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La ricerca, ancora una scelta difficile

ricerca_apparato_sangueCosa c’è dietro ad un impiego nel campo della ricerca scientifica? È davvero così dura come dicono portare avanti le aspirazioni professionali e contemporaneamente raggiungere una posizione sociale stabile? Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Angela Maria Coletta, laureata in Scienze Biologiche ed attualmente impegnata in diverse attività scientifiche riguardanti il mondo della ricerca nel campo dei tumori.

Andiamo con ordine Dott.ssa Coletta, può parlarci brevemente del suo percorso di laurea?

Certamente è stata un’esperienza bellissima studiare materie inerenti la biologia e poterle tradurre in pratica, ed è con enorme piacere che ricordo gli anni dei miei studi. Essendo una fuori sede, ho vissuto anche il difficile periodo dell’inserimento nella capitale con tutte le complicazioni economiche che questo comporta. Per chi, come me, una volta laureato ha intenzione di proseguire il proprio percorso di ricerca e studio all’interno del mondo universitario, è indispensabile ottenere una tesi di tipo sperimentale. Durante la lunga e problematica fase di ricerca ed assegnazione di una tesi sperimentale che soddisfacesse al tempo stesso gli interessi personali e le ambizioni professionali, sono entrata in contatto con realtà variegate, mirando prima di tutto all’ottenimento della tesi, ma non trascurando le prospettive di sviluppo post-laurea. Nel mio caso, per vari motivi basati anche e soprattutto sulla disponibilità dei professori, scelsi di svolgere una tesi presso l’Istituto Tumori Regina Elena. L’argomento della tesi fu “Analisi delle alterazioni cromosomiche associate all’insorgenza e alla prognosi dei tumori gliali (particolari tipi di tumori cerebrali)” con l’utilizzo di tecniche di citogenetica. In materia di ricerca nell’ambito dei tumori il Regina Elena rappresenta, con il suo polo oncologico, un importante punto di riferimento. Di recente l’ospedale è stato fregiato con il premio nazionale Ara Pacis 2010, per aver realizzato un progetto volto ad umanizzare le cure ospedaliere per i pazienti oncologici.

Quanto dura normalmente il periodo di preparazione di una tesi sperimentale come quella che ha fatto?

ricerca_provetteIl tempo necessario è molto variabile. Dipende da diversi fattori tra cui l’effettiva durata delle sperimentazioni necessarie all’ottenimento dei risultati previsti, la disponibilità dei professori /dottori che seguono l’attività ed un pizzico di fortuna, che non guasta mai… In generale, comunque, si tratta di periodi piuttosto lunghi, parliamo di almeno 2 anni, per arrivare anche a 3 o più come nel mio caso. Durante il percorso della tesi percepivo un compenso sotto forma di collaborazione tecnica di ricerca; compenso che, oltre a rappresentare una gratificazione personale, valorizzava un’attività che, se svolta con impegno e dedizione, è paragonabile ad un vero e proprio lavoro. Vorrei puntualizzare che il mio caso rappresentava un’eccezione. Infatti, di norma durante la tesi non è prevista alcuna retribuzione e questo accentua ancora di più il sacrificio di chi intraprende questo tipo di percorso.

Nel suo caso di che tipo di compenso parliamo?

A suo tempo, era il 1996, la retribuzione era sottoforma di contratto a progetto ed ammontava a circa un milione di lire.

Dopo la laurea la sua professionalità e la sua retribuzione hanno avuto uno sviluppo di qualche tipo?

Si, ma non particolarmente evidente. Nel mio caso, il contratto rimase di collaborazione di ricerca e l’importo fu ritoccato leggermente in virtù del mio nuovo “stato professionale”.

Cosa è successo poi?

Dopo un anno e mezzo nella nuova veste di laureata ho lasciato il Regina Elena per intraprendere la specializzazione in Patologia Clinica presso l’Ospedale S. Andrea (seconda facoltà di medicina dell’Università La Sapienza). La specializzazione ha una durata quinquennale, periodo di tempo durante il quale è obbligatorio frequentare le lezioni e le esercitazioni pratiche chiamate “attività professionalizzanti” inerenti all’attività di laboratorio,sostenendo ovviamente il relativo esame al termine di ogni corso. Il mio percorso terminò con la preparazione e la presentazione di una tesi sperimentale sull’applicazione di una particolare metodica per l’individuazione di eventuali alterazioni geniche associate al carcinoma broncogeno (polmonare).

Come riusciva a mantenersi?

ricerca_reazione_chimicaInizialmente la mia unica entrata era quella della borsa di studio vinta per meriti di prima classificata al concorso della specializzazione, con una retribuzione mensile di circa 500 euro. Ovviamente con la sola retribuzione della borsa di studio della specializzazione non sarei riuscita a tirare avanti. Per questo accettai di affrontare un impegnativo percorso parallelo, che mi consentisse da una parte di arrotondare le entrate e dall’altra di individuare possibili sbocchi futuri. Così intrapresi un impiego complessivamente triennale nel laboratorio di Ematologia, sezione di citogenetica, prima del Policlinico Umberto I, con pagamenti sottoforma di prestazioni occasionali e contratto a progetto di circa 600 euro mensili, poi dell’Ospedale S. Eugenio, con contratto a progetto di 1000 euro mensili. Durante questi anni, una buona parte delle mie giornate veniva impiegato nel trasferimento dalla sede di specializzazione a quella lavorativa o viceversa, con un cospicuo dispendio di energie fisiche e mentali, nonché economiche.

Insomma alla fine, con parecchi sacrifici, riusciva a tirare su uno stipendio dignitoso…

Si certo, ma occorre dire che durante questi periodi succedeva di non percepire lo stipendio per diversi mesi, in un caso anche per un anno intero, con pagamento degli arretrati ottenuto solo dopo diversi anni ed ovviamente senza interessi. Una situazione che non mi consentiva di vivere serenamente anche le seppur ridotte occasioni di svago e di vacanza. E di creare una famiglia, o semplicemente programmare il mio futuro, neanche a parlarne…

Attualmente che tipo di prospettive ha?

Reduce da alcuni mesi di “volontariato” (come chiamo i mesi di lavoro non retribuito), attualmente percepisco un assegno di ricerca di circa 1200 euro. Spero davvero che la mia posizione possa presto regolarizzarsi con un contratto a tempo indeterminato. Il lavoro che svolgo mi piace molto, anzi la mia è passione pura (come d’altronde anche quella dei colleghi che si trovano nella mia stessa situazione) e non rimpiango neanche una delle mie scelte passate. Ma a 40 anni inizio a sentirmi stanca di non poter godere di un viaggio o di avere paura di prendere una multa per divieto di sosta.

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