvio decise lo scontro tra Massenzio, l’”usurpatore” del potere in Roma, e Costantino. Conseguita la vittoria, Costantino non si fermò a Roma, che ormai non rappresentava più il centro politico indiscusso dell’impero, ma dispose la propria sede imperiale a Treviri, in Germania.
Nel ex borgata Ottavia, XIX Municipio, in via della Stazione di Ottavia 73, a due passi della via Trionfale, tra gli anni cinquanta e la fine degli anni sessanta del secolo scorso si registrò un notevole sviluppo edilizio e viario. Nella zona sorsero case popolari, fu intensificata la linea ferroviaria Roma-Viterbo e da pochi anni il quartiere è “servito” anche da un’uscita sul Grande Raccordo Anulare.
La costruzione delle infrastrutture nella borgata Ottavia è coincisa di pari passo con la scoperta di alcuni resti monumentali e stradali risalenti al periodo etrusco.
Leggi tutto...La vasta pianura di origine alluvionale che prese il nome da un antichissimo santuario di Marte, Campus Martis, si trova “distesa” tra la grande ansa del Tevere a ovest, il Pincio e il Quirinale a nord e ad est e il Campidoglio a sud. Quello che oggi, infatti, va sotto il nome di Rione Campo Marzio era, alle sue origini, una distesa di circa 2 chilometri quadrati che per lungo tempo rimase esterna alla Roma “murata”, al pomerio. E il suo utilizzo era legato, soprattutto, alle udienze di ambasciatori stranieri e a luoghi di culto per le divinità orientali.
In Epoca Regia, l’area fu “dedicata” al dio Marte e adibita ad esercizi militari.
Leggi tutto...C’è un posto a Roma davvero molto caro ai suoi abitanti e ai turisti. Sarà perché sprigiona una magia particolare, sarà perché fa da cornice alle opere liriche più belle della tradizione italiana, sarà perché la sua storia ha radici molto antiche: fatto sta che le Terme di Caracalla rappresentano uno dei posti più affascinanti della Città Eterna. E ogni volta che ci si passa davanti, non si può fare a meno di osservarle in tutta la loro spettacolarità.
In questo periodo dell’anno, all’inizio della bella stagione, le Terme vivono un momento particolarmente entusiasmante perché sono la “succursale estiva” del Teatro dell’Opera. Certo, chiamarle succursale è davvero riduttivo, ma ben ci spiega che in estate la gran parte delle opere previste nel cartellone dell’Opera di Roma si svolgono all’aperto presso le Terme di Caracalla.
I balletti più celebri e le opere liriche più entusiasmanti si vestono di altre emozioni sotto il cielo stellato di Roma, circondati dalla maestosità di questo complesso archeologico.
La mancanza di luce in certi edifici e nelle vie dell’antica Roma sorprende. In certi luoghi più che in altri, quando il buio avvolge l’Urbe, tutto diventa irreale. E’ il VI secolo a.C. e sull’altura meridionale della collina del Campidoglio, la pallida luce della luna, in un’atmosfera di quiete, rivela un volto, disteso, che neanche il vento scompone. D’altronde, come avrebbe potuto? Quel viso verniciato di rosso durante i giorni festivi, quella mano destra che trattiene un fascio di fulmini e quegli abiti, tipici della regalità etrusca, sono di terracotta. L’artista che ha realizzato la statua, dedicata a Giove, padre degli dei, collocata in una delle tre celle parallele che formavano il Tempio di Giove Capitolino o Giove Ottimo Massimo, eretto nel luogo dove Romolo, secondo la leggenda, accolse i fuggiaschi che avevano formato il primo nucleo del suo popolo, è Vulca di Veio. Le altre due camere del Tempio costruite, in forma più piccola, ai lati della “stanza” di Giove, onorano Minerva e Giunone, divinità della “triade capitolina” o divinità alleate.
A Roma, tra via del Teatro di Marcello e il Vico Iugario, ai piedi del Campidoglio, di fronte all’edificio dell’Anagrafe, si trova uno dei siti archeologici tra i più interessanti della Capitale. Si tratta di un’area sacra, sede di uno dei più importanti e antichi santuari, che prende il nome della chiesa che vi sorge sopra. E’ l’Area Sacra di Sant’Omobono.
La scoperta del sito risale al 1937. Dei pozzi scavati sotto la chiesa di S. Omobono per ricavarne una cripta, rivelarono infatti i resti di una capanna databile intorno al VIII secolo a.C., oltre a un’area di culto con altari e residui di ossa animali, con un frammento di vaso con iscrizione.
Leggi tutto...Otto secoli. Sì, tanto durò l’orgoglio del popolo romano per le “proprie” navi e per il potere marittimo che portò Roma dalle rive sinistre del Tevere al controllo dell’intero Mediterraneo, attraverso tutte quelle vie, oceaniche, marittime, lacustri e fluviali, che collegavano la città con le regioni periferiche dell’Impero. Il popolo era così fiero delle imprese navali tanto da onorarle con trionfi, monumenti e templi dedicati alle divinità e con i quali propiziavano le vittorie.
Una Chiesa con un ventre sotterraneo. Una storia che vive nascosta e lontana dalla vita che frenetica “sciorina”, giorno dopo giorno e anno dopo anno, qualche metro più su. E una leggenda che parla di una “vergine illustre” e di un “martirio”. E poi, ambienti di epoca romana e di altre epoche ancora, che si intrecciano, si alternano, e si compongono irriverenti agli sguardi di studiosi e appassionati. Forse, è l’assenza di luce naturale e il colore tipico che assume l’oscurità ricevendo “lume” artificiale, o quella temperatura fresca e piacevole che hanno i luoghi sotterranei, a rendere gradevole e interessante la passeggiata in un posto dove “sacro e profano” si mescolano, si alternano e si mostrano nel loro essere tutto e niente.
“Quanto sei bella Roma quand'e' er tramonto / quando l'arancio rosseggia / ancora sui sette colli / e le finestre so' tanti occhi, / che te sembrano dì: quanto sei bella”. Quando ancora le note e le parole di Roma Capoccia di Antonello Venditti scrivono pensieri e ricordi nelle menti, e la bellezza di Roma si staglia all’orizzonte di un popolo che ha vissuto i fasti e le debolezze di tutte le epoche storiche, le immagini si sovrappongono e il tempo, come bandito da una moviola, rallenta e regala spettacoli. Una delle più belle vedute che Roma offre ai turisti e ai romani, con toni vivi e plastificati, è il “Giardino degli Aranci”. Da dove sullo sfondo spicca, nitida e altezzosa, la Cupola di San Pietro e poi i tetti romani di Trastevere che riempiono la distanza con il Vaticano a formare un quadro unico di continuità tra presente e passato. In realtà siamo nell’angolo del più meridionale dei colli romani: l’Aventino.
Un’incisione ottocentesca di Bartolomeo Pinelli mostra, in bianco e nero, l’Esquilino visto dal Colosseo. L’immagine lascia poco spazio alla fantasia. In primo piano, una coppia che indossa nobili vestiti dell’epoca “sbircia” da dietro un cespuglio di canne la vita campestre che poco più in là anima la giornata. Contadini che raccolgono l’uva e contadini che appoggiati alle loro zappe si concedono una chiacchierata. Il paesaggio tutt’intorno è quello della tipica periferia romana: alberi, mura di cinta diroccate e sullo sfondo troneggia la croce di una chiesa e i resti di un’alta e antica dimora.
Una foto di qualche anno fa si sovrappone all’incisione di Bartolomeo Pinelli e da qualsiasi angolazione si cerca di posizionarla ci si rende presto conto che le immagini non combaciano. I contadini sono spariti, le vigne, gli alberi e il cespuglio di canne sono andati via, trasportati dal vento della modernità che i secoli trascorsi si sono portati dietro. La chiesa con la sua croce è ancora là insieme alle mura di cinta un po’ più diroccate e ai resti dell’antica dimora.
Leggi tutto...Passeggiare per l’area archeologica dei Fori Imperiali è una delle esperienze più suggestive che Roma offre ai turisti e ai suoi cittadini. La luna è sorta e tramontata su questa splendida città quasi 700 mila volte e ancora oggi dopo tanto tempo ci parla e ci stupisce con la sua unicità e la sua magia. E passo dopo passo lungo la nostra passeggiata l’immaginazione travalica i tanti secoli trascorsi e va alla ricerca, curiosa e spasmodica, di quello che poteva essere Roma nel momento del suo massimo splendore. Nel ricostruire la quotidianità degli antichi romani ci accorgiamo che lo sforzo diventa enorme. Ci guardiamo intorno e ricerchiamo i luoghi dove vivevano, immaginando come potevano essere le loro case, quali potevano essere le loro abitudini, e come si muovevano durante la giornata.
Le capanne del Palatino sono considerati i migliori reperti dei primi insediamenti di Roma della cosiddetta età del Ferro, rispetto ad altri siti presenti nel Foro Boario, nei pressi della Velia.
Internamente, rispetto a Lungotevere della Farnesina, dopo Via della Lungara, all’altezza di Via della Penitenza, tra il 1879 e il 1895, durante i lavori di arginatura del fiume Tevere, fu “rinvenuta” parzialmente, ma andò anche distrutta, Villa della Farnesina.
Durante gli scavi furono recuperate le pitture parietali e gli stucchi delle volte che ornavano gran parte degli ambienti della Villa, oltre che alcuni mosaici pavimentali. Oggi, è possibile ammirare questi reperti al Museo Nazionale Romano, o Palazzo Massimo, dove sono esposti.
Leggi tutto...Nell'antica Roma, la guardia pretoriana aveva il compito di salvaguardare la sicurezza dell'imperatore. Poi ci sono anche i semplici pretoriani, che costituivano un corpo militare di scorta a disposizione sempre dei vari imperatori. A Roma vi era una loro specifica caserma, i Castra Praetoria.
Il Palazzo di Domiziano è il principale complesso dell'antica Roma presente sul Colle Palatino. È composto dalla Domus Flavia, Domus Augustana e lo Stadio palatino. Vicino al Palazzo di Domiziano vi è la cosiddetta Casa dei Grifi.
Una storia lunga 1700 anni. A volte sono semplici narrazioni, altre volte sono i resti di costruzioni che testimoniano lo scorrere del tempo fatto di secoli e non di mesi o di anni. E poi ci sono quelle strutture, come le cinte murarie delle città, che racchiudono al loro interno altre storie, appartenute ad altre epoche e le proteggono, le custodiscono quasi con gelosia. Tutto ciò che si trova al di fuori del loro perimetro invece diventa altro. E’ estraneo. E Roma nel corso della sua plurimillenaria storia di cinte murarie ne ha avuto almeno tre. Ognuna più estesa e più solida della precedente.
Poco dopo il V miglio dell’Appia Antica e il settimo chilometro di Via Appia Nuova si trova una delle più grandi ville del suburbio romano. Una grande proprietà. Una grande villa imperiale. Estesa su una superficie di circa 1.000 metri quadrati. I nomi dei proprietari di questa splendida dimora sono stati rinvenuti su alcune condutture di piombo su cui erano incisi. Si tratta dei fratelli Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valeriano Massimo, nobili, colti, entrambi consoli, grandi proprietari fondiari e appartenenti a una delle famiglie senatorie più importanti del tempo degli Antonini. La loro villa era una delle più lussuose dell’intero circondario. Aveva l’ingresso poco dopo il V miglio sull’Appia Antica e oltre a godere di comodità raffinate era il luogo prediletto dai fratelli Quintili e dai loro amici per la scrittura di opere di agraria e storia militare.
28 ottobre 312 d.C., Battaglia di Ponte Milvio - L’imperatore Costantino trionfa su Massenzio e il Senato dedica a questa vittoria un arco che reca nella fornice centrale questa iscrizione: “All'imperatore Cesare Flavio Costantino Massimo Pio Felice Augusto, il Senato e il Popolo Romano, poiché per ispirazione divina e grande saggezza con il suo esercito e con giuste armi ha liberato lo stato dal tiranno e da ogni fazione, dedicarono un arco decorato di rappresentazioni trionfali.”
“Il rimanente venne distrutto da Papa Sisto V nell'inverno 1588-89 per mano del suo architetto Domenico Fontana. I lavori costarono al papa 905 scudi, abbondantemente compensati dal ricavato in peperino, travertino, marmi rari e colonne.
Trentatré blocchi di pietra furono usati nella fondazione dell'obelisco di Piazza del Popolo; 104 blocchi di marmo nel restauro della Colonna Antonina, includendo la base della statua di San Paolo che la corona; 15 nella tomba del Papa nella Cappella del Presepio in Santa Maria Maggiore, e altrettanti nella tomba di Pio V...”
Fra il tempio dei Càstori e la casa delle Vestali, quindi nel Foro Romano, si trova la fonte di Giuturna, piuttosto importante all'epoca.
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