Monteverde_art

Monteverde

Monteverde_artSono alcolico e velenoso, e non trovo riposo e non conosco più gioia. Sono una sigaretta che non si spegne mai, e un calice che non s’esaurisce. Sono un caffè troppo amaro, così ti stomaco’.
Sono pietre di cui sembra di sentire il tonfo le parole di Guido Orsini. A lanciarle è il letterato romano Gianfranco Franchi nel romanzo Monteverde, edito da Castelvecchi. Attraverso la vita di Guido, trentenne precario, l’autore fotografa un’intera generazione per cui i contratti a termine non finiscono mai, giovani stabilmente precari, che in virtù del loro curriculum ‘troppo generico’ o ‘troppo qualificato’, lavorano spesso ‘gratis et amore’.

Sono scatti di una realtà conosciuta,ma Franchi, tenendosi lontano dall’inquadratura sociologica o intimistica, fornisce un’immagine nitida e cruda, che lascia increduli e ammutoliti.
La distanza con il passato, anche il più recente, sembra incolmabile e non più percorribile: ‘L’Europa era un grande sogno. Non una moneta. Avevo 18 anni e mi hanno cambiato parecchie carte in tavola, nel frattempo’.
‘Non sono mai stato così felice in vita mia, come quel pomeriggio, sulla strada che ci separava dallo stadio. Non c’è mai più stata una gioia così intensa, totalizzante, condivisa. La musica che avevamo dentro aveva due colori soltanto, ma erano perfetti.
Come il gol di Totti, sotto il sette, e corsa sotto la Curva Sud, dopo una manciata di minuti. Ma è successo davvero?

Gianfranco_Franchi_1_artSignor Franchi, in ‘Monteverde’, attraverso la vita di Guido, trentenne precario, lei immortala una generazione. Giovani che cercano di sopravvivere in un mondo del lavoro fatto di solitudine, alienazione e nevrastenia, le cui uniche regole sembrano essere la precarietà e il licenziamento.
Si tratta, come dicono alcuni, di un fenomeno inevitabile dovuto alla particolare situazione economica, o come per altri, di un tradimento verso le nuove generazioni?
GF: È dai primissimi anni Zero che veniamo trattati – parlo esclusivamente degli umanisti:  letterati in primis – così: da quando cominciò il grottesco fenomeno degli stage gratuiti e dei tirocini non retribuiti, con tanto di allegro benestare del Comune o della Regione e misteriose e mai del tutto chiarite “convenzioni” tra certe aziende e certi enti statali; sparivano intanto i vecchi centri di collocamento e venivano aperte scanzonate  e fumose agenzie di lavoro interinale (“interinale”, la parola più falsa ed equivoca del mondo).  Mi sembra che nei primissimi anni Zero non ci fosse una recessione economica come quella in atto adesso, in Italia e in Europa; né si parlava di stagnazione, per capirci. Direi anche che se non fosse sparito il potere di acquisto di tanti lavoratori, non sempre giovanissimi, certi crack, nell’economia italiana, non si sarebbero potuti verificare; almeno, non così istantaneamente.  Siamo stati traditi dieci anni fa, adesso non c’è altro da fare che assistere al crollo del sistema. Non saremo certo noi – come umanisti, come letterati, come ex giovani che non sono mai stati rispettati , mai – a difendere questa classe politica e questa classe dirigente.

Guido, come tanti suoi coetanei, è ossessionato dal lavoro, in balia di un curriculum ritenuto ora ‘generico’ , ora ‘troppo qualificato’. La sua precarietà lavorativa diventa a un certo punto anche psicologica, personale. Lei pensa che il male che ha colpito il sociale stia contagiando anche il singolo?
GF: Naturalmente, non c’è niente che avvenga nella sfera professionale, sociale e politica che non abbia influenza su ogni singolo individuo. Sono figlio di questa società e di tutto quel che nel bene e nel male essa ha rappresentato, incarnato e avallato, che mi piaccia o no, che io mi sia ribellato o meno, che io mi sia opposto o meno. Nessuno è estraneo alle sofferenze, alle gioie, ai fallimenti e ai progressi della nostra società, e della nostra epoca.  In compenso, so che posso trovare consolazione e ispirazione nella storia, nella filosofia e nella letteratura. È là che sto cercando la soluzione, e la strategia di fuga, e la risposta al male che sta sporcando la nostra civiltà e la nostra nazione…

Dice il protagonista ricordando il suo servizio civile allo sportello disabili: ‘Dieci mesi – non dodici come negli anni Novanta – da supporto a uno sportello, dalle nove e mezza alle diciassette. Questo il prezzo domandato dall’Italia, uno dei primi dico, per potermi dire cittadino italiano. Cinquemilacinquecento lire al giorno, ma forse ricordo male. Credo che il vero disabile sia lo Stato. Io voglio uccidere lo Stato’.
La risposta di Guido rimane però personale, e va dal lasciare l’ennesimo impiego precario allo stordirsi con alcol e droghe. Perché manca una reazione a livello collettivo, sociale?
GF: Alcol e sigarette, sì – droghe no, quelle a Guido Orsini non sono mai piaciute, e per dirti la verità nemmeno a me. Proprio perchè servono solo ad addomesticarci e ad abituarci alle sofferenze, alle frustrazioni, alla liceità delle ingiustizie e delle prevaricazioni: non vanno proprio bene.  Perchè manca una reazione a livello collettivo? Perché non abbiamo più un’ideologia di riferimento, non abbiamo più un partito o un movimento di riferimento. Non c’è ideologia del Novecento che non grondi di sangue e di violenza: non c’è ideologia del Novecento che possa presentarsi giusta, e nobile, e santa. È difficile quindi poter rispondere a livello collettivo, perché nessuna ideologia può più rappresentare la totalità dei cittadini. Diciamo questo: la religione potrebbe. Il cristianesimo potrebbe essere la soluzione, una volta ancora. Il cristianesimo, non il cattolicesimo. Più passa il tempo più mi convinco che il paradigma unico è quello del vangelo di Cristo.  Tra qualche anno potrò parlarne meglio.

Monteverde è il quartiere della capitale dove Guido vive. Cosa rappresenta per lui insieme a Roma?
GF:  Monteverde è il quartiere dell’ottavo colle di Roma, il Gianicolo: una zona della città che rappresentava, nell’antichità, il principio della strada per l’Etruria. Al di là di una sobria basilica di campagna (campagna del IV secolo, s’intende), di due vecchie ville patrizie e di diverse romantiche rovine dei vecchi casolari e delle locande dei patrioti delle ottocentesche battaglie per Roma, la terra in cui abito non ha storia che non sia novecentesca. E la storia novecentesca è bellissima e popolare: è quella del quartiere degli artisti, la Notting Hill romana; Monteverde è stato il quartiere di Pier Paolo Pasolini, di Gadda e di Caproni, dei Bertolucci, di Piovani, di Ennio Morricone; c’è passato Escher, e ci vive Nanni Moretti; a ben guardare, insomma, io vengo a rovinare la tradizione.  Detto ciò: Monteverde è una delle tante anime della città di Roma del nostro tempo; una delle poche, tra queste anime, intrise di spirito paesano e popolano, e di discreta estraneità all’eternità di Roma. Da queste parti c’è la sede del Grande Oriente d’Italia, per dire. E ci stanno tanti studenti occidentali che vengono a studiare “a Roma”, senza vivere veramente “a Roma”. A Roma noi ci andiamo a piedi, scendendo dal Fontanone verso Trastevere, e poi da lì puntando a passare il ponte; oppure scendendo da via Dandolo, così passiamo per le ultime mura della città, le Mura Gianicolensi. Io dico che essere monteverdino è essere romano-non romano. È essere frontiera. Io ho nel sangue la frontiera, da buon giuliano-dalmata, e accetto il destino che in una città come questa m’ha restituito la mia essenza.  È stato un destino gentile.

Anche lei appartiene alla generazione dei trentenni. La trama del suo romanzo è intessuta della sua storia personale?
GF: Io sono convinto che non c’è niente che io dica, indossi o faccia che non sia intessuto, profondamente, della mia storia personale. Che io lo voglia o no, è così. Guido Orsini è stato il mio alter ego letterario per tanti anni, e a volte m’ha insegnato cosa fare e cosa essere, a volte m’ha anticipato, a volte m’ha imitato, a volte m’ha consolato. È il mio vecchio amico di carta e inchiostro. Spero possa invecchiare più lentamente di me, e spero possa somigliare – come mi hanno tante volte detto – a persone che magari non avevo conosciuto mai. E niente, questo è quanto. Ti ringrazio molto, Donata, per la tua intervista e per la tua disponibilità. Saluto e omaggio i lettori di “EZ Rome”. E sempre forza Roma.

Monteverde
di Gianfranco Franchi

Castelvecchi Editore

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