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Vittoria Colonna, la perfetta espressione del secolo in cui visse

Madonna_of_Charity_Ischia_002Vittoria Colonna nacque nel 1492 nell’antica residenza dei Colonna a Marino da Fabrizio Colonna, signore di Paliano, e da Agnese di Montefeltro. Della sua prima giovinezza poco si conosce se non che dovette assistere fin da piccolissima alle dure lotte della sua famiglia contro i Borgia e ai loro tentativi di sopraffazione per privare i Colonna dei loro beni. Il clima nella sua casa e un’indole chiusa portarono alla formazione di un carattere severo e non disposto a compromessi. La sua educazione fu completa e raffinata e, unita ad una predisposizione per le arti e per le lettere, ne fece una donna colta e ricca intellettualmente.

Lo sfarzoso matrimonio di Vittoria con Francesco D’Avalos, rampollo di una delle più accreditate famiglie spagnole del Regno di Napoli, fu combinato sin dalla loro infanzia. I due giovani erano coetanei e dovevano avere circa 17 anni quando vennero celebrate ad Ischia le nozze, cui presero parte le migliori famiglie della nobiltà napoletana.

Vittoria_ColonnaFu dopo averlo sposato che Vittoria iniziò ad innamorarsi del giovane marito. Ma era destinata a godersi ben poco il matrimonio poiché Francesco, da buon soldato, passava da una campagna all’altra, a cominciare dalla guerra che Carlo V aveva mosso ai Francesi. Quando cadde prigioniero e venne condotto a Milano, Vittoria, tutta presa di lui, non fece che mandargli una lettera dopo l’altra. Anche Francesco si fece trascinare nel gioco letterario e le dedicò dalla prigionia un “Dialogo d’amore” piuttosto accademico e sentenzioso.

Appena liberato non fece in tempo a tornare da Vittoria che l’aspettava a Napoli, che già venne richiamato a Vicenza. Nel 1521 era di nuovo a Milano e nel ’23 prese parte alla battaglia della Bicocca e all’occupazione di Genova: per 16 anni aveva combattuto in tutta Italia.
In questi anni, la colta ed intellettuale Vittoria, sola, dallo “scoglio” ischitano, divenne la musa di una rosa di letterati umanisti, da Bernardo Tasso a Luigi Tansillo, da Galeazzo di Tarsi a Girolamo Britonio, da Capanio a Sannazaro, che le ispirarono rime amorose e spirituali.

Da Milano, stremato e malandato, sentendosi giunto alla fine, mandò a chiamare la moglie. Vittoria si mise subito in viaggio, ma la notizia della morte di Francesco la colse mentre si trovava a Viterbo. Era il 1525 e Vittoria non aveva nemmeno 34 anni. Priva del suo sposo ma non del pensiero di lui, schiva ed orgogliosa com’era, decise di rifuggire ogni mondanità, e continuare a vestire i panni della sposa fedele e inconsolabile, alla quale solo la fede poteva arrecare conforto.

La sua inquietudine la portò in varie città italiane, e dovunque scelse di rifugiarsi nella pace dei conventi: a Roma, dove nel convento di S. Silvestro si incontrò per la prima volta con Michelangelo, poi a Orvieto e a Viterbo e ancora a Roma, nel monastero delle Benedettine di S. Anna. E’ qui che Vittoria Colonna e il Buonarroti si ritrovarono definitivamente e fu il principio di quell’amicizia che doveva passare alla storia come uno dei rapporti più solidi e produttivi che si siano mai conosciuti: Michelangelo aveva 17 anni più di Vittoria, ma rimase colpito dalla forza del suo credo e dalla sua severità morale.

Anche se spesso fisicamente distante dalla sua città natale, fu molto attiva ed attenta ai problemi durante il Sacco di Roma nel 1527: scrisse a tutti coloro che sarebbero potuti intervenire per mitigare gli effetti di quella tragedia, fece di tutto per riscattare i prigionieri e insieme alla sua amica Costanza di Francavilla accolse molte dame e letterati che cercarono rifugio ad Ischia.

In quel periodo era in contatto con Juan de Valdés, propagatore di una nuova dottrina secondo la quale la salvezza dell’anima si sarebbe potuta conquistare con la sola fede e non attraverso pratiche religiosi del tutto esteriori. Questo scarno ed essenziale concetto della religiosità piaceva a Vittoria, che ne discusse con il Buonarroti, con il quale si incontrava nel convento di Montecavallo. Michelangelo si stava preparando ad eseguire il Giudizio Universale nella Cappello Sistina, ed è certo che le idee riformiste della Colonna dovettero lasciare tracce profonde nelle concezioni religiose.

vittoria_colonna_michelangeloVittoria non fu tuttavia per Michelangelo né Laura né Beatrice, non fu la sua musa ispiratrice, ma soltanto un’anima con la quale condivideva una identità spirituale e alcuni concetti fondamentali, quali quelli della fragilità dell’uomo di fronte ai disegni del divino, alla morte e all’aldilà.
Michelangelo dedicò a Vittoria alcune sue composizioni e la ritrasse, inserendola tra i personaggi del Giudizio Universale. Il ritratto più bello della poetessa è però quello di Gerolmo Muziano, conservato alla galleria Colonna.

Vittoria morì nel convento di S. Anna nel 1547, quasi in odore di santità, e venne sepolta nella chiesa del convento secondo l’uso monacale, senza alcuna lapide.

“Di così nobil fiamma Amor mi cinse,
Ch’essendo spenta, in me vive l’ardore;
Nè temo nuovo caldo, che ‘l vigore
Del primo foco mio tutt’ altri estinse.”

Questo è uno dei sonetti tratti dalle Rime, frutto della sua cospicua produzione poetica, che comprende inoltre il Pianto sulla passione di Cristo e l’Orazione sull’Ave Maria, e numerosi versi dedicati al marito, pubblicati a dieci anni dalla morte dell’amato.

Da anni inoltre, a Napoli, è stato istituito il Comitato “Vittoria Colonna”, che oltre ad organizzare convegni, mostre e  giornate di studio, ha fondato il Premio Internazionale Vittoria Colonna, un riconoscimento assegnato ogni anno dalla giuria ad una donna che si sia particolarmente distinta nel suo campo di attività ed abbia mostrato al tempo stesso doti morali ed umane non comuni.

Per maggiori informazioni visita il sito del Comitato Vittoria Colonna.

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